Il fattore Alcaraz

La Gazza a volte riserva delle sorprese. Però bisogna concentrarsi parecchio. Non basta una lettura superficiale (titoli, foto, didascalie), ma bisogna anche dare un’occhiata ai pezzi e alle tabelle. E poi matchare un po’ di informazioni, anche precedenti. E alla fine il risultato è, appunto, sorprendente. Non buono, non cattivo. Sorprendente.

Allora, parliamo di Carlos Alcaraz senza fare battute sul tennista. Who is Alcaraz? Io non seguo la serie B inglese. Qualcuno segue la Championship? So giusto che è in testa il Leicester, perché ci doveva andare Sensi. Il Southampton è terzo, se la gioca con Ipswich e Leeds per salire in Premier, eppure vende Alcaraz alla Juve. “Alcaraz il tuttocampista”, dice la Gazza nel titolo di ieri, “sulle orme di Sivori, Tevez e Co.”

Me cojoni.

Dopo ‘sto popò de titolo, ‘tacci loro, me tocca approfondì. Allora, intanto questo Alcaraz è un promettente centrocampista del 2002 (sua madre era incinta di tre mesi mentre io perdevo tre anni di vita, forse trenta, in tribuna Montemario il 5 maggio) di cui sconoscevo l’esistenza, sed ignorantia non exscusat. Il riferimento nel titolo a Sivori e Tevez è perché è argentino come loro. Vabbe’. E’ come se io andassi a giocare a Tonga e la Gazza di Tonga titolasse “Ecco Settore il boomerista sulle orme di Meazza, Boninsegna e Altobelli”. Oh, magari è un fenomeno, anzi, glielo auguro, è giovane e ha una faccia simpatica (è la maglia che è antipatica e ammanterà presto di antipatia la sua faccia) (aggiornamento: mi sta già sul cazzo).

A proposito: quanto è fenomeno questo fenomeno? Leggo tutto il pezzo e sul finire, dopo un sacco di complimentoni, apprendo che da metà dicembre non era più titolare. In B. Ah. No, perché comunque i gobbi hanno pagato 4 milioni per il prestito oneroso e hanno fissato il diritto di riscatto a 50 milioni (49,5 per la precisione), che dipenderà dalla promozione (o meno) del Southampton in Premier. Ma tutto questo è sulla Gazza di ieri. Sulla Gazza di oggi (Alcaraz update) il titolone, a corredo di un pezzo in cui si dice che Alcaraz è un tipo di centrocampista che Allegri non aveva (la Juve ne ha 13 in rosa, quante tipologie di centrocampisti esistono?), parla con caratteri grossi così di “Il nuovo Vidal”.

Me cojoni.

E qui approdiamo al me tanto caro tema della narrazione. La Juve al mercato di gennaio fa due ingaggi cash (nel senso che qualche soldo lo sborsa: l’altro è Djallo dal Lille), per uno di questi pianifica un diritto di riscatto mostruoso (50 milioni è molto più di Pavard e di Frattesi, per dirne due), eppure è da settimane, anzi mesi, che i media continuano a raccontarci di una Juventus miracolo, che con le pezze al culo e una rosa di ragazzini sta gettando il cuore oltre l’ostacolo e che con l’anticalcio di Allegri, costretto prima a difendersi e poi eventualmente a darle, insegue la ricca e bella Inter aiutata dal Var e dagli arbitri.

Ascolta “Juve bip e CCCP” su Spreaker.

Riprendo allora la Gazza di ieri, dove tre pagine dopo quella dedicata ad Alcaraz c’era un’interessante profilazione delle due squadre dal punto di vista del valore della rosa e del monte stipendi. Il loro monte stipendi è superiore al nostro, il loro giocatore più pagato (Vlahovic, 9,5 cocuzze) prende un terzo più del nostro giocatore più pagato (Calhanoglu).

Cioè, stanno parlando della Juve come di una squadra che fa le nozze con i fichi secchi, ma la cui rosa ha un valore di 576 milioni e il monte stipendi annuo ha un valore di 77,3 milioni. Stanno imponendo l’immagine di una Juve che non corrisponde alla realtà dei fatti. Stanno facendo il tifo per la seconda così come – nella più ingenua delle ipotesi – a una partita di tennis il pubblico neutrale fa il tifo non per l’uno o per l’altro ma perchè la partita si allunghi: solo che la seconda è la Juve, non ha bisogno di altro tifo rispetto a quello che ha già, non c’è motivo di farla apparire come la squadra o la società che non è. In fondo quelli simpatici dovremmo essere noi. Ma, come sappiamo, non è così.

Mentre siamo ancora lì ad accapigliarci sull’angolo di collisione tra il guantone di Sommer e il faccione di Emile Nzola, si parla troppo poco del fatto che in un mese – anzi, in 22 giorni – ci hanno dato 3 rigori contro (due li hanno sbagliati: sarà colpa nostra?) e agli Alcaraz-boys non ne hanno ancora dato uno contro da agosto. Loro sono lì che sbandierano il dato delle ammonizioni contro: non uno che dica le cose come stanno, e cioè che una squadra di scarponi fa più falli di una squadra che gioca a calcio. L’antipatica Inter fa di necessità virtù (mercato in autofinanziamento, ricerca meticolosa di parametri zero) ma i virtuosi sono loro, che puntano sui giovani compresi quelli semisconosciuti della Championship che prendono a badilate da 50 milioni cadauna. Le nozze con i fichi secchi le facciamo noi, ma per il mondo le fanno loro. Noi rispettiamo le regole e loro partecipano a un campionato dove sono stati gentilmente ammessi dopo una penalizzazione soft per non averle rispettate.

Me cojoni. Forza Inter.


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Dopo Inter-Juve non vi mancheranno argomenti)

(il podcast, ormai 40 episodi, che inaspettatamente ha mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Vi spiego come farlo (non è difficile): scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. ok, andiamo avanti così, facciamoci del male)

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Salutate l’asterisco

Poteva essere la domenica dell’Apocalisse, se loro avessero vinto e noi no. E invece – ma tu guarda com’è il calcio – è diventata la domenica dell’asterisco champagne: torniamo in positivo con una partita in meno, figata. Loro non hanno vinto (in casa con l’Empoli) e noi sì (a Firenze) ribaltando la situazione teorica di un turno molto favorevole a loro. Figata (l’ho già detto? E chi se ne frega). Alla vigilia dell’Armageddon (inteso come Inter-Juve, 4 febbraio, lo scontro finale) (anche se mancheranno ancora 15 partite, a noi 16) (finale un cazzo, diciamo fondamentale), noi avevamo un calendario micidiale che abbiamo risolto così: battute Lazio, Napoli e Fiorentina in nove giorni senza subire un gol.

Cioè, siamo fortissimi.

A Firenze abbiamo fatto fatica. Primi tredici minuti brutti brutti e con un sacco di errori, ma al 14′ Lautaro la mette e diventa tutto più facile. In teoria, eh? Perchè non la chiudiamo, sbagliamo i soliti quattro o cinque gol, subiamo la loro iniziativa, rischiamo grosso in un paio di occasioni, ci facciamo un po’ schiacciare, da due rigorini viene fuori un rigore, lo sbagliano (oh, che colpa ne abbiamo noi?), sudiamo freddo nel finale. Ma vinciamo. Senza Cahla e Barella. A Firenze. Poteva essere l’Apocalisse, invece abbiamo giocato il jolly.

Ascolta “Juve bip e CCCP” su Spreaker.

Queste sono vittorie che valgono doppio, non c’è bisogno di spiegare il perché. Son tutti già lì ad aggiornare l’elenco degli aiutini (addirittura sul gol di Lautaro, dove Heather Parisi ha finto di essere stato decapitato), ma poi i rigori ce li fischiano contro, A NOI. Se poi gli altri non li sanno tirare, noi non c’entriamo nulla. Abbiamo superato un esame importante, con fatica e un po’ di sofferenza. E’ di queste partite che è lastricata la strada verso la gloria. Sono queste le partite che vanno vinte.

A occhio, ci riusciamo benino.

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(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Non so, c’è Inter-Juve domenica: vi mancano argomenti?)

(il podcast, che inaspettatamente ha mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua (ormai quasi 40 episodi), oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Vi spiego come farlo (non è difficile): scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. ok, andiamo avanti così, facciamoci del male)

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I’m a winner, I’m a Sinner (do you want my autograph?)

Ricorre in questi giorni il primo anniversario di un pezzo che scrissi su Sinner appunto un anno fa, durante l’Australian Open 2023, quando il nostro Jannik fu sconfitto agli ottavi da Tsitsipas e su Repubblica.it uscì un titolo – “Sinner, una sconfitta che vale come una vittoria” – che mi fece salire il sangue al cervello. In sintesi: nel solco di una narrazione che a memoria d’uomo non era mai stata riservata a nessun astro nascente del nostro sport – un predestinato a dir poco – perchè insistere a grondare miele anche nel momento di una sconfitta agli ottavi di finale? Perché non farsi qualche domanda, invece di offrire tesi ridicole?

Una sconfitta (agli ottavi) (con Tsitsipas) che vale come una vittoria? Un anno fa eravamo a questi livelli, ci facevamo raccontare cose non vere: tipo la gomitata di Bastoni (che non era proprio così), tipo la schiacciata della Egonu in faccia all’ex ct (che non era proprio così). Eravamo a una sconfitta frustrante spacciata per una quasi-vittoria (che no, non era proprio così) e bòn, viva Sinner, viva il tennis, che bello, che bello! Una pessima narrazione. E meno male che Sinner è sempre stato più onesto – buon per lui e buon per noi – della narrazione che se ne faceva. Più attendibile, più serio, più indipendente. Non si è mai spacciato per quello che non era. Non ha mai festeggiato un’uscita agli ottavi.

Fino a settembre, la stagione di Sinner sarebbe stata buona ma non buonissima. Con Slam nel complesso deludenti: disastro a Parigi (fuori al secondo turno con tale Altmaier), bene a Wimbledon ma grazie a un tabellone strafortunato (e triturato in semifinale da Djokovic), male agli US Open (fuori agli ottavi con Zverev). E io lì a mordermi la lingua: ehi Repubblica, va tutto bene? Poi, dall’autunno, quattro mesi da stropicciarsi gli occhi. Quattro mesi in cui Sinner regola i conti con tutti, come se fosse improvvisamente sbocciato, trasformandosi in un’altra cosa rispetto a quello che era prima. Non vinceva con nessuno dei top ten? Li batte tutti, uno per uno, più volte, comprese le bestie nere Djokovic e Medvedev. Sfiora la vittoria alle Atp Finals, vince quasi da solo la simil-Davis e nel 2024 inizia con la sua prima finale Slam in Australia, dove solo 365 giorni prima dava la solita impressione di sè, quella di un giocatore fortissimo e un po’ incompiuto. Ora è fortissimo e basta.

Adesso sì che tutto coincide, la narrazione e la realtà. E il merito è tutto di Sinner, non dei narratori *. E’ lui che ha messo le cose a posto. Di fatto, da dopo gli Us Open sta giocando con un rendimento da numero 1 del mondo. Ha giocato una semifinale mostruosa, non concedendo a Djokovic neanche una palla break (praticamente una specie di Inter-Lazio di Supercoppa, solo che al posto della Lazio c’era il Real). Può vincere il suo primo Slam e con questo guadagnarsi l’ingresso definitivo nella leggenda del tennis italiano. Non dovesse farcela, sarà per un’altra volta. E’ quarto nella classifica Atp, ha scavato una voragine tra lui e il quinto. Ed è sempre più vicino al primo posto. Sarà un 2024 avvincente.

E’ migliorato in tutto, è salito di livello, ha fame, ha fiducia. Ha un’autostrada davanti. E’ diventato migliore di come lo raccontavano (e non era facile). Vai Sinner: grazie di averci liberato dal dovere di festeggiare sconfitte agli ottavi, grazie per averci riportato alla realtà che preferiamo.

*) Repubblica.it è fantastica, insiste a narrare l’impossibile. Titolo: “Tennis, come cambia la classifica Atp dopo la vittoria di Sinner su Djokovic: Jannik può diventare numero 1?”. Chiunque abbia guardato l’Atp Ranking Live sa benissimo la risposta: anche se vincerà gli Australian Open, Sinner resterà numero 4. L’unico cambiamento tra i primi quattro potrebbe riguardare Medvedev, che vincendo la finale diventerebbe numero 2 superando Carlito. Altrimenti niente, resta tutto uguale: Djokovic, Alcaraz. Medvedev, Sinner. Il titolo contiene due bugie in 18 parole: la classifica non cambierà, Sinner resterà numero 4 anche se vince. Perché, Repubblica?

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Quelli che Riva

Per quelli del 1963, Gigi Riva ha un significato speciale ed eterno. Perché quando il Cagliari vinceva lo scudetto, stagione 1969/70, quelli del ’63 erano in prima elementare, anno scolastico 1969/70. E la prima elementare era il rito di iniziazione a un certo calcio, quello che per la prima volta si viveva al di fuori dall’ambito familiare, delle sue eredità, dei suoi riti guidati e delle sue comfort zone. La prima elementare era il confronto ruvido con altri bambini di sei anni e con i loro primordi calcistici (“Ciao, che squadra tieni?”). Era il primo album Panini, i primi calci al pallone fuori dal tuo cortile, facciamo le squadre, giochiamo, Riva, Rivera, Mazzola, gol.

Per quelli del 1963, Riva è stato il primo eroe. Parlo proprio di un fatto fisico, al di là delle bandiere. Riva aveva una faccia da eroe, un corpo da eroe, un sinistro da eroe, anzi, da semidio. Quelli del ’63 avrebbero capito molto più tardi, con la maturità umana e sportiva, la grandezza del giocatore (che ha fatto vincere uno scudetto al Cagliari) e dell’uomo (che sceglie Cagliari – e la periferia del mondo – per la vita, rifiutando i soldi e la gloria della Juve). All’epoca, quando quelli del ’63 erano in prima elementare, Riva era semplicemente il giocatore più fascinoso del campionato (avessimo solo capito cosa voleva dire fascinoso, ma il concetto è quello). E ce ne voleva per essere il più fascinoso, visto che c’era gente – tipo me, per dire – che aveva a disposizione Bonimba, Facchetti, Mazzola, Corso eccetera.

Ascolta “Finali a confronto e rumore dei nemici” su Spreaker.

Per quelli del 1963, poi, l’estate delle prime vacanze vere, quelle tra un anno scolastico e l’altro, fu l’estate del 1970. E l’estate del ’70 fu quella dei mondiale del Messico. Cioè un’altra iniziazione calcistica, alla Nazionale, all’azzurro, al sentirsi italiani per mezzo di una squadra che mette insieme i migliori e se la gioca col resto del globo.

E’ una storia che ho sempre raccontato perchè è vera, e semplice, e molto romantica, e molto tenera per me. Il mio definitivo e impetuoso ingresso nel mondo del calcio – inteso come passione che mi sarei portato appresso per sempre – fu la sera inoltrata, quasi notte, del 17 giugno 1970, quando mia mamma e mio papà urlarono al gol di Burgnich nei supplementari di Italia-Germania e io mi svegliai, seguendo il resto della partita con loro. Dormivo quando la Roccia insaccò il 2-2. Ne consegue che il primo gol che ho visto in diretta tv nella mia vita fu quello di Gigi Riva, il 3-2, da Rivera a Domenghini, da Domenghini a Riva, controllo di sinistro, tiro di sinistro, gol, il semidio che esulta in quel modo tutto suo, la partita – non potevamo ancora saperlo – che non era per niente finita e sarebbe diventata da lì a pochi minuti leggendaria.

E adesso, 53 anni e mezzo dopo quella notte, posso con calma tirare le fila delle statistiche e dei filmati in bianco e nero per dire che sì, Gigi Riva è stato il più grande attaccante che abbiamo avuto, il più coraggioso, il più carismatico, un carisma per sottrazione, lo imparassero gli sboroni di oggi che fanno a gara a chi la spara più grossa. Riva si è ritirato a 32 anni al quarto di quattro infortuni micidiali, eppure le sue cifre resistono inossidabili al tempo, anzi, esaltate dal poco tempo avuto a disposizione per attraversare il calcio italiano e lasciare un solco alto così. La sua ritrosia, figlia anche della depressione, ha finito con l’alimentare il mito: standosene sempre un passo di lato, non ha inquinato il nostro ricordo di lui che con quel sinistro e quelle soluzioni in acrobazia sfondava le reti altrui. Non è mai stato una vecchia gloria: è stato una gloria e basta, una condizione che si possono permettere solo i migliori.

Nessuno ha mai più avuto quella faccia e quel corpo da eroe. Me ne accorgo quando faccio un paragone per un centravanti che mi piace: il nome di Riva viene sempre fuori in automatico, come fosse un cliché ineludibile. Riva chi?, mi dicono. Eh sapeste, rispondo io. Non c’entra (solo) essere boomer: è che quelli come Riva ti restano dentro. Quando il calcio è sentimento, non c’è da vergognarsi a essere sentimentali: anzi, è una piccola fortuna in questo mondo di gigantismo fastidioso e supercoppe a gettone. Il più strano dei lombardi, il più sardo dei non sardi, è stato un personaggio così fuori dal giro che spesso ci dimenticavamo di avere. E che adesso ci mancherà.

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Simo Cup

E’ stata una serata un po’ così, senza rombi e senza tuoni, fino al rombo del Toro che ci ha dato la terza Supercoppa di fila, tutte firmate Inzaghi, il massimo specialista mondiale di supercoppe italiane. Le facce di Lautaro e di Simone sono la firma più bella – e più giusta – sotto questo trofeo che era doveroso vincere dopo aver devoluto la Coppa Italia. L’Inter giocava stasera la quarta finale negli ultimi 369 giorni: a questa Inter dobbiamo dire grazie, perchè di emozioni ce ne sta dando tante. Stiamo vivendo un periodo scintillante per la nostra storia e forse non ce rendiamo abbastanza conto.

Questa finale araba l’abbiamo risolta – qui lo dico e qui lo nego – un po’ alla Juve, oltre il 90′, in un epilogo accidentato, con quella voglia un po’ feroce che ti sostiene quando le forze ti abbandonano per le due partite così ravvicinate. Quando la bellezza non basta (il Napoli ha fatto un partitone di puro contenimento) le partite vanno vinte così: di genio, di zampata, di rabbia, di fame. E noi alle partite sporche dobbiamo prepararci, perchè da qui in avanti saranno sempre meno pulite, meno lineari, meno interpretabili.

Abbiamo bisogno di tutto e di tutti. Oggi offrirei una birra a Ehi Amigo, che è entrato per vincere la Supercoppa: ecco, si fa così. E poi offrirei un altro giro per il ritorno di Pavard nell’Olimpo, e un altro per il Toro che è diventato un campione. Vi vogliamo così.

Serata strana, la mente un po’ a Cagliari e un po’ a Firenze, dove andremo domenica a giocarci una partita fondamentale per tutta la stagione senza Cahla e senza Barella, ma i campionati si decidono così, quando il gioco si fa duro. La bacheca l’abbiamo riempita anche quest’anno: ora avanti così, Inter, perché ci restano un casino di cose da fare. E le vogliamo vivere tutti, costi quel che costi.


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tipo: perché siete interisti? Vi piace questa superiorità culturale? Vi piace vincere supercoppe? Vi piace essere sempre aiutati dal Var? Quale squadra vorreste arrivasse seconda in campionato? E perchè proprio la Juve?)

(il podcast, che inaspettatamente ha mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Vi spiego come farlo (non è difficile): scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Ma poi non venite qui a lamentarvi che non sapete cosa fare quando portare il cane a pisciare)

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Un sacco belli

Ho provato a immaginare – e giuro, al pensiero sto ancora male – se stasera fossi stato un tifoso della Lazio. No, perchè giocare una partita così è bellissimo, stando dalla parte giusta. Ma stando dalla parte sbagliata, porca miseria, dev’essere stato tremendo.

No, davvero, è terribile.

Al triplice fischio, io credo che avrei ringraziato gli dei di almeno diciassette religioni diverse per avere subito solo tre gol, invece dei dieci (minimo) che meritavo. In mondovisione poi, santiddio, che grandissima figura di merda.

Ascolta “Le Mille e Una Notte Live da Riyad” su Spreaker.

Dopodiché non so, credo che avrei spento la tv, disdetto il canone Rai, Sky, Dazn, Amazon Prime, avrei caricato le foto del mio televisore su Subito.it (“perfettamente funzionante, lo regalo se lo venite a prendere entro domani alle 12, poi lo butto nel fiume e ciao”) e sarei uscito a camminare, in questa sera gelida e umida, una merda di sera se ce n’è una ma che però paragonata alla partita che ho appena visto avrei dovuto rivalutare, tipo che mentre camminavo nella scarnebbia di Pavia mi sarei sentito tipo a piedi nudi sulla battigia di una spiaggia dei Caraibi, con musica in sottofondo e un mojito in mano, finchè avrei incrociato uno che mi avrebbe senz’altro chiesto “Ueilà, cos’ha fatto la Lazio?” e lo avrei colpito con un pugno tipo Bud Spencer, quelli dall’alto verso il basso, pum!.

Ma per fortuna sono un tifoso dell’Inter.

Cioè, io non capisco cos’è venuta a fare la Lazio in Arabia. Ci facevano una bella scrittura privata, “Noi società Ss Lazio rinunciamo alla semifinale ecc ecc”, noi l’avremmo prodotta alla Lega calcio e alla Lega araba, ci saremmo risparmiati tutto ‘sto ambaradan, ora saremmo più riposati, loro sarebbero a casa a preparare la gara di campionato e bòn.

Però no, ripensandoci: avremmo privato il mondo di questo spettacolo.

Cioè ragazzi, per la seconda volta nelle ultime due partite abbiamo visto la nostra squadra attaccare tipo 180 minuti procurandosi tipo 70 palle gol al termine di azioni eccelse e corali che se la Juve ne facesse non dico tante, no, ne facesse UNA, ecco, proporrebbero Allegri per la Panchina d’Oro, il Nobel per la Chimica, il Pulitzer, la Stella d’Oro del Coni e il Premio Strega. E per noi invece è la regola. E’ la regola attaccare, attaccare, attaccare come se non ci fosse altro modo di giuocare a pallone. “Ragazzi, provate chessò, a fare un po’ di melina”.

“Melina? Ma che cazzo è?”

E giù ad attaccare, attaccare, attaccare, triangoli meravigliosi, tiri sulle traverse o a sfiorare pali, leziosismi del tipo tira tu no tiro io no aspetta tira lui vabbe’ è andata peace & love riproviamo amisci, che se la Juve ne sprecasse non dico tante, no, ne sprecasse così UNA ecco, proporrebbero Allegri per la sperimentazione del ritorno alle pene corporali che il nostro ordinamento ha definitivamente cancellato nel 1974.

E adesso me ne vado a dormire un po’ incazzato. No, perché avrei voluto godermi l’effetto di vincere 10-0 una semifinale di Supercoppa in Arabia e invece siamo sempre qui a fare gli splendidi, dare lezioni di calcio e di fair play, risparmiare gli avversari eccetera. Cioè, vi faceva schifo vincere 10-0 contro questi scappati di casa? Che brutta gente che siamo, trattare così i propri tifosi: io prima del gol di Frattesi temevo che arrivasse prima o poi l’inculata, ecco, sbagli quaranta occasioni e poi ti arriva la tranvata.

“Beh, se solo la Lazio avesse tirato”.

Ah, giusto. Vabbe’, voglio frenare il mio malcontento *. Forza Inter, la squadra più meravigliosa dell’universo conosciuto.

*) Ho sprecato l’occasione della vita: avrei potuto esordire in prima squadra al posto di Sommer e non se ne sarebbe accorto nessuno. Tra l’altro siamo belli uguali.

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Twerkopoli

Twerking è una parola inglese usata per indicare un tipo di ballo in cui il ballerino o la ballerina scuote i fianchi su e giù velocemente sul proprio asse verticale, creando così un tremolio sulle natiche.


Poteva essere una partita complicata, potevano esserci retropensieri dopo una settimana a parlare di Var, poteva salire insidiosa la pressione di una vittoria da ottenere a tutti i costi prima di andare in Arabia e di dover comunque assistere da lontano al triste spettacolo della Juve che ci sorpasserà. E invece è stata un’Inter che non vedevamo da un po’, quella di certe partite della prima parte della stagione, giocate col piacere di giocare, sempre in attacco e propositivi come se non esistessero altri schemi e altri approcci. Non conosco il Monza tanto bene per poter dire che sia stato il peggior Monza della stagione, ma conosco l’Inter abbastanza bene per poter dire di aver visto l’Inter che vorrei sempre vedere.

Ascolta “Live da Ryad!” su Spreaker.

In tutto questo bendiddio, vorrei però sottolineare come non ci si debba mai distrarre e come dovremo tenere alta la guardia ogni minuto, perchè le polemiche post Inter-Verona un segno l’hanno lasciato e contro di noi verranno usate tutte le armi possibili. Grazie ad alcune mie fonti riservate, posso raccontarvi un retroscena molto inquietante di una partita, è vero, vinta in trasferta 1-5 ma che hanno tentato in tutti i modi di rubarci finchè è stato possibile. E’ avvenuto tutto in diretta e sotto gli occhi di milioni di spettatori, ma solo i più attenti avranno in qualche modo notato il clamoroso tentativo di furto ai nostri danni.

Sul punteggio di 0-2, che poteva essere tipo 0-5 se non fossimo stati eccessivamente generosi, il Monza segna il gol dell’1-2 con Pessina. Un’azione un po’ confusa e un po’ dubbia (Caldirola fa una cosa strana: un colpo di testa di braccio) e conclusa in rete da Pessina, cui arriva la palla dopo la spizzata testa-braccio di Caldirola, con un colpo di testa sul filo del fuorigioco. Sembra tutto regolare, ma ovviamente parte il check. Il consulto dura piuttosto a lungo, finchè non arriva l’immagine della verità: Pessina era in fuorigioco. Di pochissimo, quasi niente, ma era in fuorigioco.

Non notate qualcosa di strano? Vado a spiegare. La Juve, tramite un hacker russo che si fa chiamare Peppino Zavarov, è in grado di intervenire sull’animazione del fuorigioco semiautomatico. L’hacker crea un by-pass tra il computer dei varisti e quello di un giovane smanettone di Moncalieri, noto in rete come Lapo Furino, che ha sviluppato l’applicazione Twerk Your Player: praticamente, riesce a modificare l’animazione del fuorigioco agendo sul culo del difensore. Tutto questo nei pochissimi secondi che passano tra il rilascio dell’animazione del fuorigioco semiautomatico e la trasmissione della stessa sui monitor della sala Var.

Ascolta “Algoritmi, fattore umano e annali” su Spreaker.

Lo smanettone – beh ragazzi, è lì da vedere – ha preso l’immagine di Bastoni, che nel filmato originale era in piedi dritto come un fuso, tipo guardia svizzera nella garitta del Vaticano, e l’ha modificata in modo che il culo sporgesse decisamente in direzione della nostra porta, tentando così di rimettere in gioco Pessina. Lapo Furino è stato bravo, ma non bravissimo: nel poco tempo a disposizione ha fatto twerkare Bastoni, ma non si è accorto che l’intero braccio e un paio di centimetri della chiappa destra di Pessina sono rimasti oltre il culo twerkante del nostro Basto. E il gol non è stato convalidato.

L’hacker russo ha fatto il suo, e quindi non avrà conseguenze. Sembra invece che il povero smanettone ancora prima che la partita finisse sia stato portato in una località segreta (pare nell’infernot dell’hotel Principi di Piemonte) per essere sottoposto a torture psicologiche: gli stanno infatti facendo vedere in loop il gol di Turone e il rigore di Ronaldo (“così si fa, pezzo di merda”).

Amici, questa l’abbiamo scampata. Ne mancano altre 18 e chissà cosa si inventeranno. Stringiamci a coorte, forza Inter e abbasso le forze del male.

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La versione di Rocchey

Se avete 8 minuti di tempo, questo pezzo della Gazza che riporta lo spiegone di Rocchi su arbitri, Var eccetera eccetera è indubbiamente molto interessante. Ci sono un sacco di cose che ogni tanto vorrei sentirmi dire, da tifoso, per capire bene cosa succede ogni domenica quando il Var interviene o non interviene, cosa si dicono arbitri e varisti eccetera eccetera. Sostengo – parere personale – che un po’ di trasparenza in più potrebbe aiutare tutti a capire le decisioni ed eventualmente anche gli sbagli. Il 90% degli errori arbitrali sono stati riparati (sono 76 gli interventi del Var che hanno corretto una decisione sbagliata dell’arbitro) e questo per me è un buonissimo risultato. La perfezione ancora non c’è – lo ammette anche Rocchi – e ci sono ancora decisioni soggettive su cui gli arbitri non hanno un comportamento uniforme. Ci stanno lavorando, dice Rocchi.

Questo invece è il pezzo sugli 8 errori ammessi dagli arbitri nel corso di questa stagione, le otto falle certificate dagli arbitri stessi nel flusso decisionale arbitro+Var. Sono un rigore non dato (favorita la Juve, danneggiato il Bologna), tre espulsioni contestate (una fatta ma che non era da fare, due non fatte ma che erano da fare) (squadre favorite: Monza, Sassuolo, Genoa; squadre danneggiate: Lecce, Juve, Juve) e quattro gol contestati (tre concessi ma da annullare, uno annullato ma che era valido) (squadre favorite: Monza, Inter, Inter, Fiorentina; squadre danneggiate Bologna, Genoa, Verona, Sassuolo).

I nostri due episodi sono lo spintone di Bisseck nell’azione del gol di Arnautovic e la sbracciata di Bastoni nell’azione che poi porterà al gol di Frattesi. Sullo spintone beh, è lì da vedere: avrà pesato il fatto che non ha avuto nessun effetto sul gol (nel senso che nessuno dei due giocatori avrebbe potuto giocare quel cross)? Il Var in questo caso non è proprio intervenuto. Su Inter-Verona, invece, c’è un largo dispiego di materiale audio, che di sicuro tutti avrete sentito. Il varista che si stupisce del non-fischio, l’arbitro che spiega (ha detto al giocatore del Verona di alzarsi e di non fare scene, in sintesi) e finisce come tutti sappiamo.

Qui, come in certi romanzi, Rocchi – invece di chiudere la questione dicendo che l’arbitro ha sbagliato e che l’azione era da interrompere al momento della traversa di Bastoni – lascia inaspettatamente un finale aperto. Nel senso che apre un filone pericoloso e che spero chiarisca al prossimo spiegone. Testuale: “Fabbri doveva interrompere l’azione con il difensore a terra in area, soprattutto dopo che è stata colpita la traversa: lì l’azione era finita e non doveva proseguire. Non si può far giocare 3′ con un giocatore a terra in area”.

Ecco, Rocchi, qui bisogna chiarire. E in fretta. Perchè la questione Inter-Verona, dato per scontato che Bastoni qualcosa ha fatto, è tutta centrata sull’accentuazione – se non addirittura simulazione – di Duda. L’arbitro fa giocare (e l’Inter segna) perchè dice a Duda di piantarla lì e di alzarsi. Tu, Rocchi, invece mi dici che non si può giocare con un giocatore a terra in area. Mi dici che un arbitro sbaglia a non fischiare fallo a Bastoni (ok) ma che sbaglia anche a non fermare il gioco per quella che lui comunque giudica una simulazione (ma siccome è a terra in area bisogna fischiare)? Quindi, mi vuoi dire che a chiunque basta buttarsi a terra in area per interrompere un’azione? Torniamo ai falli di confusione? Alla prima mezza spallata si può stramazzare al suolo e ci si ferma tutti?

Rocchi dice che il Var ha corretto il 90% degli errori. Settore dice che Rocchi gli ha chiarito il 90% dei dubbi. Perché ‘sta cosa del giocatore a terra in area, santiddio, spiegatela meglio o da domani passeremo le partite a vedere gente coricata in area in presa a terribili spasmi, tipo Busquets (o Duda).


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tipo: perché siete interisti? Vi piace questa superiorità culturale? Vi piace essere sempre aiutati dal Var? Quale squadra vorreste fosse radiata dal campionato di serie A? E perchè proprio la Juve?)

(il podcast, che inaspettatamente ha mangiato il panettone e punta dritto all’uovo di Pasqua, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Vi spiego come farlo (prendete appunti): scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Ma poi non venite qui a lamentarvi perché sospettano di voi che siate milanisti)

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Lo scudo in 47 giorni

Al netto di considerazioni fin troppo ovvie, e cioè che entriamo in una fase della stagione in cui i pronostici cominciano a contare sempre meno (in fondo nell’ultima giornata Inter e Juve hanno seriamente rischiato di non vincere contro terzultima e ultima in classifica), i prossimi 47 giorni – dal 13 gennaio al 28 febbraio – potrebbero essere davvero fatali per il campionato italiano di giuoco calcio che inizia il suo girone di ritorno. Sono 47 giorni in cui la Juve giocherà 7 partite (tutte di campionato) e noi 9, forse 10 (7 di campionato, una di Champions, una o due in questa cazzo di Supercoppa araba). Più partite, e di un peso molto molto diverso. Insomma, temo che si tratterà di un periodo decisivo o comunque parecchio impattante sul resto della stagione. Sarà interessante vedere dove saremo, noi e la Juve, la sera del 28 febbraio.

Ascolta “VAR-ie ed eventuali, palle e blogge” su Spreaker.

Andiamo per ordine. Prima giornata: noi a Monza, loro il Sassuolo in casa. Seconda giornata: noi in Arabia (mortacci loro), loro a Lecce. Attenzione, prima considerazione tetra: qui i gobbi dovrebbero sorpassarci. Ok, con una partita in più, eccetera eccetera: ma fino al 28 febbraio (recupero di Inter-Atalanta) non torneremo a pari partite disputate.

Passiamo alla terza giornata, che chiude il mese: noi a Firenze, loro Empoli in casa (cioè, le loro tre prime partite sono ridicole, le nostre due no). E gennaio finirà così.

A febbraio noi giocheremo 6 partite, loro 4. Il 4 febbraio c’è Inter-Juve, e vabbe’, c’è poco da dire: è il match clou del campionato. Poi noi avremo la Roma fuori casa e loro l’Udinese in casa (per loro sarà la quarta partita ridicola su cinque). Poi, sesta giornata, noi Salernitana in casa e loro Verona fuori.

Il 20 febbraio noi in Champions (Atletico Madrid a Milano), loro sul divano a gufare. La domenica, settima di campionato, noi a Lecce e loro in casa col Frosinone (capite che razza di calendario hanno, a parte lo scontro diretto?). Mercoledì 28 noi recuperemo a San Siro la partita con l’Atalanta, loro sul divano con i popcorn.

Da marzo in poi, se ne riparla. Extra campionato, noi avremo sicuramente il ritorno di Champions a Madrid, e poi chissà. Loro avranno il doppio scontro in Coppa Italia con la Lazio. Loro avranno anche un pessimo calendario (Napoli, Atalanta, ancora Lazio con cui giocheranno due volte in quattro giorni) dopo un avvio di ritorno morbidissimo (a parte Inter-Juve, certo), noi avremo il Napoli in casa a metà mese e fino al derby di metà aprile staremo relativamente tranquilli. Ok, ma tutto questo è dopo. Prima ci sono 47 giorni che, così sbilanciati, rischiano di complicarci maledettamente le cose.

Il gioco si fa duro, a partire da Monza. Ma che il gioco a un certo punto si faccia duro è pura banalità. Meno banale sarà la qualità del nostro atteggiamento: in questi 47 giorni, le distrazioni varranno doppio, anzi triplo. Forza Inter.


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Palle, gomiti e palle

Nelle ultime ore, su un sacco di testate online (comprese le più autorevoli in assoluto: controllate pure, anche adesso, digitando su Google “Egonu AND Mazzanti”) vi sarete di sicuro imbattuti in un video che indubbiamente incuriosisce: Fanpage tuttora lo titola “Bolide di Paola Egonu colpisce in faccia Mazzanti” – vabbe’, è Fanpage, direte voi – ma anche TUTTI gli altri mettono in relazione diretta la schiacciata della supercampionessa Paola Egonu con la faccia del suo ex allenatore in nazionale Mazzanti che lei odia. Egonu schiaccia, Mazzanti si prende la pallonata in faccia. Chiaro no? La prudente Repubblica aggiunge tra parentesi il concetto di involontarietà (gli ha schiacciato in faccia, ma non voleva). Poi lo fa anche il Corriere, definendo la schiacciata “non voluta” (what? “Scusa, volevo alzare, o forse voleva far roteare il pallone su un dito, ma ho schiacciato”. What?). Ma, involontaria o meno, non cambia la narrazione – esplicita – della traiettoria del pallone che dalla mano di Egonu fa dritta in faccia a Mazzanti.

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Piccolo antefatto, per chi non lo conoscesse. Agli Europei di volley di qualche mese fa, il ct Mazzanti mette spesso, anzi, quasi sempre in panchina Paola Egonu (che tecnicamente è un po’ come se Inzaghi mettesse spesso, anzi, quasi sempre in panchina Lautaro) (ma avrà avuto le sue ragioni) con tutto il codazzo di polemiche che ne consegue. L’Italia però vince sempre 3-0 e avanza, avanza, avanza fino alla semifinale che perde al tie break con la Turchia, apriti cielo, e certo, lo sapevamo, Egonu non gioca, Mazzanti infame. La Federvolley finirà col risolvere consensualmente il contratto con Mazzanti, vabbe’, dopo sette anni ci sta. Mazzanti da qualche settimana è rientrato nel giro in maniera un po’ inconsueta, accettando di allenare l’ultimissima in classifica di A1. Domenica, appunto, c’era Vero Volley Milano (dove gioca Egonu) contro Trentino D (allenata da Mazzanti). Finisce 3-0 come da pronostico. Con quel pizzico di folklore in più dato dalla vendetta di Egonu che, secondo quanto titolato da TUTTE le testate online, schiaccia in faccia all’odiato ex ct che per farle la guerra ha perso il posto.

Oh, bene. Quindi, dopo questo impetuoso click baiting cosa finiscono per fare i più fessi (ne cito uno a caso: io)? Cliccano sul video per assistere a questa clamorosa scena, wow, lo schiaccione in faccia, slurp! Scena che però è un pochino diversa da come TUTTI la descrivono nel titolo. Accade semplicemente questo: schiaccione della Egonu, tentativo disperato di una giocatrice di Trento di giocarla, la palla schizza via di lato e colpisce in faccia Mazzanti che era in piedi davanti alla panchina. Se è vero che la Egonu schiaccia e che la palla finisce in faccia a Mazzanti, tutto il resto (cioè, la banale normalità di un’azione da gioco, non il tentativo di sfregio di una giocatrice nei confronti del suo ex ct) viene saltato nella narrazione/titolazione. E tutto questo nonostante ormai centinaia di migliaia di persone abbiano visto quel video e abbiano dunque visto che NON è andata così come raccontano i titoli: niente, nessun titolo è stato corretto (a parte le due ridicole parentesi di Corriere e Repubblica, la schiacciata involontaria, whaaaaat?).

Che è la stessa cosa successa per Bastoni e Duda, no?

Ora, nel caso di Inter-Verona (giocata sabato alle 12,30, quindi – al momento in cui sto scrivendo – 75 ore fa), qualcosa sia pur molto lentamente è accaduto. Se in questo momento voi digitate su Google “Bastoni AND Duda” vedrete che la parola gomitata è stata nella maggior parte dei casi sostituita da termini più blandi: sbracciata, contatto, fallo, cose così oppure gomitata seguita dal punto interrogativo, formula democristiana ma apprezzabile (almeno il dubbio, santiddio). Nelle 24 ore successive alla partita era dappertutto “gomitata”, ma dopo aver visto un milione di volte i vari video dell’episodio la titolazione è stata ammorbidita per alcuni semplici e sempre più evidenti motivi: non era una gomitata, Duda ha cercato il contatto, Duda ha accentuato in maniera clamorosa. Che poi la sbracciata di Bastoni fosse sanzionabile o meno, questo è un altro discorso: qui si parla di narrazione e basta. Perchè continui a parlarmi di gomitata se non la è? Perchè mi dici che la Egonu ha schiacciato in faccia a Mazzanti se non lo ha fatto?

La questione Egonu-Mazzanti è così irrilevante (nel video, tra l’altro, lo stesso Mazzanti sdrammatizza) che la titolazione resterà sempre così, perchè “Palla in faccia a Mazzanti, Egonu se la ride” forse non era abbastanza pulp per acchiappare clic e “Egonu si masturba negli spogliatoi guardando il video della sua schiacciata che deviata da un’avversaria finisce in faccia a quello sfigato di Mazzanti” era forse un po’ fortino. Invece, la questione Bastoni-Duda non è per niente irrilevante, come sappiamo. Perchè da 75 ore l’Italia discute sul Var e sull’Inter favorita dal Var eccetera eccetera. Lo fa guardando un video in cui – ormai è chiaro – non c’è nessuna gomitata e c’è una patetica simulazione. Le testate online hanno cambiato i titoli, hanno ammorbidito le formule, ma nella testa del tifoso medio (non interista) è rimasta la parola gomitata ed è rimasto il concetto che l’Inter è una squadra che va avanti con gli aiutini del Var e che domenica ha vinto rubando. Ribadisco, tutto questo al di là della sanzionabilità del gesto di Bastoni. Parlo di quello che vediamo, di quello che percepiamo, di quello che a tutti i costi vogliamo vedere. C’è un sacco di gente (migliaia, milioni) che i titoli non li cambia mai nella sua testa.

Nella stessa partita, forse era da annullare il gol del Verona per un fallo all’inizio dell’azione. Nella stessa partita, l’Inter si è vista fischiare un rigore contro al 95′. Ma l’Inter – 15 partite vinte su 19, 44 gol fatti e 9 gol subiti, andatura prossima al record teorico di punti – va avanti solo con gli aiutini.

Oggi un quotidiano sportivo affida al direttore in persona un editoriale tutto orientato su questo tema (che la legge non è uguale per tutti) (dio mio, il pudore, il pudore!) e a un certo punto si chiede se sia solo una curiosità statistica che il rapporto fra falli commessi e ammonizioni dell’Inter sia il doppio di quello della Juventus. Inter 24 ammonizioni, Juve 50 ammonizioni. E quindi? Non sarà, direttore, che l’Inter gioca prevalentemente a pallone mentre la Juve parcheggia prevalentemente pullman sulla trequarti e quindi si espone un po’ di più a fare brutti falli su avversari che avanzano minacciosi? Oppure, facendo base 50, lei sospetta che per 26 volte giocatori dell’Inter non siano stati ammoniti pur meritandolo? Per 26 volte?? La Juve non ha ancora avuto un rigore contro. Nell’editoriale, non se ne fa menzione.

Mancano 19 partite e l’Inter ha intorno questo clima malato. Non è sindrome da accerchiamento, è oggettività. Sottolineo l’aggettivo malato perchè c’è evidentemente della patologia in questo modo di pensare diffuso. L’anno scorso il Napoli aveva le stesse nostre cifre e tutta Italia le definiva mostruose. Io non mi sarei mai sognato di metterle in dubbio con argomenti che – di fronte a certe cifre, appunto – non potevano che apparire ridicoli. La Juve ha le stesse nostre cifre: mostruose, meno due punti. Perché non pensano semplicemente a come superarci, invece che pensare – e far pensare – che siamo davanti per motivi esterni al fatto sportivo? E’ ridicolo, certo. Ma intanto l’andazzo è questo. E se nessuno pensa mai a cambiare i titoli, anche quelli mentali, davvero non ne usciremo mai.


(per l’angolo Podcast, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Tipo: vi piace alzare il gomito come Bastoni? Vi piace essere sistematicamente aiutati dal Var? Quale squadra vorreste fosse radiata dal campionato di serie A? E perchè proprio la Juve?)

(il podcast, che ha ormai superato il trentesimo episodio, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Seguite questo tutorial: scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Ma poi non venite qui a lamentarvi perché non siete nel cerchio magico)

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