
Se con un’operazione alla Black Mirror togliessimo l’Inter dalla partita della Nazionale di ieri sera, sarebbe finita 0-0 e la Gazza – invece di Cuore d’Italia – avrebbe titolato Pallida Italia o cose così. Senza Dimarco, Bastoni e Barella (e Frattesi, e pure Manaj) gli highlights sarebbero ridotti del 75% e adesso saremmo qui a leggere lunghe articolesse su questo calcio italiano da rifondare eccetera eccetera. Invece l’Inter per fortuna esiste e ieri sera ci ha fatto vivere qualche discreta emozione per interposta maglia, quella azzurra, che non è una brutta cosa.
In fondo, sono solo le emozioni che possono farci sopravvivere a questi Europei. Intendo, quelle di noi tifosotti (tipo me, che nel mood propositivo devo esserci trascinato a forza) ma anche quelle dei giocatori, che alla fine di una stagione lunga e faticosa devono raschiare i loro barili e trovare lo spirito giusto, anche – o forse soprattutto – attraverso le emozioni.
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L’inizio scioccante di ieri sera, con l’incomprensibile rimessa laterale di Dimarco (sei già distratto dopo 20 secondi?), mi ha riportato indietro di tipo 46 anni (minchia), a Italia-Francia, prima nostra partita dei Mondiali ’78 in Argentina. Alla prima azione della Francia, dopo 1 minuto, andiamo sotto: cross da sinistra, testa di Lacombe, Zoff battuto e tanti saluti. Chissà come sarebbe andato quel Mundial se Lacombe non avesse segnato quel gol. Perchè da quel momento le cose andarono in un certo modo per noi (vincemmo 2-1, come con l’Albania) e fu un mondiale strepitoso anche se sfortunatissimo. Si arrivava da quattro anni di profondo, quasi totale rinnovamento. Bearzot aveva chiamato due ragazzi (Rossi e Cabrini) e li aveva messi subito dentro. C’era tanta diffidenza e invece giocammo il calcio migliore. Quattro anni dopo sappiamo come andrà.
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La partita di ieri sera è stata ampiamente imperfetta (cagata iniziale, grande reazione immediata, bel gioco, qualche spreco, secondo tempo un po’ troppo affidato all’inerzia favorevole, seduta di gruppo sul water allo scadere) ma promettente, almeno per quanto riguarda la sua parte migliore. L’Italia di Spalletti ha dato l’impressione di avere ancora una certa voglia di giocare, di essere un gruppo che esprime una certa positività. Abbiamo un sacco di difetti, ma anche qualche pregio. Le supercazzole di Spalletti declinate alla Nazionale hanno, come dire, un certo perchè. E siccome le emozioni contano tanto, la partita con la Spagna (che non è l’ultima, che non sarà ancora un dentro-fuori: insomma, può essere giocata senza avere necessariamente le spalle al muro) casca a fagiuolo per capire di che pasta siamo davvero fatti. Di che pasta sono fatti quei merdoni degli spagnoli, invece, lo abbiamo visto ieri pomeriggio. Take care.
(per l’angolo Podcast, giunto all’episodio #70, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Anzi, no: per tre puntate – corrispondenti alle tre partite dell’Italia nel suo girone – parleremo appunto di Italia. Perché sarà un podcast molto europeo. Nella puntata #70 abbiamo dato le istruzioni) (le ridaremo, tanto non le rispetta nessuno) (è che siamo inclusivi)
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)