Regalagli Carrizo

Drupi
(Karaoke)
Regalagli Carrizo
e sono giorni tristi
per quando farà buio
se lui non parerà
regalami se puoi
la qualificazione
la Lega dell’Europa
la mia felicità
Cazzate così grandi
da fare invidia a Melo
e l’ombra dei capelli
legati con un filo
quel filo di pensieri
bellissimi che avevo
rimettilo semmai
in panca a breve e poi
regalagli Carrizo
per le mie notti insonni
per i miei giorni tristi
se in Coppa non sarò
lo giocherò alle carte
in una mano sola
non toglierò un profeta
per metter quella sòla
regalagli Carrizo
per una volta ancora
vorrei veder l’Europa
toccare pure ferro
e poi ricominciare
vorrei segare il Wolsfburg
e andare più lontano
vorrei far tante cose
tenendoti per mano
regalagli Carrizo
gli vada di traverso
come questa sconfitta
in terra d’Aleman
come la prima volta
che ho visto il tuo bel viso
regalagli Carrizo
lo porterò per sempre
affancul
VfL Wolfsburg vs Inter Milan

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Laserterapia e mezze mattonelle

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Il format Mancini, ormai consolidatissimo, è: “(Frase relativa alla partita) ma commettiamo troppi errori”. Che è ovviamente un enorme passo avanti rispetto a “(Frase relativa alla partita) ma (scusa a caso)”. Hai cambiato l’allenatore, hai dato una svolta epocale ma è rimasto il ma. Il problema è sempre quello, il ma. Proposizione principale, ma, proposizione coordinata. Mancini ha portato aria nuova, schemi nuovi, giocatori nuovi, onestá intellettuale nell’analisi della partita, fantasia, coraggio, ma non è ancora riuscito a eliminare il ma, che sarebbe la quadratura del cerchio. Vorrebbe dire che giochiamo, produciamo, teniamo palla, siamo alti E (non MA) (frase a caso, contenente il verbo vincere declinato alla bisogna).
Ci arriveremo? Possibile. Probabile. Peccato per il tempo che passa, per gli obiettivi che non ci aspettano, che restano lì sospesi e ti sembra di poterli prendere allungando un braccio e invece no, è un’illusione ottica e – soprattutto – c’è sempre meno tempo a disposizione. Tocca sospendere anche i giudizi e le considerazioni: come metabolizzi e consideri questo Napoli-Inter, dai primi settanta minuti da “vorrei ma non posso” o dagli ultimi venti minuti da “se voglio posso e ti faccio anche un culo così”?
Siamo quasi a metá marzo e – questo è un fatto – non abbiamo ancora vinto con una grande. Neanche stasera a Napoli, che poteva chiudere la gara prima ancora del tè caldo. Ma quei venti minuti finali, in condizioni che solo pochi mesi fa avrebbero determinato più probabilmente un 5-0 di un 2-2, sono una cosa bella e incoraggiante ma (il ma…) anche l’ennesima mezza mattonella con cui lastrichiamo il nostro percorso. Mezza qui, mezza lá, e dalla mezza classifica non ti schiodi. Peccato, valiamo molto di più. Il problema è che – ancora, e purtroppo – non meritiamo molto di più.
Teniamoci buono anche il cucchiaio di Icardi, il rigore del possibile 2-2 tirato con il laser negli occhi e con la pressione di una stadio ostile e di un risultato da riacchiappare. Maurito sta diventando grande, ha fisico e faccia di merda, ha i colpi dentro e fuori dall’area, il senso del gol e una personalitá che sboccia. Ci mancherá: almeno, che ce lo paghino bene.

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Il pepe e le pappemolli

Soccer: Serie A; Inter-Fiorentina
La cosa che fa più impressione è guardare la classifica togliendo tre punti alla Fiorentina e aggiungendone tre all’Inter – il nostro unico desiderio fino alle ore 18,15 -, guardare cioè dove saremmo arrivati al netto della milionata di minchiate fin qui accumulate da agosto a oggi. Fa impressione perchè non è mica fantacalcio: abbiamo perso ma avremmo potuto benissimo vincere, abbiamo preso un gol per un errore del portiere, abbiamo creato un sacco là davanti – compreso un palo e un paio di errori da ingoiarsi i coglioni – nonostante un quasi incomprensibile turnover (va bene, bisogna farlo, ma anche a costo di tenere fuori il più buono per fare giocare un paio di cadaveri dai cognomi altisonanti?) e alla fine abbiamo perso, poteva andare diversamente e invece no, nemmeno un pareggino che sarebbe andato bene visto il tenore della serata, nemmeno un tiro che per sbaglio entra tipo flipper quando loro rimangono in dieci e poi in nove.
Peccato. In fondo, sforzandosi di considerare la parte piena del bicchiere (sforzo immane, ma vabbe’), questo pomeriggio di sfiga e di errori multipli ci dice che bene o male ci siamo, che se non proprio vivi siamo vitali, che qualche speranza di partecipare al banchetto finale resta, che c’è un’occasione per tutti, anche per noi. Crediamoci, nonostante tutto. Anche questo mordersi le mani e risalire fino ai gomiti è una sensazione sgradevole ma quasi antica, dopo tanti post-partita annegati nella rassegnazione, che è assai peggiore di questo rodimento di palle. Però tutto ciò – questo raggranellare l’orgoglio che ci resta – non fa punti e la sconfitta in uno scontro diretto per l’Europa rischia di pesare parecchio sul nostro precarissimo equilibrio. Per quanto firmerei, da qui alla fine, per andare avanti a colpi di tre vittoria e una sconfitta. Andrebbe benissimo, visto l’andazzo.
Cià dai, proviamo a non pensarci più, abbiamo ancora un tot di cose da fare, abbiamo anche lo sboronissimo Wolsfburg che ci aspetta: vietato deprimersi, però – cazzo! – vietato anche schierare i depressi. Serve gente col pepe al culo: no bronci, no gambette molli, perchè il tempo stringe.

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Quei gol un po' così

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Forse è sufficiente rivedere da principio l’azione del gol, che riassume qualsiasi cosa. Juan Jesus che porta a spasso il pallone al limite di tutto – dell’area, del buon senso, della nostra pazienza, e di un risultato che è in perenne bilico tra uno 0-0 che basta e avanza e un golletto preso che ci inculerebbe per l’eternitá. Palla a Santon che la porta avanti, molto avanti – bell’acquisto, il bambino è maturato e si è fatto uomo, solido, affidabile, senza fronzoli. Santon che la recapita  a Guarin – un servizio a domicilio, preciso preciso. Guarin che prende la mira, carica il gambone e la mette all’incrocio – un tiro meraviglioso, un gol che sa molto di un certo calcio, pochi tocchi e pochi secondi dal maramaldeggiare di Jesus al deflorare di Guarin, tic-toc-tac-bum!, sì, è calcio, il calcio.
Per il resto siamo i soliti, quelli che rischiano l’indicibile, creano l’insperabile, sprecano lo sprecabile. Ci saranno anche volte che ci andrà peggio (l’espulsione è stata un toccasana) ma siamo sempre in credito di gol e di culo, e va bene così finchè si vince e si passano turni, firmerei davanti al notaio. Avanti Inter, domenica c’è l’esame di maturitá: il minimo garantito di cazzate non ce lo farai mancare, l’importante sará metterne uno più degli altri, quelli viola.

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Overlook Hotel

Ho trascorso l’intervallo tra il primo e il secondo tempo a informarmi. Cerco “Podolski” su Wikipedia e in effetti trovo conferma a miei vaghi ricordi, tipo che ha giocato più di cento volte in nazionale e ha segnato un sacco di gol in carriera e che quindi, per la proprietá transitiva del sillogismo di stocazzo, ha anche tirato millemila volte. E allora perchè non tira più, perchè? Perchè non siamo in vantaggio a Cagliari dopo tutte ‘ste occasioni, perchè?
Inizia il secondo tempo e andiamo in vantaggio, bene!, con Kovacic, benissimo!, e mentre mi sto per rilassare sul divano mi ritrovo in una centrifuga. Non ci capisco più un cazzo, vedo la palla rimbalzare settecento volte davanti alla nostra porta, cross, controcross, lisciate, minchiate, Carrizo che para di tallone e sottoculo, schienate, pirlate, argh!, vado in bagno, no aspetta, altri cross, altri controcross, ma che succede? Vado in bagno, meglio, sì, un attimo solo.
Apro la porta, accendo la luce e aaaaargh!, sulla tazza c’è Cossu.
“Cazzo vuoi? Occupato”.
“Come, occupato? E’ il mio bagno, e tu dovresti essere a Cagliari”.
“Noi siamo dappertutto, e tu devi soffrire”.
“Soffro sì, dovrei pure mingere”.
“Aspetta, sto facendo forcing intestinale”.
Torno sul divano. Mi sento come Jack Nicholson all’Overlook Hotel, ma vedo che il risultato è ancora miracolosamente sull’1-0 e” poi vedo addirittura il gol del 2-0, un gol della madonna del capocannoniere del campionato (sará un’allucinazione? Fammi vedere su Livescore). Mi sento improvvisamente meglio, ma poi tornano le allucinazioni, naso nuca piede orecchio schiena, 2-1, ed è di nuovo un fraccassar di sensazioni, cross e controcross, diagonali e madornali,  “Cambia Mancio, fai un cambio, ti prego, ti scongiuro, chiunque con chiunque, ma fallo, fallo!”, sono in piedi come un bambino a saltellare davanti al televisore perchè il Cagliari pressa e io tra l’altro ho la voglia di pisciare di cui sopra. Torno in bagno di corsa, accendo la luce e aaaaaaaargh! sulla tazza c’è M’Poku.
“Occupato!”
“Sì, ma che cazzo, non ce l’avete un bagno al Sant’Elia?”
“E’ in ristrutturazione”.
“Ah, scusa”.
Torno sul divano, anzi no, in piedi davanti alla tv dove vedo gente in maglia bianca rinviare in fallo laterale e cercare angoli e chiamare “Tempo!”. Vedo addirittura Hernanes colpire una traversa. Maledette allucinazioni. Triplice fischio. Sará finita davvero? Anzi, l’avranno giocata davvero?
Ora però vado in bagno. Accendo la luce con circospezione. Sulla tazza c’è Daniele Conti. Ma vaffanculo va’.
“Occupato. Com’è finita?”
“In teoria 2-1 per noi, ma non ne sono sicuro. Non mi sento bene”.
“Aho, non vincevate tre partite di fila in campionato da due anni e mezzo. Ti spiace uscire? Mi debbo concentrare in raccoglimento sennò non defeco”.
Mentre vado a pisciare in cortile, dico tra me e me che fino a maggio in queste condizioni, e a queste condizioni, non ci posso arrivare. No no.
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Perchè perchè / al minuto novantatrè

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Al minuto 12, prima esulto e poi eseguo la cerimonia dell’ammainaOrociok. “Stasera non mi servite” e li rimetto in dispensa. Torno sul divano con un sorriso ebete sul viso. Secondo statistiche ufficiose, l’Inter non segnava due gol in una trasferta di coppa europea nei primi 12 minuti da 74 anni. Pochi minuti dopo, cerco angosciato su Google la seconda statistica: l’Inter non prendeva due gol in un minuto in una trasferta di coppa europea passando da 2-0 a 2-2 da 158 anni. Al che sento salire prepotente il desiderio di cioccolato misto a biscotto, ma orgogliosamente resisto alla tentazione di riprendere gli Orociok ammainati e mangiare un paio di blister all’istante. Però, con un occhio al televisore, mi metto a cercare qualcos’altro come un tossico in astinenza. E trovo un cioko Milka wafer rotondo, scaduto il 25 luglio 2014. Prendo una decisione: cazzo, lo mangio. E poco dopo facciamo il 3-2. Ora, trovare gli Orociok è facilissimo, ma trovare ciockowafer scaduti da sette mesi no. Per la cabala, dico.
Vabbe’. La mia riflessione all’intervallo è: il portiere del Celtic nel primo gol ha respinto un pallone fuori un metro, nel secondo gol si è fatto passare la palla tra le gambe, nel terzo gol ha fatto l’assist a Palacio. Cioè, cosa pretendiamo di più? Se non vinciamo, calci in culo da Glasgow a Milano. Ecco. Anche perchè prendiamo un gol al 93′ come  a Napoli. Ecco.
La seconda riflessione è: se muoio nella notte per intossicazione da ciokowafer scaduto, non leggerò la Gazza di domani.
A fine partita, mi chiedo per quanto tempo ancora dovremo scontare l’impanicamento ormai cronico della nostra difesa. Ogni pallone è una sofferenza. Ranocchia ancora il simbolo: alterna interventi di grande tempismo a cazzate immani, scivolate chirurgiche ad acrobazie da festival internazionale del circo di Montecarlo. Jesus trasmette ansia. Campagnaro non si può vedere. E noi qui, come loro, sballottati tra cross e contropiedi, a sgranare il rosario in attesa che il pallone parta e – voglia il cielo – non arrivi.
Un 3-3 a Glasgow in sè è un risultato positivo, che diventa ‘na tragedia se pensi che potevi e dovevi vincerla 4-1. Io tra l’altro ho mangiato un wafer scaduto ad minchiam e potrei decedere nella notte per un cazzo, un 3-3 in trasferta, vita grama, destino gramo. La squadra c’è dal centrocampo in su, Shaqiri è un’iradiddio (ma come mai ce l’hanno venduto? Da non crederci), si lotta e si suda, ho visto un sacco di lanci bellissimi e di movimenti in sincrono, Icardi ha fatto un tot di cose deliziose, Palacio ha avuto molto culo ma se non altro è tornato reattivo, e Carrizzo ha fatto la sua porca figura.
E allora perchè, perchè / ti fai inculare al minuto novantatrè?
Inter, prima causa di stress in Lombardia. Ma è per questo che ti amiamo, e tu te ne approfitti. 10 gol nelle ultime tre partite e ora qui, con gli occhi al soffitto, ripensando alla nostra difesa, a Guidetti e alla lavanda gastrica che mi faranno, lo so, vedo giá la scena, “Cos’ha mangiato, dio santo?”, “Guardi, vincevamo 2-0 e poi non ho capito più un cazzo”.
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Il figliuol prodigo

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Siccome trattasi di un campo dove abbiamo lasciato spesso lacrime e sangue e giramenti di coglioni, la vittoria di Bergamo vale anche un pochino più di tre punti. Nella stagione degli asterischi (*ma ottimi nel possesso palla), possiamo aggiungerne tranquillamente uno (*sempre dietro anni luce, ma abbiamo vinto bene a Bergamo) e stavolta di tenore sereno e positivo. E se il valore assoluto del successo è quello che è (squadraccia se ce n’è una, l’Atalanta, diciamolo), il valore relativo è bello rotondo. Anche perchè Bergamo si è confermato uno degli stadi peggio popolati d’Italia, un continuo lamento intervallato da insulti, e ululati, e smoccolamenti, e sputazzi, e che cazzo!, una roba difficilmente sopportabile anche da una personcina animata da buoni sentimenti e da spirito sportivo quale sono io, privo di orociok nella dispensa e quindi – al diciassettesimo lamento, al trentaquattresimo coro con insulto – particolarmente esposto al clima di nervosismo. Tanto che durante il primo tempo a un certo punto mi alzo dal divano, metto la faccia a due centimetri dallo schermo ed emetto un rantolo del tipo
“Ma pensate a giocare, bifolchi!”
del quale mi sono vergognato, pur essendo solo in casa. Oddio, mi sto imbruttendo, argh! Anche perchè c’era da indignarsi da cittadini ed esseri umani, ma non c’era da rotolarsi negli allori. Il primo tempo è stato un po’ così e tra i due nostri gol ho visto troppa Atalanta e poca Inter, un’Inter che sembrava più quella di Empoli o di Sassuolo che non quella di domenica scorsa col Palermo. E quindi, nauseato dal popolo bergamasco e deluso dal nostro mollismo che riemergeva, assumevo sul divano posizioni sempre più passive. Finchè a un certo punto Guarin ha fatto un gol della madonna – quei gol tutto tranne che casuali, quei gol che estirpi un pallone, ti liberi di un paio di buzzurri, alzi la testa, miri l’angolo lontano e la metti lì con un tiro a giro, insomma, appunto, un gol della madonna – e i pianeti si riallineano. Se anche Guarin, l’apparente irrecuperabile Guarin, il sempre in lista cessioni Guarin, l’inaffidabile per definizione Guarin, inizia a fare partite così, di sostanza, di gol, di assist e di rigori procurati, ecco, forse la strada è quella giusta.
Come Mazzarri aveva riportato il Gabbianone e il Meraviglia al vivere civile, il Mancio ha deciso che Guarin – da un anno e mezzo l’uomo in meno – può essere l’uomo in più e ha ragione da vendere. Guarin a noi serve, e ci serve così, preciso. Senza Icardi, con due punte impresentabili, con la difesa che ogni tanto ti fa sudare freddo, abbiamo vinto 4-1 a Bergamo e ci deve essere una ragione. Oggi il centrocampo grondava qualità e fiato, e forse è da qui che dobbiamo ri-ri-ripartire, dal reparto che era un buco nero e adesso è diventato la base di tutto. Pensa se davanti con Icardi si mette a giocare uno a caso che si regga in piedi, e pensa se dietro a un certo punto trovano il centro di gravità: oh ragazzi, qui si rimonta, e di brutto brutto brutto.
 

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De queste zozze società

milanjuve
Una polemica tra Juve e Milan è spassosa a prescindere. Un po’ come se Mussolini desse del pazzo liberticida a Hitler, o Vallanzasca querelasse la Banda della Magliana. Cioè, santa madonna, se ci sono due squadre che non si possono lamentare a prescindere sono loro, queste due, proprio queste due, precise precise. Se poi si accapigliano su un presunto errore arbitrale, wow!, sconfiniamo nell’imponderabile e ogni volta che Agnelli o Galliani o una qualsiasi dei loro scherani apre la bocca, Philip K. Dick si rivolta nella tomba per il rimpianto di essere morto in eccessivo anticipo e di non aver potuto affondare le mani in tanto materiale. Ma è tutto un rivoltarsi di tombe e di tripli tolup, da Groucho Marx a Rino Gaetano, in un brusio di sconcerto: “Cioè scusa, Juve e Milan…? Naaaaaaa, non mi dire”.
Come sappiamo, il tema del contendere è un gol segnato in sospetto fuorigioco. Bum!, si lamentano di un fuorigioco che c’era o non c’era, ahahahahah, non ridevo così dai tempi del Grande Lebowski. Giudicando da posizione neutrale, era oggettivamente una questione di centimetri, e pure molto pochi. Una situazione-tipo che io, per esempio,  ho ormai deciso di affrontare in maniera zen: se si tratta di centimetri, bòn, ci sta, dipende dall’occhio e dal culo, il mio cuore è foderato da milioni di precedenti, non ci spendo più una stilla di energia, incasso e porto a casa, a favore o a sfavore che sia. Ma io sono un bonaccione, un piccolo punto nell’universo nel calcio. Per Juventus e Milan, ovviamente, il solo porre la questione è tutt’altro che zen.
Il Milan non accetta di avere preso un gol dubbio. Non lo accetta, nel caso specifico, perchè a incularla in mondovisione è stata la Juve e perchè ritiene – ammazza! – di essere stata vittima di una macchinazione. Naturalmente tutto questo è ridicolo. Sono così incazzati che sbagliano persino le parole e i concetti. Riferendosi alla grafica tv che evidenzia il non-fuorigioco, il tweet milanista dice: a voi le due linee sembrano parallele? Anche un bambino delle elementari sa che non lo devono essere, trattandosi di prospettiva e di un’immagine tridimensionale. Forse era meglio parlare di proporzione, di quanto al Milan la linea sembri partire troppo larga dal basso e arrivare troppo stretta in alto (tutto per far rientrare Tevez nella legalità e far uscire Zaccardo sul buco nero), una prospettiva che in questo caso sarebbe appunto falsata. Ma non è così. La riga dell’erba – meno facile da falsare, a meno che ci sia un complotto a prescindere dei giardinieri (e io mi leverei il cappello come di fronte ad Arsenio Lupin) – purtroppo parla chiaro e dice che Zaccardo si è addormentato in mezzo al campo invece di salire, e la colpa è sua, non del replay.
Quindi ha piuttosto ragione la Juve a dire che il Milan è molto ridicolo, e addirittura anche noi interisti potremmo dirci per una volta (rumore di tuoni, lampi, raffiche di vento e di morte e distruzione) d’accordo con la Juve. Ma non solo questo è abominevole – essere d’accordo con la Juve. C’è anche una cosa su cui il Milan ha ragione, e chiunque abbia visto la partita in tv se ne sarà accorto: nel prosieguo del primo tempo, la produzione (juventina: ora non sto qui a spiegare, leggetevi a parte la polemica, sembrava un carteggio tra gli avvocati Ted Turner e Rupert Murdoch e io mi sono molto annoiato) ha fatto vedere 100 replay del gol da 100 angolazioni diverse, tranne che dall’unica che serviva e che era pacificamente disponibile: cioè l’immagine della telecamera principale, posizionata sulla metàcampo e quindi proprio sul focus dell’azione. Quella è stata in effetti una bella presa per il culo. Inutile, peraltro (il gol era valido, e comunque sarebbe stata una questione di centimetri, pochi), ma perchè comportarsi così? Ci vedranno tutti come gente con l’anello al naso in fila a pagare lussuosi abbonamenti mentre ci propinano il replay che vogliono loro?
Il gol c’era, la Juve ha poi (quasi) scherzato il Milan, ma il solo sospetto di avere il culo sporco ha fatto rinviare di una quarantina di minuti il replay giusto. Così come la sola ipotesi che il gol potesse essere  irregolare, e l’accusa di avere ordito una macchinazione ai danni di altri,
(uh, gol irregolari, macchinazioni: dev’essere proprio il dna)
ha fatto partorire alla società un altro di quegli odiosi, spocchiosi e inaccettabilmente arroganti comunicati di cui solo la Juventus Fc è capace. Del resto il Milan ci ha messo del suo – il Milan che si lamenta del sistema televisivo, ahahahah, ma cosa si sono fumati? -, ma il tono gobbo fa accapponare la pelle.  Noi lo sappiamo com’è quel tono e non dimentichiamo. E la squallido scenario si staglia così: a una società piagnocolona e grottesca esperta di gol dubbi e di complotti televisivi che protesta per un gol dubbio e per un complotto televisivo, la Juve non risponde facendosi una bella risata, no: vomita grandeur e bile su un foglio, una roba che il Marchese del Grillo al confronto è Lord Brummel.
Ed è per questo che io, alfine, ringrazio Milan e Juve: per questa ennesima e gratuita – e pure per iscritto – dimostrazione che noi non siamo quella roba lì. Viva l’Inter, viva lo sport, viva le righe che scorrono libere – e parallele – lungo le naturali prospettive, viva l’onesta intellettuale, viva la libertà, abbasso l’antipatia sabauda a strisce – parallele – che da decenni ammorba l’universo mondo.
milanjuve2

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Ci credi? Avanti, c'è posto

fuoriicoglioni
Dopo aver fatto un punto tra Empoli Toro e Sassuolo (e con l’inculata in zona Ranocchini con il Napoli), la partita con il Palermo, letta attraverso la classifica dell’avversaria, metteva il giusto timore. Per non dire panico, perchè pensate se solo l’avessimo persa, no dico, sarebbe stato un disastro tipo la manovra di Schettino. E invece no, l’abbiamo vinta e – al netto di alcune cose che non vanno rimosse, anzi – l’abbiamo vinta bene.
Ho intravisto nella scelta inizia di Mancini – a parte i centrali, dove è pura sussistenza – un messaggio forte e chiaro: gioca chi sta bene e chi ci crede, poi i numeri da mettere allo schema vengono di conseguenza. Podolski, Hernanes e Kovacic in panca: ohhh, giusto. Mica una condanna, mica una gogna, mica una riga col pennarello indelebile: macchè, solo un rapporto causa-effetto (fai ca-ca-re, no problem, gioca un altro) in attesa che tu, uomo temporaneamente escluso, nel giro di qualche giorno ribalti il rapporto a tuo favore. Avendo una rosa numericamente e tecnicamente adatta, le cose dovrebbero sempre funzionare così. Guarda caso, per una volta che funzionano così vinciamo 3-0 col Palermo. Un caso? Appunto.
Senza dimenticare i problemi, eh? Ci è andata clamorosamente di culo almeno un paio di volte, la difesa resta da paura, l’occasione di Rigoni nel primo tempo – si era capito 50 metri prima che avrebbero crossato a lui, liberissimo come Moretti, o come (metti un nome tra i tanti) – e il flipper in area nel secondo, una roba da Ridolini con Ranocchia ancora al centro dell’attenzione, sembrava Enzo Paolo Turchi… quindi anche questa partita, in cui  finalmente l’impegno e la qualità non sono mancati,  poteva finire in un modo diverso e ora (invece di guardare increduli la cifra zero dei gol subiti) saremmo qui a contorcerci davanti agli highlights. No, facciamoci una spuma in santa pace. Non c’è più nemmeno la classifica da controllare, è tutta salute.
Potessi, offrirei una birra a Brozo, porca miseria, gran partita. Bene Shaq, bene Guarin, bene anche Santon, benino un po’ di altri. Icardi ha segnato due gol e ha messo il broncio, va bene così, la testa è quella che è. Fallo tutte le domeniche, who cares? 18 gol dei 50 stagionali dell’Inter sono suoi. No, giusto per ricordarlo a chi dice che è un broccone. E’ una settimana che leggo e vedo dei segoni su un argentino classe ’93 che doveva illuminare San Siro. Non era lui, era un altro. E invece guarda un po’.
guarin

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De ranocchitudo interistorum

ranocchia
Che poi il problema, è chiaro, non è Ranocchia in sè. Il problema, purtroppo, è il ranocchismo dell’Inter intera. Dove il centro della questione continua a non essere  il povero Andrea Ranocchia, che in un’Inter diversa (metti con Samuel o Lucio 2009/2010 al fianco, con davanti Zanetti Cambiasso e Stankovic, per dire) avrebbe fatto probabilmente faville, ma il ranocchiamento di una rosa che in questo momento (voglio sperare che ci sarà un momento diverso, ecco) esprime quello che è. Una squadra che poteva capitalizzare – a livello di fiducia, di consapevolezza – le due partite con Juve e Genoa e invece ha fatto un punto nelle ultime quattro, perdendo due volte a tempo scaduto (una volta su calcio d’angolo, una volta da fallo laterale) (oratorio level). Una squadra che ha il possesso palla per due terzi di partita, e che di quella palla non sa letteralmente cosa farsene, visto che segna poco, tira poco, crea poco. E allora, ecco il punto, Ranocchia può inciampare al 93mo minuto nell’intervento più comico del decennio, ma quanti Ranocchia dobbiamo ringraziare per questo spaesamento che comincia a non avere più alcuna giustificazione?
Ranocchia capitano è il perfetto simbolo dell’Inter post triplete. Il cognome non aiuta (non so, prendi un John Terry, ti comunica un altro tipo di sensazione), ma questa è solo una battuta. L’Inter ha un Ranocchia capitano, questa invece è la realtà. Non Andrea Ranocchia in sè, ma un tipo come lui. Abituati a Zanetti, abituati a un’Inter che contemporanemante sfornava a nastro capitani in pectore – era un capitanificio, Zanetti, Cordoba, Cambiasso, Stankovic, Samuel etc. -, ora siamo a un capitan Ranocchia che dice tutto. Bravo ragazzo, buon giocatore, persona seria, e fin qui ci siamo e lo ringraziamo: ma poi? Oggi, al trentesimo inciampo, costretto a giocare su un infortunio, minato nella sua sicurezza, è tutto tranne che un capitano coraggioso. Scelta opinabile dall’inizio, dare la fascia a lui, e adesso quasi scaduta nel ridicolo: un peccato, per l’importanza della figura del capitano e per l’onore e l’onorabilità di Andrea Ranocchia stesso, che non merita di diventare il contro-idolo degli interisti nè il capro espiatorio di colpe non sue, al netto di una gigantesca puttanata al minuto 93, cioè oggettivamente non rimediabile. Comunque questo abbiamo e questo ci teniamo, degradarlo sarebbe una umiliazione che Ranocchia non merita.
Beh, si poteva fare qualcun altro da principio, no? Ecco il punto: chi?
A livello di atleti seri – questo è un requisito di base – non saremmo mica messi male. Anche Handanovic sarebbe stato un buon capitano (parla anche un italiano perfetto), ma anch’io sono tra quelli che pensa che il capitano non debba essere il portiere, soprattutto in una squadra che ha la personalità di un bambino dell’asilo. Uh, ma ce ne sono altri. Per esempio: Hernanes e Palacio sono due giocatori di profilo internazionale. Ma – eccoci al punto – non sono il Ranocchia del centrocampo e il Ranocchia dell’attacco, due giocatori bravi e forti finchè si vuole ma senza carisma. Vidic poteva essere una scelta di immagine, ma è una sciagura, un Ranocchia al quadrato, o forse al cubo. Lasciamo perdere Nagatomo (serve parlare italiano) e Juan Jesus (il Ranocchia brasileiro). Diamola a un giovane? Beh, non a Kovacic, il Ranocchia dei Balcani, eccelso giocatore e personalità ancora non pervenuta, uno che diventerà una grande giocatore lontano da Milano, incastonato in una squadra un po’ più strutturata, non in questa Inter così poco propensa – ma perchè, poi? perchè? – a tirare fuori i coglioni.
Rimarrebbe Icardi, uno che ha appena dato dei pezzi di merda ai suoi tifosi, non esattamente un comportamento da capitano. Perchè lui, peraltro, a conti fatti il miglior interista della stagione, la fascia la meriterebbe, se non altro a scopo terapeutico. Come a Guarin, un altro personaggio borderline cui una responsabilità vera non potrebbe fare che bene. Ma qui, forse, ormai siamo ai confini con la fantascienza. Se rimane, il capitano un giorno sarà Shaqiri: il miglior rapporto qualità/zebedei  è già suo, anche se nel febbraio 2015 all’Inter sarebbe facile primeggiare. Forse ce la farei anch’io, uno zuzzurellone se ce n’è uno.
 
 

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