Piccioni

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Provando a ragionare non sulla singola partita ma sul periodo, l’Inter è un po’ meno Inter da ormai quasi un mese (Udinese-Inter 0-4, era il 12 dicembre) e nelle ultime tre giornate di campionato ha fatto tre punti, vincendo col solito 1-0 a Empoli facendo un tiro (sì, va bene il cinismo, ma temo c’entri anche il culo) e perdendone sanguinosamente due in casa non con Bayern e Barcellona ma con la Lazio (all’epoca dei fatti dodicesima in classifica) e il Sassuolo. Diciamo che non è un gran periodo, ecco.
Oggi ero a San Siro sperando di incassare un titolo di inverno che invece non è arrivato. Non mi sono affatto annoiato, ma un pochino rabbuiato sì. E non tanto per la sconfitta (càpita), non tanto per il rigore (càpita) al 95mo minuto (raro, ma càpita) (ti gira il cazzo ma càpita), non tanto per le dieci occasioni da gol che non si materializzano (càpita: a Empoli, del resto, era capitato il contrario), ma per il culo che ci siamo fatti fare dal Sassuolo (non il Barcellona) in quella vasta fetta di campo che andava dalla nostra trequarti fino a qualche metro dietro la loro metacampo. Tutto quanto elencato prima è legato (anche) al caso: all’Inter di oggi francamente non si può rimproverare molto al capitolo “averci provato”, perchè lo ha fatto, lo ha fatto molte volte di più rispetto ad altre partite magari vinte. Farsi fare il culo dal Sassuolo invece no, è qualcosa di sistemico. E’ qualcosa che mi ha fatto pensare più volte durante la partita che forse no, non abbiamo il profilo giusto, o comunque non l’abbiamo completo. Il profilo della grande squadra, dico.
Una grande squadra oggi la partita la vinceva, perchè il titolo d’inverno non conterà una sega ma è un segnale preciso, e perchè ci aspetta un girone di ritorno complicato, con quasi tutti gli scontri diretti in trasferta e c’è da mettere fieno in cascina, brutalmente, cinicamente, come impilare un 1-0 sopra l’altro, la nostra specialità. Abbiamo una difesa solida, un portiere in stra-forma, un attacco pieno di talento e di opzioni. In mezzo e sulle fasce, purtroppo, non siamo a livello delle altre. Basta un Sassuolo per ricordarcelo.
Ecco, ora che ce lo siamo ricordati, direi di tornare l’Inter di un mese fa. Possiamo farcela, basta volerlo. Il buono che abbiamo ci ha tenuti in alto fino ad ora, a volte anche molto più in alto delle altre. Sul buono che ci manca, invece, spero non cessi la voglia di lavorarci. Oggi – non bastassero quei ragazzoni del Sassuolo – mi ha rabbuiato pure il Mancio, che non corregge granchè in corsa e che (io non capisco, non capisco proprio) aspetta gli ultimi minuti per fare due dei tre cambi, espone ai fischi Kondo (che poteva uscire un po’ prima) e fa scaldare Jovetic mezz’ora per poi farlo giocare quindici minuti scarsi.
Che poi ti tocca uscire da San Siro con negli occhi le peggiori immagini di una giornata che poteva essere diversa. Cioè dopo aver visto nei minuti di recupero Nagatomo farsi fischiare un fuorigioco su azione di calcio d’angolo (roba da Seconda categoria) e dopo aver visto perdere al 95′ una partita da polli. O da piccioni, fate vobis.
I piccioni.
Piccioni : San Siro = Nutrie : Pavia.
Era più forte di me, spesso guardavo i piccioni invece dell’azione. A volte poi azioni e piccioni coincidevano. E quindi sloggiavano. Bene, mi dicevo, si fottano. Li guardavo uscire dallo stadio. E poi rientrare. I piccioni. Manco al campetto. Una squadra che vuole vincere lo scudetto e uno stadio che tra quattro mesi ospita la finale di Champions non riescono a sconfiggere la piaga di nove piccioni che ti cagano il cazzo per tutta la partita. Questa è la cruda realtà. Poi vince il Sassuolo, è chiaro.

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Il format preferito

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Ancora scottato dalla minchiata immane con la Lazio, ero pronto a chiedere al Vaticano di scomunicare l’Inter, o all’Inter di aderire a un’altra religione: a noi il Natale ogni tanto fa male, diciamocelo, dovremmo evitarlo, e poi ero atterrito dopo la visione delle partite del pomeriggio, con una teoria di squadre tornare in campo senza avere smaltito il cotechino, il panettone o entrambe le cose.
Io non compro Orociok da tempo immemore, ma mi hanno regalato una boccia di Lindt Lindor, una delle cose più buone in natura, e questo periodo senza Inter è trascorso così, tipo Poldo Sbaffini, un Lindor dopo l’altro. Il campionato è fermo e giù Lindor. Poi ricomincia il campionato e giù Lindor. Poi le altre fanno schifo, facciamoci un Lindor. Poi entra in campo l’Inter, ci vuole un Lindor. Poi ero nervoso, ecco, perché l’accoppiata Lindor (prima) e caffè (amaro, dopo) è una roba da sballo, e passi per il Lindor, che si deposita nel girovita e vabbè, ma il caffè rende nervosi. Voi non avete idea di quanti Lindor ci sono in una boccia di Lindor. E’ bellissimo.
Detto questo, rieccoci con il nostro format: 1-0 e a casa. Abbiamo incontrato una delle squadre attualmente più pericolose e toste del campionato: a casa lo stesso, 1-0, raus. Tra l’altro erano già a casa, quindi la cosa è a stretto giro. Il format prevede vittoria per 1-0 e partita così così: perfetto. A me questa replica minuziosa del format provoca una certa eccitazione, anche più forte di trovare una boccia di Lindor sotto l’albero. Infatti vedo già in giro le solite cosucce di contorno: giudizi severi sulla partita, allenatore avversario che dice che non è giusto, brusio nemico, Mancio sarcastico.
Ogni tanto, qualcuno ricorda che (incredibilmente) la capolista è ancora l’Inter.
Abbiamo fatto più punti in trasferta che in casa. Non abbiamo preso gol per l’ennesima volta. Ci manteniamo in debito di culo. Io non me ne vergogno. Anzi, sapete cosa vi dico? Che spero nel condono e zac!, tutti inculati.

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Crisi Inter: le ragioni per cui moriremo tutti

Quello che è accaduto domenica all’Inter è incredibile. Ragazzi, è finita. Sì, vabbe’, qualche punto lo faremo ancora qua e là, e in fondo  non manca tantissimo ai 40 punti della salvezza e quindi ok, è probabile che l’Inter l’anno prossimo esisterà ancora e – salvo la questione dei 700 triliardi di debiti e del presidente filippino o quel che l’è – magari si iscriverà sub judice al campionato di Serie A Tim. Per il resto, è evidente che la favola nerazzurra del tardo 2015 è già arrivata all’epilogo e, anzi, è già durata fin troppo. Sì, ok, i soliti buonisti del cazzo tra di voi ora mi diranno “Ma no, ma cosa dici, siamo ancora primi!”, sì sì, e io vi risponderò che siete come il pianista del Titanic, siete come il giapponese nella foresta, siete come (non mi viene una terza metafora, ma ci siamo capiti). Banca Etruria, al confronto, è ‘na passeggiata de salute.
Cioè, non so se vi rendete conto di quello che è successo domenica, secondo quanto riportato dalle più grandi testate nazionali su carta, tv e web e che qui per comodità riporto: Mancini ha cazziato la squadra (a più riprese, e già durante il riscaldamento), Jovetic ha mandato affanculo Mancini, Ljajic non ha gradito l’esclusione, Icardi (in quanto capitano) ha mandato affanculo Melo, Melo ha mandato affanculo Icardi (in quanto giovane rompicazzo argentino), la squadra fa troppie selfie, la squadra fa troppi party, la squadra l’ha presa in culo in casa con la Lazio, la squadra è sì prima ma non più con 4 punti di vantaggio ma solo 1 (uno).
E’ la fine. Addio Inter. Siamo realisti. E’ triste, lo so: ma è così.
Tutto quello che è successo rappresenta un clamoroso precedente per la storia del calcio e dello sport in generale. Vediamo punto per punto.
L’allenatore rimprovera la squadra. Non era mai successo. L’allenatore di qualsiasi sport pensa alla tattica, alla tecnica e alla preparazione fisica, ma non a rimproverare la squadra. Mancini ha decisamente esagerato, andando al di là del suo ruolo in maniera inaccettabile. Un allenatore che rimprovera la squadra, ma diobono! Ma dove è mai successo? E’ una vergogna. L’allenatore di calcio è come il capitano giocatore della Coppa Davis: sta lì, guarda la partita, passa l’asciugamano, porta da bere, “oh, magari insisti un po’ sul rovescio”, “come va la caviglia?”, ecco, ‘ste cose qui. Mancini, vattene! Presuntoso!
Un giocatore litiga con l’allenatore. Non era mai successo. Ma come si permette un giocatore – un giocatore! ma santiddio, gente in mutande che non sa manco l’italiano! – di litigare con l’allenatore? Ho cercato su Google, su Wikipedia, niente: non è mai successo nella storia dell’uomo che un giocatore abbia litigato con l’allenatore. Poi ci credo che retrocediamo, figa. L’unico caso che vagamente assomiglia a ciò di cui parlano giornali e tv risale alla storia romana, in particolare alla vicenda Cesare-Bruto che, mi pare, finì male. E da lì, ora mi spiego perchè, nessuno in generico rapporto di subordine ha mai più litigato.
Un giocatore è scontento dell’esclusione. Non era mai successo. Dove mai arriveremo? Questa è superbia bella e buona. Anzi, è scemenza pura. I giocatori, da che mondo è mondo, sono contenti dell’esclusione perchè si riposano e, comunque, vengono pagati. Non è bellissimo? Celeberrimo a tal proposito l’episodio del calciatore brasiliano Ze’ Rinaldo che, avvertito dell’esclusione, ringraziò il mister, offrì da bere a tutti i compagni e si masturbò nella sala pesi del Maracanà durante il primo tempo.
Un capitano rimprovera il compagno che ha sbagliato. Non era mai successo. Di solito il capitano si strafrega il cazzo dei compagni, dell’allenatore, dello spogliatoio, della famiglia, del mondo, della vita e dell’eventuale aldilà. Sennò, voglio dire, perchè ti fanno capitano? Sei il capitano e, quindi, decidi tu cosa fare. Cioè: una beata cippa di niente. Perchè mai – dice un capitano – dovrei mettermi a litigare con un pirla che in cinque minuti ci ha fatto perdere la partita e cercato di uccidere un avversario? No, dai, è inaccettabile. Non era mai successo. Ma che cazzo gli è saltato in mente a Icardi?
Un giocatore litiga con il capitano. Non era mai successo. Con il capitano non è concesso litigare, anche perchè sarebbe inutile. Il capitano fa ciò che vuole e ti lascia fare ciò che vuole. E’ il principio della Casa delle Libertà proiettato su uno spogliatoio medio. Il capitano è un’espressione mediatica. Il capitano è un’ipotesi organizzativa. Il capitano non esiste. Prendiamo Totti, per esempio. Totti si lascia spegnere le sigarette sulle braccia pur non avere ulteriori rotture di coglioni. O Buffon. Buffon dopo l’allenamente indossa una tuta in latex e si fa camminare sopra con i tacchetti. Questi sono capitani. Non Icardi, che ti tocca pure litigarci. Massima solidarietà a Melo, che sicuramente è stato provocato.
La squadra fa troppi selfie. Non era mai successo. Tra l’altro è evidente il sottinteso dell’ormai famosa posa #epicbrozo che in realtà vuole dire: “Ma questi imbecilli strapagati e pure scarsi da dio per quanto tempo continueranno a imitarmi?”. Fare un selfie in amicizia è inaccettabile. Il selfie è odio. Se Bruto avesse avuto uno smartphone, ora avremmo l’ultima foto di Cesare vivo.
La squadra fa troppi party. Non era mai successo. Le squadre di calcio, com’è noto in tutto il mondo, osservano uno stile di vita parco, ritirato, modesto, quasi monastico. Mentre quei coglioni dell’Inter pasteggiavano a ostriche e champagne a Milano tre giorni prima di Inter-Lazio, il Real – tanto per fare un esempio – faceva servizio volontario al dormitorio pubblico El Barbòn di Madrid. Infatti poi la domenica ha vinto 10-2 col Rayo.
L’Inter fa tutte queste cazzate, lo prende in culo dalla Lazio e  resta prima in classifica. Non era mai successo. ‘spetta che controllo. No, no era mai successo.
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(nella foto, il Giudizio Universale)

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Renderli Allegri

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Se l’avversario dopo cinque minuti batte un angolo rasoterra verso un noto tiratore e tu hai nove giocatori in area di cui nessuno muove il culo verso il suddetto tiratore, hai giá ampiamente dimostrato a quale livello (low) sia la tua concentrazione. Peccato, perchè ti viene subito da pensare alle epic-feste infrasettimanali e alle foto in posa epic-brozo e, dunque, pensi male. Che poi magari, appunto, non c’entra un cazzo, ma tu hai giá pensato male – qui mal y pense – e ti senti svergognato – honny soit – anche se hai ragione.
Le serate cosí, al netto dei cenoni prematuri, prima o poi arrivano. Arrivano nel momento in cui le cose ti vanno bene oltre ogni aspettativa e tu sei troppo yeah. Arrivano nel momento in cui il tuo allenatore, all’ennesima pensata da fenomeno, dopo tanti successi resta vittima della sua stessa fervida immaginazione (per dire: a che pro risparmiare prima della pausa natalizia i tuoi uomini più in forma?). È la terza volta che prendi un gol all’inizio e poi non lo recuperi più. Tre sconfitte con un avvio simile e con dinamiche diverse. E se dopo la Fiorentina eri sbalordito e dopo il Napoli eri addirittura esaltato, dopo la Lazio sei solo un po’ arrabbiato e molto deluso.
Tutto questo nonostante la classifica dica che sei ancora in testa, lo sarai a Natale e lo sarai a Capodanno, e avrai l’occasione di esserlo anche alla Befana se sarai meno cazzone di cosí. Una circostanza che, al di lá di ogni possibile incazzatura e disillusione, ti deve oggettivamente far dire “hai proprio ragione, amico” a chi ti dice “ma tu avresti mai immaginato di essere in testa da solo a Natale?”. Vero, non lo avrei mai immaginato due, tre, quattro mesi fa. E provando a dimenticare Candreva e Melo provo a godermi la sensazione.
Che resta bellissima.
E quindi, visto che due rospi li avrei da sputare, lo faccio.

  1. Non voglio più sentire dal Mancio, com’è accaduto in settimana, che “ci sono quattro squadre superiori all’Inter: Juve, Napoli, Roma e Fiorentina”. Non mi interessa se questo sia vero o no, non me ne frega una beatissima cippa. Può darsi sia cosí. Solo, non lo voglio sentir dire dal mio allenatore alla vigilia di una partita. Perchè poi quei decerebrati dei calciatori somatizzano, e se perdono dicono occhei, ci sta, ci sono quattro squadre superiori a noi, quindi se arriviamo nei primi cinque va sempre bene. Io voglio sentir dire dal Mancio che vogliamo vincere lo scudetto, punto. Lo voglio sentir dire perchè sia un impegno, un obiettivo. Poi arriva pure quinto, no problem. Ma oggi, a 21 giornate dalla fine, in testa ci siamo noi. E, per favore, comportiamoci, pensiamo, viviamo da capolista.
  2. Il danno immane di stasera è che hai fatto recuperare tre punti in un colpo solo a tutte e quattro le squadre che ci sarebbero superiori. Soprattutto ai gobbacci. Io, bauscione impenitente e zuzzurellone, scrissi su Facebook il pomeriggio di Juve-Frosinone (riferendomi a una dichiarazione di qualche giorno prima): “Allegri ha detto che vuole recuperare lo svantaggio entro Natale, ma non ha specificato di quale anno”. Ecco qua, l’anno era il 2015. E insomma, nel breve volgere di una domenica sera, abbiamo resuscitato più morti viventi noi, che George A. Romero in venti film. Adesso li hai tutti attaccati ai coglioni, e la capolistitudine diventa un po’ più stressante.

Comunque Buon Natale, forza Inter e Juve merda.

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Cose che non si sapevano dell'Inter

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L’Inter non vince solo 1-0. Dicono che Marotta, travestito da delegato azerbaigiano, abbia chiesto alla conferenza di Parigi di votare una risoluzione contro le vittorie per 1-0 con la motivazione che “fanno alzare la temperatura del pianeta di 2,1 gradi al decennio”. Thohir, preoccupato per le ripercussioni sul merchandising in Indonesia, ha chiesto in ginocchio a Mancini di fare in modo che l’Inter vincesse da subito con altri punteggi, “vanno bene tutti”. Mancini ha cosí schierato un agile 4-2-3-1, con la prospettiva – nel caso le cose si fossero messe male – di far entrare Palacio al posto di Melo e Manaj al posto di Miranda giá al 15′ del primo tempo.
L’Inter non gioca sempre male. Incredibilmente, l’Inter non fa cagare il mondo intero come al solito. Manovra, contropiedizza, pressa, scambia, traccheggia, crossa, tira, tacca, insacca, incula. La gente non si indigna. Peggio: la gente non si annoia. Inaudito: la gente vede gol della madonna. Decine di giornalisti devono cambiare l’attacco dei loro pezzi. Alcuni lo devono cambiare tutto.
Montoya è vivo. È sicuramente il dato più sorprendente della serata. Su Montoya si erano sparse alcune voci contrastanti: 1) è morto da alcuni mesi, solo che non hanno il coraggio di comunicarlo al Barcellona; 2) è giá stato ceduto in subaffitto a una squadra della serie B degli Emirati Arabi, dove gioca sotto il falso nome Diego de la Vega; 3) si è fatto monaco e confessa i fedeli tutti i sabati pomeriggi all’Abbazia di Morimondo; 4) non è mai esistito, è un effetto distorto della legge Bosman.
Icardi non pensa solo a ciulare e a farsi rapinare l’orologio. Nei ritagli di tempo fa gol da centravanti vero. Addirittura anticipa e ruba palla (questo è scorretto, nessuno se lo aspetta da un pigrone bimbominkia del genere).
Mancini ha ragione. Punto.
L’Inter è prima. Pur non rientrando normalmente tra le prime sei-sette squadre favorite per lo scudetto secondo i maggiori commentatori, l’Inter è prima. Ormai siamo alla sedicesima, ma è sempre prematuro. Nelle ultime sette partite, l’Inter ha perso a Napoli prendendo due pali al terzo minuto di recupero dopo aver fatto sedere sulla tazza Sarri & C. per mezz’ora: le altre sei le ha vinte senza subire un gol. Ciononostante il Napoli è campione d’Italia in pectore, a meno che non lo vinca la Juve, e comunque la Fiorentina è molto bella e la Roma uh che potenziale ha la Roma. L’Inter comunque è ben messa per l’Europa League, e questo non ce lo puó togliere nessuno.

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Un po' slavi e un po' cinesi

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E’ la cosa che ci riesce meglio, perchè non replicarla – anche all’infinito, ragazzi, per me non c’è problema – ? Siamo i cinesi di noi stessi: ci copiamo, e sempre un pochino meglio. Ci siamo sfogati col Frosinone, ci siamo dati una dimensione adulta nella sera della sconfitta di Napoli: bene, basta seghe, ora torniamo alla nostra principale occupazione e inclinazione: vincere per 1-0 indignando gli amanti del bel giuoco, gli esteti dalla vita tormentata – una vita ad rosicandum, perché così brutti non siamo, e che cavolo. Il rumore dei nemici si avvicina, in serate come questa, ai decibel di una segheria Ikea. Non che ce ne sia poi il motivo: manca un numero astronomico di partite, il Natale e la Juve fanno la stessa cosa – si avvicinano -, quasi sei mesi di campionato sono ancora da giocare, uh, è tantissimo, quasi troppo. Ma insistere sulla provocazione dell’1-0 è diabolico, perchè perseveriamo, e questo ci piace. Vogliamo battere il record degli 1-0, vogliamo battere il record del truciolato per chilometro quadrato, vogliamo battere – no, non vogliamo, ma ormai sarà così, è scritto – il record del rapporto negativo tra falli fatti ed espulsioni subite, o quello del numero di cannonieri slavi e decisivi. Vogliamo tanto, tutto. E mi raccomando: giocando male, che è più bello.

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A star is born

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Nella stagione dei paradossi – brutti e ohibò, davanti a tutti – e degli 1-0 a nastro, l’Inter diventa grande nella serata in cui trova una squadra davvero più forte, con l’attaccante più fottutamente in forma del mondo, e perde la partita e perde pure il primato. L’Inter diventa una grande squadra perdendo, non avendocela fatta del tutto a diventarla vincendo. C’è stata più densitá, c’è stato più cuore, c’è stato più gioco – il gioco! – nel secondo tempo di Napoli, giocato in 10 e dopo un frustrantissimo gol del 2-0 che avrebbe ammazzato un bisonte, che in tutto il resto del campionato. Se esiste una legge di compensazione, abbiamo purgato tutto il culo di 13 giornate con due pali presi nei minuti di recupero. E se in altre occasioni avrei sfasciato la casa e poi, non pago, avrei aperto le finestre per urlare
aaaaaaaaaaaaaarghhhh!!!!
alla luna e ai condòmini strappandomi i vestiti come Hulk, o come Pozzecco, stavolta resto incredulo ed esausto e penso a quando ho visto l’ultima volta l’Inter giocare come nel secondo tempo di Napoli e no, non mi viene in mente.  Aspetta, provo a ripensarci. No, niente.
Grazie ragazzi. Grazie per non esservi fermati alle apparenze. Gol a freddo (ditemi voi a quale altro giocatore sarebbe venuto in mente di fare un tiro del genere) più espulsione (ridicola, Callejon ha simulato, Allan sfiorato con le scapole): sembrava la replica di Inter-Fiorentina e sareste stati giustificati. E invece no. Non siamo spariti. Non abbiamo rinunciato. Ce la siamo giocata fino al 94′, in uno stadio in preda all’effetto Euchessina.
Bravi tutti. Bravo il Mancio nei cambi (fuori Icardi, impietoso il confronto con Higuain, e partita ribaltata in 10 contro 11), bravo il Mancio dopo la partita (su Premium ha mandato affanculo una intera generazione di commentatori), fantastici Ljajic e Perisic, ma bravi tutti, tutti. Perdendo, abbiamo dato il più impetuoso segno di vita dall’inizio dell’era Thohir. Perdendo, abbiamo dato un clamoroso perchè alle 13 partite precedenti: se facevamo schifo ed eravamo primi, adesso dove possiamo arrivare?
Comunque sia, e comunque vada, grazie Inter: ci sono altre 24 partite e non è cambiato nulla. Ma sei cambiata tu.

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La prova del nove

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È la nona volta, su tredici giornate, che andiamo a letto canticchiando di salutare la capolista.  È la nona volta, su tredici giornate, che vinciamo. È la nona volta, su tredici giornate, che gli altri si impegnano ma non deflorano la nostra porticina. E tenendo presente che nove sono anche i punti di vantaggio sulla Juve, la prova del nove ci dá straragione e ci titilla l’emisfero della golositá. Siamo la numero 1 e abbiamo 8 giorni (1+8=9) per preparare la prova del nove vera, verissima. A Napoli si fará l’esame di maturitá di questa squadra specializzata (tranne stasera, e vabbe’) a trarre il massimo facendo il minimo, come quegli studenti furbi e talentuosi che si sprecano la metá degli altri e hanno inspiegabilmente una pagella della madonna, piena di nove, ovviamente.
L’Inter si è concessa una di quelle serate liberatorie che fanno solo bene, tipo quando fai la dieta e ti dicono che una volta alla settimana puoi sgarrare e il quel pasto lí ti sembra che tutto abbia un gusto un po’ speciale. Naturalmente diranno “eggiá col Frosinone eggiá”, dimenticandosi di Juve-Frosinone e facendo finta di non aver visto Fiorentina-Empoli. Le partite bisogna vincerle, punto, e noi siamo in questo periodo fatato che le vinciamo non proprio tutte ma molte, essí, per la precisione nove.
Il Mancio continua con le rotazioni e i fatti gli danno ragione, confermando che noi normolinei non capiamo un cazzo. Segniamo quattro gol, di cui tre di giocatori al primo gol in campionato, e sono due belle cose (4+3+2=9). L’altro gol è di Icardi (il 9).  Napoli diventa lo snodo del campionato, uno snodo per noi ma anche per il Napoli, e anche per la Roma che è in agguato, e anche per tutti le altre che tiferanno Napoli perchè la capolista – no, ricordiamolo – siamo noi. Dopo Napoli-Inter inizierá il campionato, quello senza se e senza ma. Mancheranno 24 partite ancora, ma la prova del nove ci dirá cosa aspettarci con sempre minore approssimazione.

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L'uno a zero che impazzire il mondo fa

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E sono 12, e siamo ancora in testa, e per otto volte non abbiamo preso gol, e per sette volte abbiamo vinto 1-0, e l’Italia intera non si capacita di questa bizzarria pallonara declinata al minimalismo. Per fortuna oggi c’era Marquez ad alzare l’asticella della indignazione, altrimenti si sarebbe aperto il solito dibattito tecnico-filosofico su questa squadra che fa cagare eppure capeggia la classifica e quindi – come dire – c’è qualcosa che non va, non è possibile, non si può, le cavallette! Ecco, l’Italia si è concentrata su questa perversione – giocare poco e male, subire poco e niente, essere primi in classifica. Forse andava meglio quando le squadre rubavano o si drogavano: era più brutale ma spiegabile, non servivano grandi sforzi cerebrali, era più automatico rassegnarsi. Ottenere il massimo con il minimo invece ha un che di immateriale e di misterioso: l’uccello padulo vola basso e questo dá fastidio.
Miglior difesa, miglior rendimento in trasferta, minor numero di sconfitte, quinto peggior attacco. Tutto ciò è meraviglioso, un cocktail micidiale per gli altri che – come biasimarli? – non capiscono e si incazzano. Lasciamo scorrere, finchè dura.
Ecco, quanto durerá? E chi può dirlo? Andare a Torino a vincere, e in effetti vincere con la solita dose di ingredienti manciniani – palle, culo, cinismo, confidence – è stata una bella cosa, una missione compiuta, un obiettivo centrato perchè sí, perchè una vera alternativa non c’era e un pareggio – che a Torino ovviamente ci sta – sarebbe stato un’occasione persa.
I difetti (o perplessitá, o punti critici) di questa squadra si stanno trasformando in pregi di partita in partita. Segniamo poco? Ma vinciamo assai, vivaddio, e sulla rotonditá dell’1-0 basta andarsi a rileggere la lezione di Boskov. Cambiamo sempre formazione e modulo? Vero, ma siccome adesso la base statistica è di 12 partite sale impetuoso il sospetto che il Mancio abbia le sue porche ragioni. Una volta schiera l’Inter slava, la volta dopo schiera l’Inter con gli slavi tutti in panca e il risultato è lo stesso, 1-0, e allora viva il Mancio che – com’è noto – ne capisce più di noi, molto. Viva il Mancio che riesuma terzini mazzarriani e vince uguale. Viva il Mancio che mette in panca chiunque e poi lo scongela ad arte. Viva il Mancio che tiene tutti sulla corda.
E poi, insomma, godiamoci questo fottuto privilegio di essere capolista e poter pensare nel contempo  che – segnando poco, giocando male, eccetera – il meglio debba ancora venire, The best is yet to come. La pausa della Nazionale diluirá le sensazioni. Due altre settimane in testa senza fare un cazzo. Il rumore dei rosiconi si alza impetuoso, e navigar ci è dolce in questo truciolato.

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La Grande Mancezza

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Spiaggia, sabbia, sole, odore di crema al cocco, troppo presto per fare il bagno, partita a bocce. Boccino con tante bocce intorno, vicine, alcune tue, altre altrui, generalmente più vicine delle tue al pallino bianco, affollamento, casino. Sguardi scettici mentre tu, invece di piazzarne un’altra into the box e cercare di limitate i danni, scegli la soluzione più fantasiosa, bocciata generale alla cazzo, e c’è giá intorno gente che ridacchia e si dá di gomito prima ancora che tu carichi il colpo, gli avversari mentalmente fanno giá la somma dei punti, rumore di vetri infranti, cose cosí. Tu te ne fotti e persegui il tuo folle piano, ci pensi ancora un attimo e woooosh, lasci andare la boccia con un elegante movimento avambraccio-polso. Potrebbe rompere il parietale alla massaia della prima fila, o bucare il pedalò sullo sfondo, o sfiorare i 12 bambini del miniclub mentre l’animatrice sviene per lo spavento come una damina tisica. E invece sbammm!, la boccia va a finire nel traffico e vedi altre bocce volare via, di colore diverso dalla tua, tra sboffi di sabbia e ohhhhh del folto pubblico. Giuoco, partita e incontro.
In linea teorica non c’era alcun dubbio che Mancini sapesse il fatto suo e noi non ci capissimo una beata fava. Ecco, ora anche in linea pratica. Lui aveva davanti una situazione complicata (la Roma e i suoi 25 gol in  10 partite) e woooosh, ha fatto le mosse giuste, rispolverando due esterni mazzarriani e tenendo fuori El Nino del Pube de Oro. Argh!, ho fatto leggendo le formazioni verso le or 20,20 circa. Mai come in quel preciso istante ho sperato di non capirci un cazzo.
Ecco: non ci capisco un cazzo.
Ed è un sollievo, credetemi. Sai che risparmio di tempo? Perchè star lí a elucubrare formazioni funzionali a determinati schemi, quando c’è un allenatore che lo fa meglio di te? Capperi, mi si apre un mondo. Avrò del tempo libero. È bellissimo.
Quanto a Icardi, voglio sperare che non sia stata solo una scelta tecnica, ma una punizione. Un capitano certe cose non le dice. Un giocatore sí, non è bello ma a un centravanti può scappare.  Un capitano no, le pensa ma non le dice, neanche sotto tortura. Ma voi ve lo vedete Zanetti, alla domanda “Scusi, ma lei non è stufo di sgroppare per gli altri a 40 anni?”, con una roba del tipo “Se non corro io qui non corre un cazzo di nessuno, non vede che branco di smidollati?”. Maurito imparerá a fare il capitano, di tempo ne ha.
Ma torniamo a noi e alla nostra classifica che adesso poggia le terga su un gruzzoletto di partite statisticamente significativo. Perchè ormai sono 11, le partite, e siamo (ancora) in testa. Ormai sono 11 e per 7 volte non abbiamo preso gol. Ormai sono 11 e per 6 volte abbiamo vinto 1-0, il risultato ansiogeno ma perfetto, il minimo sforzo con il massimo risultato. Ormai sono 11 e abbiamo 24 punti, ottenuti con soli 11 gol e – ribadisco – in questo non possiamo che migliorare.
E poi ci sono i segni. Medel che tira alla que viva el fratacchion e la infila dopo quei sedici-diciassette rimbalzi che intanto pensi che la prenderebbe anche un bambino dell’asilo e invece no. Handanovic che batte il record di parate/secondo e la Roma che batte il record di cagate/secondo nella stessa azione. Dai, sono segni.
Il problema è che tra l’1 e il 28 novembre giocheremo solo due partite (io la Nazionale la abolirei) e il 29 andremo a Napoli. Ecco, facciamo che ne riparliamo il 29 sera. Nel frattempo salutate la capolista, che noi vi facciamo ciaone e buonanotte.
 

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