Precisamente, di cosa dovremmo parlare? No, perchè gli argomenti di contorno sono tutti finiti nel cesso. Il mio, almeno. Di cesso, dico. E ho già tirato l’acqua. Flush. Non parlatemi di Rocchi, di designazioni, di errori, di complotti et similia, lallallallallallallalla, no, non sento, non sento niente. C’era un tempo in cui gli arbitri – e il sistema – tentavano di fotterci e noi, per risposta, vincevamo. Oggi no, rilassatevi: nessuno vuole fotterci niente. Non c’è bisogno. Oggi, all’Inter del secondo tempo, sarebbe uno spreco tentare di fottere alcunchè. Siamo come Fantozzi nella mitica scena della radiolina all’ingresso del cineforum. Non serve il metal detector o la perquisizione corporale: la radiolina, alla fine, la consegniamo noi.
In tre partite stagionali con la Juve (e la quarta è fra tre giorni) abbiamo segnato zero gol, e questo è un fatto. La partita del girone d’andata sembra preistoria: la Juve era in crisi e noi eravamo molto più avanti. Oggi la Juve fa la Juve e noi facciamo ridere, o piangere, questione di angolazioni. Tutto questo nel breve volgere di qualche mesetto, nel corso dei quali siamo andati in testa con quattro punti di vantaggio e poi ci siamo inculati tutto – i punti, la vena, la garra, la reputazione – tanto da arrivare questa sera a una triste messinscena prima in campo (un secondo tempo da prenderli tutti a calci in culo) e poi in zona mista, dove tra allenatori afoni e direttori sportivi incazzati abbiamo toccato il fondo stagionale dell’immagine e della credibilità.
I nodi vengono al pettine, prima o poi. Perdere a Torino ci può anche stare, ovviamente, ma:
- la vecchia storia del “c’è modo e modo” resta tristemente attuale, ineludibile e necessaria;
- le nefandezze degli ultimi due mesi – Sassuolo, Atalanta, Carpi, Verona: tre punti invece di minimo 10 – alla fine ti chiedono il conto, e se stai giocando con il Milan o la Fiorentina o la Juve (e sei depresso di tuo) o tiri fuori l’orgoglio o finisci col cagarti nei Pamper’s e chiamare la mamma. Nei momenti-clou non siamo mai usciti dal campo con la coscienza a posto, mai.
L’allenatore afono si è smarrito nei meandri della sua iper-creativita, dove ha perso il bandolo e il senso della realtà. Le formazioni fuzzy e i cambi al novantesimo ci hanno divertito finchè si vinceva con un tiro a partita. Adesso, purtroppo, ci hanno rotto il cazzo. E non è questione di scendere da certi carri. E’ questione che contro le pari grado o ti entra un tiro di merda di Medel da 30 metri oppure è buio totale. E questa è la storia del campionato, dati alla mano, senza scendere e salire da nessun carro: solo leggendo risultati e numeri. I giocatori hanno le loro belle responsabilità, l’allenatore ha le sue (mi sembra una replica di Garcia alla Roma), la società ha le sue. L’auto-assist di D’Ambrosio è una splendida sintesi di tutto questo.
Il risultato?
Col Milan un punto indietro (è stato a meno 11) e con la Juve 13 punti avanti (è stata a meno 9) non ho più niente da dire. Niente.