A sei giorni dalla fine ogni bilancio è prematuro, ma il medagliere-ombra ci dice che siamo arrivati 15 volte quarti e questo, in qualche modo, contribuisce a dare una dimensione alla spedizione italiana. Sono 15 quasi-medaglie, 15 volte in cui ci siamo arrivati vicini vicini. Perchè un conto è essere eliminati ai sedicesimi di finale o in batteria, e un conto è arrivare quarti: non si prende niente uguale, ma non è la stessa cosa. E al momento di stilare pagelle io lo sottolineerei. Intanto, sarebbe bello se questi 15 quarti posti facessero scattare un meccanismo di compensazione. E forse, oggi, è successo proprio questo.
Nella ginnastica, abbiamo preso un oro e un bronzo nella trave, impresa al limite del paradossale considerando che c’era in gara la Biles e che la trave è il suo attrezzo preferito. Roba da non accendere nemmeno la tv. Ma succede che anche la Biles ogni tanto cada e, di conseguenza, arrivi quinta. Ecco, se succede – perchè gli eventi a volte prendono una piega inattesa – bisogna essere lì pronti a cogliere certe occasioni pazzesche: e le nostre ragazze oggi c’erano. Se la Biles avesse vinto il suo scontatissimo ennesimo oro (per inciso, ha cannato anche il corpo libero: “solo” seconda), la D’Amato sarebbe stata argento e la Esposito quarta, il sedicesimo irritante quarto posto di questi primi 10 giorni olimpici. Grandi ragazze, il culo bisogna anche guadagnarselo.
E’ successo una cosa simile anche alla nazionale di pallavolo, che gioca una buona partita, a tratti ottima, ma ha di fronte un Giappone pazzesco, una banda di gente snodata ed elastica che picchia di brutto e per un’ora e mezza ne ha fatta di ogni. E che a un certo punto, al terzo set, sul 2-0 e sul 24-21, ha avuto tre match point. Beh, sembrava finita, ma non lo era. Alla fine ha vinto l’Italia, perchè i miracoli nello sport avvengono e quel po’ di culo che serve bisogna sfruttarlo all’ultimo milligrammo. A guardare la partita, sembrava di assistere a una specie di finale anticipata: nel senso che sul 15-15 del quinto set, dopo 2 ore e 40 minuti di match divertente e ansiogeno, risultava difficile pensare a chi potesse battere la superstite in semifinale o in finale. Naturalmente non funziona così, bisogna resettare tutto e ripartire. Ma i miracoli avvengono e il culo bisogna guadagnarselo, è una lezione senza tempo.
Sono contento che sia finita la scherma (almeno credo), che è stata in generale un po’ frustrante. E sono contento che sia finito il tennis: ne vedo fin troppo durante l’anno per vederlo anche alle Olimpiadi, dove è uno di quegli sport che restano un po’ dei corpi estranei, anche se ci ha dato due belle medaglie (addirittura un oro, anche se i tre tornei di doppio, diciamolo, non sono stati un granchè tecnicamente) (e poi non posso sopportare che i vincitori del doppio misto prendano l’oro come chi vince i 100 metri, no, non si può).
Il finale è stato col botto, un partitone clamoroso tra Djokovic e Alcaraz in cui ha vinto quello di 16 anni più vecchio, capace di avere ancora la fame giusta per prendersi l’unico alloro individuale che gli mancava. Djokovic, a 37 anni, dopo aver vinto 24 Slam (su 37 finali), 40 Master 1000 e 7 Atp Finals, voleva la medaglia d’oro alle Olimpiadi e se l’è presa. Ha giocato i due tie-break con un killer instinct mostruoso, approfittando di ogni mezzo cedimento di Alcaraz che alla fine non si è capacitato di aver perso una partita giocata a questo livello solo per tre o quattro errori veniali.
Oggi le emozioni me le hanno date solo i vecchi, a cominciare dal mio non-amico Mauro Nespoli – 37 anni come Djokovic – che nell’arco è arrivato ai quarti di finale in tutti e tre i tornei che ha disputato, individuale squadre e misto. Era alla sua quinta Olimpiade, chissà se ce ne sarà una sesta, probabilmente no, ma può tornare a Voghera con la coscienza più che a posto.
Forse è eccessivo considerare vecchio Greg Paltrinieri, che farà i trenta fra qualche settimana, ma nel nuoto – e nelle sue specialità, poi – tre Olimpiadi sono tante e cinque medaglie (due in questa edizione) sono un’enormità. A (quasi) trent’anni ha nuotato i 1.500 in due centesimi in meno di otto anni fa, e quello che lo ha battuto ha fatto il record del mondo.
E forse è eccessivo considerare vecchio anche Jacobs, anche lui come Greg in procinto di farne trenta. Arriva da tre anni pazzeschi, pieni di incidenti e di cambiamenti, ed è arrivato quinto in una finale in cui l’ultimo ha corso in 9″91, una follia. Oggi ha corso due volte sotto i 10″ nel giro di meno di due ore, facendo in finale il suo secondo miglior tempo dopo Tokyo, 9″85. Era l’unico europeo in gara. Chi batte un colpo nelle occasioni che contano è un campione. Lo è Marcell, lo è Greg, lo è Nole, e lo è pure Mauro.
Non mi ricordo in quale delle due Maratone di Roma che ho corso (2008 o 2014) mi è capitata la scena irreale, quasi felliniana che mi appresto a raccontare. Intorno al 25esimo km si arriva al Foro Italico e mentre siamo sotto un viale alberato vedo una ragazza al lato della strada che aspetta di attraversare, cioè aspetta il momento giusto di passare attraverso il gruppone un po’ sgranato ma pur sempre fitto dei podisti. La cosa irreale è che la ragazza ha un surf sottobraccio. Se mi fossi trovato a Nazaré o a Biarritz ok, nessun problema. Ma ero a Roma, a metà marzo, e stavo correndo la maratona. I casi quindi erano due: o io stavo avendo le allucinazioni, cosa possibile ma un po’ prematura (di solito ti vengono dopo il 35esimo, una volta mi è apparso Moratti che mi benediceva con uno scappellotto), o la ragazza era Alessandra Sensini.
Cioè, giuro: era davvero Alessandra Sensini.
Beh, non è che tutti i giorni si incrocia per strada una medaglia d’oro olimpica con un surf sottobraccio, ma a me è successo. Oggi la Sensini era in studio a commentare la vittoria di Marta Maggetti, la surfista che 24 anni dopo ha eguagliato la sua impresa. La regata è stata molto divertente: quando è iniziato il collegamento c’era in testa una tizia inglese, seconda un’israeliana e terza la Maggetti. Mi sono alzato un minuto per farmi un Nespresso e al mio ritorno, con la tazzina in mano, noto che l’italiana è prima e l’inglese terza. Non so cosa sia successo in quel minuto, ma sono favorevole. I windsurf volavano a pelo d’acqua, roba da matti. La tizia inglese ha pianto per ore.
Il Foro Italico è il link più diretto all’altra medaglia di oggi, quella di Lorenzo Musetti nel tennis. Domani sarà sul podio con Alcaraz e Djokovic e ne può andare fiero. Il suo tennis è una bellezza, un’aggiustatina al fisico e alla testa e sarà tra i top ten. Giornata un po’ sfigata, la Quadarella ancora quarta (ma facendo una grandissima gara, non quei timidi 1500 dell’altro giorno) e Fabbri quinto nel peso, avendo annullato per una strusciata di tallone un primo lancio mostruoso che gli avrebbe dato minimo l’argento. La cosa più divertente della giornata è stata la gara a squadre miste di judo, una roba tipo Jeux sans frontières. Imane Khelif ha vinto ai punti contro un’ungherese, che pare sia viva.
Un problema serio – e risolto, come dire, per prescrizione – lo è stato per lo sport mondiale la Semenya, figuriamoci se non è un problema che una donna con un alterato livello di testosterone partecipi al pari di altre donne a una gara in cui ci si danno pugni l’un con l’altra, cioè, si usa la forza pura in un sport di contatto. Sì, è vero, è un problema e non lo hanno risolto adeguatamente, un po’ come hanno fatto con l’inquinamento della Senna in cui hanno fatto gareggiare i triatleti giurando che improvvisamente era balneabile. Ok, è un problema. Ma è un problema il genere umano nel suo complesso, uomini e donne che improvvisamente – senza saperne un cazzo di un cazzo di niente – diventano bioscienziati così com’erano diventati tutti virologi nel 2020. E’ un problema – che nell’era Covid ha vissuto il suo acme – che le voci di chiunque assumano un valore, specie se sono voci sguaiate, e che assumano un valore pari o superiore a quella dei veri cultori della materia, che nella bolgia diventano impercettibili. E così come mi dovevo sorbire i sermoncini sul Covid che non esisteva da pensionati postelegrafonici e casalinghe complottiste, adesso devo assistere a lezioncine su testosterone e valori dello sport da magazzinieri e sciampiste, oltre che dalla feccia delle fecce: i politici. Politici di altissimo livello – parliamo minimo di ministri – che dicono che Imane Khelif è una trans, è un uomo. No, mi dispiace, non lo è. Non lo dico io, eh?
Disclaimer: il solo fatto che Salvini abbia espresso un giudizio su questa faccenda, per me è già dirimente. Io sto di default dall’altra parte, per qualsiasi cosa. Amo l’Inter, non voglio il ponte di Messina, sono per una immigrazione controllata, sono contro l’autonomia differenziata e sto per diventare il primo tifoso di Imane Khelif.
Naturalmente, anch’io non sono uno scienziato e non saprei spiegare nulla sulle proprietà del testosterone, se non che a volta provo delle pulsioni mentre gioca l’Inter e mi sento molto forte. E infatti, a differenza di ragionieri di banca e operatrici sociosanitarie che vedo pontificare di Scienza sui social, io lascio parlare la Scienza. Che, per inciso, senza negare che ci sia un problema, afferma che Imane Khelif è senza dubbio alcuno una donna. Che produce in maniera naturale una quantità assolutamente fuori dalla media di testosterone. E’ giusto, stando così le cose, che questa donna combatta con donne con meno testosterone di lei? Non lo so. Il CIO ha deciso così e, se permettete, questa cosa in effetti la deve decidere il CIO, nè io, nè voi, nè i pensionati postelegrafonici, le sciampiste eccetera.
Ok, mi direte: la federazione mondiale bla bla bla. Ma voi sapete di che federazione si sta parlando? Di quella IBA che non è più una federazione affiliata al CIO, da quando fu sospesa nel 2019 per scandali amministrativi e di corruzione? No, è solo per dire che anche tra CIO e IBA c’è un problema, e io mi fido più del CIO di una federazione clandestina che si è spostata in Russia (nazione notoriamente ligia e rigorosa con lo sport, il doping eccetera).
Poi c’è l’Italia che ha un problema, che è un problema soprattutto dei suoi attuali politici, che riflettono in un circolo vizioso quello della pancia di una certa fascia di popolazione: l’ossessione patetica, retrogada, disgustosa, per la questione dei generi, una roba oscurantista al limite del vomitevole. A voi piace? Siamo in democrazia. A me no.
Vannacci, del resto, vende mille volte più libri di me, quindi muto (io). Quanto a Imane Khelif, non è Mike Tyson. In carriera non ha vinto un cazzo di importante. Magari vincerà le Olimpiadi, e sarà una cosa interessante, perchè qui si faranno le fiaccolate e io dalla finestra le guarderò passare ribaltandomi dal ridere. Se invece non le vincerà, sarà l’ennesima manifestazione a cui parteciperà in cui viene battuta da un’altra pugilessa, sicuramente con meno testosterone (perchè nessuna ne ha quanto lei). Finora è andata spesso così, ha perso nove volte in carriera. Con donne, non con uomini. Donne.
Donne come la nostra azzurra che al primo pugno se n’è andata. Questo è spirito olimpico? E’ più olimpica Imane Khelif o Angela Carini? Chi l’ha consigliata di fare una stronzata del genere? Di rinunciare alla sue Olimpiadi in nome di una battaglia che, fino a prova contraria, non ha ragione di esistere? Prendere dei pugni, per un pugile, è l’essenza del gioco. Anche che le armi siano pari, certo, è l’essenza del gioco. Ma non è Salvini o la Meloni a stabilire che ci sia una disparità e a farne una questione che con lo sport non ha più nulla a che vedere. E’ tutta l’Olimpiadi che piagnocoliamo contro arbitri e giudici, ma questa cosa di Imane Khelif è oltre. Il complottismo, l’oscurantismo e il nonsouncazzomavispiegocomevailmondismo sono tre cose che mi fanno troppo girare i coglioni.
Mi ero convinto di una cosa, riguardo la canoa slalom: che la trasmettessero soltanto per consentire alla Rai di tenere impegnato Bragagna prima dell’inizio dell’atletica. Non mi spiegavo queste lunghe dirette a vedere gente prevalentemente straniera che nuota contromano su un torrente finto. E anche oggi, lo confesso, con l’italiano settimo nella prima manche mi sono chiesto per quale ragione il palinsesto pomeridiano girasse intorno a ‘sta roba. Quindi ti chiedo umilmente scusa, Giovanni De Gennaro.
Del judo e della sua spaventosa fisicità ho già detto. In più, mi ero piuttosto scocciato di vedere perdere e protestare gli italiani (come nel pugilato, come nella scherma), sicuramente con qualche ragione, ok, ma sempre lì a piagnucolare, dai. Vabbe’, oggi ci ha pensato la nostra ragazzona di Roncadelle (anche De Gennaro è di Roncadelle: che acqua bevono a Roncadelle?) a sistemare le cose e a prendere una medaglia che riabilita una spedizione che ne prometteva un tot e stava tornando a casa scornata. Quindi ti chiedo umilmente scusa, Alice Bellandi (e grazie per quel bacio che sdogana un po’ di cose).
La giornata era iniziata male con la marcia (due medaglie preventivate, zero prese, non può andare bene sempre) e proseguita molto bene con il tennis, dove siamo in due semifinali e ce la giocheremo (Musetti è chiaramente in competizione con me per la storia delle imprese, ora vuol fare lo splendido e andare a medaglia con davanti Djokovic ed eventualmente Alcaraz, tzè). Peccato per le fiorettiste, ma con gli Usa perdono quasi sempre, non so perchè. E peccato per la D’Amato quarta nella ginnastica, grande gara. E peccato per il canottaggio, altro quarto posto, i quarti posti sono una roba brutta, meglio quinti o sesti (tra l’altro si può piagnucolare con un certo margine di sicurezza). Comunque tre medaglie al dì è proprio un bell’andare: la prima settimana è sempre da fieno in cascina, poi arriva il difficile.
Ma poi, cos’è il difficile quando a un certo punto vedi Al Bano cantare sul tatami del judo e poi fare un selfie con Snoop Dog? Cos’è il difficile? Adoro le Olimpiadi per questo loro sorprenderti ogni volta che ti rilassi e pensi di avere già visto tutto (e invece no).
Oggi le medaglie sono arrivate da sport umili, quelli che durante i prossimi quattro anni vedremo solo su Raisport in diretta alle 9 di mattina o in replica alle 3 di notte. Viva i canottieri che si fanno un mazzo così (spiace per la Quadarella, anche lei si fa un mazzo così) e viva la Stanco, che ha uno dei cognomi che in assoluto meno si coniugano con lo sport a un certo livello, in cui essere stanchi è vietato. A proposito di stanchezza, mi sembra opportuno tornare a una delle imprese meno celebrate di queste Olimpiadi, quella di Musetti (il giocatore esteticamente migliore del circuito, peraltro).
Musetti ha esordito nel tennis lunedì alle 15 contro Monfils. A Parigi, appunto. Ma lunedì mattina all’alba si è svegliato che era ancora in Croazia, dove domenica sera aveva giocato (e perso) la finale di Umago durata tre ore contro Cerundolo, finita al tie break del terzo set. Finisce di giocare tipo quasi alle 23,30, poi c’è la premiazione, arriva in albergo che è l’una, non dorme quasi niente per il nervoso, alle sei si alza, va in aeroporto e alle 9 è a Parigi. Va in camera, si riposa mezz’ora, poi mangia qualcosa con la nazionale di pallavolo, poi va al Roland Garros, gioca e batte Monfils.
Io pensavo che il giorno dopo come minimo non avrebbe sentito la sveglia. E invece la sente, si alza, batte Navone e via, lamentandosi perchè c’erano 40 gradi e manco gli davano l’acqua da bere ai cambi campo (questi merdoni del francesi, a livello organizzativo, non sono proprio impeccabili). Oggi ha battuto Taylor Fritz, no dico, Taylor Fritz ed è ai quarti. Domani gli tocca Zverev, sempre a un orario infame. Tra adrenalina e fiducia (perchè di fiducia ne ha un sacco, sta giocando al top da settimane) sta arrivando a vedere il podio e io sarei molto contento per lui.
Credo che ognuno di noi abbia le sue imprese tipo Musetti. Io ne ho due e sono entrambe collocate alla maratona di Reggio Emilia.
2007, è la mia seconda maratona. Parto da Pavia tipo alle 5,45, fa un freddo cane, indosso scioccamente una maglia termica e in macchina col riscaldamento a palla sudo. Quando arrivo a Reggio, vado al ritiro pettorale e prendo freddo. Inizio a sudare, mi sento svenire, vado negli spogliatoi dello stadio (quello vecchio, in centro), mi stendo su una panca e rimango lì a vedere se mi riprendo. Il tempo passa e non ho voglia di alzarmi. Fuori l’altoparlante dice che mancano 5 minuti alla partenza. Boh, provo. Parto per ultimo, mi riprendo bevendo tè caldo ogni 5 km, la finisco.
2015, è la mia quindicesima maratona. Parto il giorno prima, dormo in albergo, l’albergo che avevo notato nel 2007, le vetrine davano praticamente sulla linea di partenza, e mi ero detto: cazzo, se torno a correre a Reggio mi prendo una camera qui. Quando arrivo, e già mi pregusto il mio albergo supercomodo, mi accorgo che hanno spostato la partenza un paio di km più in là, ma vaffanculo, comunque niente, sono lì, tutto a posto. Per il nervoso non dormo. Mi alzo, vado alla partenza, corro, arrivo. Maluccio, ma tutto a posto. Mangio un panino, vado in macchina, torno a Pavia, mi cambio e vado a lavorare (finirò a mezzanotte). Adesso che ci penso: Musetti me spiccia casa.
Non fatemi più vedere il judo. Cioè, io ero rimasto a “non importa sai, c’avevo judo”, a uno sport da combattimento un po’ edulcorato, fatto da bambinetti in accappatoio, e invece è una roba da paura, terrificante, giocano a disarticolare l’altro, fanno leva sulle sue membra, cercano di spezzarsi in due a vicenda, di aggrovigliarsi, di svitarsi e ogni tanto lo fanno (ho visto uno andare via col gomito girato dall’altra parte, stavo per chiamare il 118, per me dico), è una roba violentissima, ogni tanto dovevo fare zapping sulla vela o sul badminton per riprendere colore. Il mio idolo è stato per un paio di pomeriggi un tizio moldavo dagli occhi di ghiaccio e con uno sguardo da bounty killer: per dirvi che cazzo di sport è il judo, questo spietato moldavo è arrivato quarto, pensate a cos’erano gli altri tre. Never more judo, o sostituitelo con un altro degli sport il lista d’attesa, tipo il burraco o l’uncinetto mixed team.
Giornata senza sussulti finchè viene sera e le donne fanno due capolavori. Le spadiste vincono il primo oro femminile italiano fuori dal fioretto, una roba storica per la scherma, ed è stata una vittoria che vale triplo perchè ottenuta con le francesi nella solita bolgia – ormai sto covando una forte insofferenza verso ogni cosa mi ricordi la Francia, roba che se incontro Pavard lo mando affanculo. E poi dopo un meraviglioso confronto letteralmente punto a punto. E poi vincendo alla stoccata di spareggio dopo otto tutte perse (qualcuna rubata), complimentoni, non so se il quel momento pensavano alla legge dei grandi numeri o solo a quanto sono stronzi i francesi, ma fa lo stesso, conta il risultato. La Fiamingo ha vinto l’oro tre minuti dopo che il fidanzato Paltrinieri ha vinto il bronzo negli 800, anche questo dev’essere un record.
Ok, brave le spadiste, ma credo che l’argento delle ginnaste sia una roba (quasi) fuori dal mondo. Nella scherma siamo una nazione guida, nella ginnastica no, e per questo è un argento clamorosissimo. Era da Amsterdam 1928 che non andavamo sul podio con il concorso a squadre, e quella squadra era tutta di Pavia, di questo posso andare orgoglioso. Questa città non esprime solo zanzare, nutrie, Drupi e 883 ma anche eccellenze della più varia natura. Alla Ginnastica Pavese sono affezionato, ci portavo mia figlia e poi andavo a vedere gare nei palazzetti più malfamati di questa provincia, cercando disperatamente notizie sull’Inter e intanto assistendo alle evoluzioni di bambine alle prese con cose più grandi di loro. Viva le ginnaste che sono arrivate seconde dopo quelle marziane della Biles e compagnia bella, viva la bresciana Angela Andreoli che ci ha dato i punti sicurezza con uno strepitoso esercizio al corpo libero, viva le Olimpiadi, viva lo sport, abbasso la Francia, Juve merda.
Giornata sincopata. Sembrava iniziata bene, con il mio amico Nespoli che trascinava l’Italia ai quarti nell’arco a squadre e Giovanni Toti che passava un turno nel badminton, prima vittoria di sempre di un italiano alle Olimpiadi nel badminton (grazie al cazzo, ma chi ci aveva mai invitato al badminton?) e io sono stato veramente contento per lui. Non bisogna infierire sull’avversario, nè godere per i suoi insuccessi: e infatti sono qui ad applaudirlo, non solo il primo italiano di sempre a vincere nel badminton ma anche il primo presidente di regione ai domiciliari a partecipare a un’Olimpiade e a passare un turno, davvero, bravo Giovanni, siamo tutti con te, la giustizia farà il suo corso ma fino a prova contraria sei innocente, oltre che bravo nel badminton.
Poi il pomeriggio è stato una specie di disastro azzurro, per ogni vittoria c’erano tipo tre o quattro eliminazioni, l’Italia nell’arco esce con la Francia, perde la pallanuoto femminile, perdono un sacco di tennisti, perdono un sacco di schermidori, una pena infinita. Perde ovviamente Nadal con Djokovic e poi si incazza con chi gli chiede se si ritira o no: Rafa, non è che vogliamo metterti fretta ma pensaci, lasciaci di te il ricordo di com’eri.
Mentre si fa sera, esco a mangiare una pizza. Patti chiari: vengo se torniamo entro le 21,17 perchè debbo vedere Ceccon. Sguardi straniti, ma in effetti ottengo la giusta attenzione alle mie istanze e mi spiaggio sul divano alle 21,15 in totale relax. Io non so se avevate visto la semifinale di Ceccon: l’aveva vinta smettendo di nuotare negli ultimi cinque o sei metri, al che mi sembrava chiaro – perchè magari non lo sapete, ma ogni quattro anni divento un tecnico internazionale del dorso – che avrebbe vinto l’oro su quello sborone del cinese. Tanto che un mio collega affetto da ludopatia mi fa: “Se sei così sicuro, giochiamo un centone?” e io gli ho detto “Anche no, gringo, sono contrario alle scommesse elementari”. Quel grandissimo figlio di buona donna mi ha mandato poco fa lo screenshot del cedolino, ha giocato 70 euri e ne ha vinti 192,50 perchè lo davano a 2,75 Ceccon, ma è possibile? 2,75? Io pensavo che lo dessero a 1,10, tipo Inter-Salernitana, quelle classiche partite da 1,10, avete capito. Ma se ne vadano affanculo il mio collega e pure Ceccon e pure la Snai e quelle robe lì, nessuno capisce un cazzo di dorso e in tutta questa incompetenza l’unico che non vince niente sono io, l’espertone.
La serata finisce con il solito furto nella scherma, Macchi meritava l’oro e invece è argento. Cerioni ha finito con una sceneggiata con cui gli americani faranno meme per sette-otto mesi italiani pizza mandolino ecc. ecc. Ora, io dico: avete il corpetto elettrico, i fioretti tecnologici, diciassette monitor, trentasei sensori, ottantacinque computer eccetera, e siamo ancora lì a interpretare ‘ste convenzioni tramite due giudici coreani di cui uno anziano e l’altro pettinato come Callejon? Ma che sport di merda è? Poi si offendono se gli tagliano il programma. Il Var del calcio, al confronto, è il Cern di Ginevra.
La cosa bella delle Olimpiadi è che, non so, prendi la pistola ad aria compressa da 10 metri: cioè, voglio dire, con tutto il rispetto, ma cosa cazzo è ‘sta pistola ad aria compressa da 10 metri? Chi ne ha mai vista una? La Gazza ne parlerà mai, nei quattro anni che separano la finale olimpica di oggi alla prossima? Eppure io alle 9 ero assiepato sul divano, in solitudine, per vedermi la finale della pistola ad aria compressa da 10 metri e mi sentivo assai sul pezzo. Il fatto è che appena sveglio mi ero fatto un caffè guardando un tg olimpico, ancora in catalessi, e a un certo punto è apparso un tizio sorridente davanti a un palasport che diceva che alle 9 iniziava la finale e c’erano due ragazzi italiani. E quindi mi sono detto: guardiamola. Oh, mi sono pure divertito. Ha vinto in rimonta un tizio cinese che assomigliava un po’ a Enrico Mentana e i nostri due hanno preso le altre medaglie, era tipo 92 anni che non andavamo sul podio con due pistoleri, al che mi sono chiesto: ma con che cazzo sparavano alle Olimpiadi di 92 anni fa, che a Parigi era tutto così ipertecnologico? Sarà stata una roba alla Tex Willer e Kit Carson, avranno messo dei barattoli su una staccionata e pum pum! Comunque grazie a Federico Maldini e Paolo Monna, che adesso tornano per quattro anni nell’iperspazio.
Poi è seguita una giornata un po’ così, bene le squadre ma male gli individuali, quarti posti, quarti di finale, giudici stronzi, cose del genere. Per ingannare il tempo mi sono addirittura visto il Gran premio di F1, vinto da Russell ma con una macchina troppo leggera, per cui è stato squalificato. A me non capiterebbe: ho un tale livello di immondizia in macchina che passerei direttamente nella categoria overweight.
E infine Tete Martinenghi, primo oro italiano, un finto biondo che non si può guardare ma ha fatto una roba grandissima in una gara strana, praticamente una gara a chi moriva dopo, tre finiti in due centesimi, cose da pazzi. Bella l’intervista con Elisabetta Caporale, ormai un genere televisivo come lo sceneggiato o il giallo: ha parlato mezz’ora con ancora il fiatone e poi ha detto “scusa, non so cosa dire”. Una cosa interessante però l’ha detta: “Ora vado alla premiazione ma non canterò l’inno, non lo canto mai, per scaramanzia”. Ma che razza di scaramanzia è? Cioè, uno potrebbe non cantare l’inno per scaramanzia al bar, per dire. Ma sul podio olimpico non lo canti? E quando stracazzo lo canti? Oh, ce n’è dei pirla in giro. Però bravi nei 100 rana. E interisti, peraltro.
P.S. Dopo la premiazione è tornato da Elisabetta Caporale, che gli ha fatto una sola domanda a cui ha risposto: “Non so cosa dire”. Poi ha parlato un’altra mezz’ora finchè in tv non è apparso il monoscopio, mentre i custodi della piscina lo portavano via con l’aiuto di due gendarmi. Elisabetta Caporale ha avuto un calo di pressione ed è stata portata in ospedale da Malagò.
Sabato mattina, prima giornata di gara. Accendo la tv presto, ci sono già un po’ di gare e faccio zapping tra il dressage, le repliche delle drag queen della sera prima e il badminton, su cui mi soffermo per un po’, essendo circa 150 volte più divertente del dressage. Spoiler: mi scuso in anticipo per quello che sto per confessare. Cioè, sto guardando un doppio femminile di badminton e sul divano (mi guardo intorno, sono solo) mi abbandono a questo commento: “Ma quanto sono brutte?”. In particolare: noto che entrambe le coppie sono formate da una ragazza normale e da una bruttissima. Solo dopo circa 3-4 minuti mi accorgo che non era un doppio femminile, ma un doppio misto.
Non è stato un buon inizio, no. Dopodiché la giornata è andata in crescendo. Top Ganna voleva l’oro e non ce l’ha fatta ma è stato battuto da uno fortissimo, lo aspettiamo in pista, dai, non fare quella faccia lì. E poi pioveva, lo avrebbe detto anche Mazzarri. A seguire due bronzi, belli, da Samele nella scherma (a 37 anni, complimenti, parteggio sempre per gli anziani, tranne Djokovic) e dalla 4×100 stile nel nuoto, preceduta da mostri. E’ pieno di mostri alle Olimpiadi, ma mi sembra il minimo. Dopo tutta ‘sta pioggia ci sarà anche un incremento di tonsilliti, temo. Tonsilliti mostruose. Quindi l’importante è stare coperti, per quello che si può. Non sempre è compatibile con la tua specialità, certo. Oggi ho visto le tizie che pagaiavano nel torrente finto, per esempio. Lì c’è da ammalarsi.
Poi io sono preoccupato per Mattarella, che ieri alla sua età è stato sotto la bufera con quelle mantelline che vendono fuori dallo stadio a prezzi da strozzo e oggi è stato abbracciato da Samele che è stato gentile ma è un atleta e poteva stritolarlo: cioè, già gli abbiamo fatto fare due mandati, a Mattarella, almeno conserviamolo.
Martinenghi in finale nei 100 rana con il terzo tempo e con lo stesso parrucchiere di Fognini, mi sembrava giusto sottolinearlo. E quindi, tutto qui? Beh, pur rifuggendo la tentazione di parlare di quello sport fasullo e menzognero che è il calcio, mi sembra che l’impresa della giornata sia stato il 3-0 dell’Inter al Las Palmas nella canicola di Cesena, una risposta al Norimberga e una tortura seconda solo al waterboarding superata con disinvoltura dai nostri beniamini. A luglio si dovrebbe giocare alle sette di mattina, non alle sette di sera. Giuro che non volevo vederla, poi però ho visto la maglia nuova, le stelle, quelle robe lì, e ho fatto zapping con le Olimpiadi. La maglia, con tutte quelle strisce sparse, secondo me sarebbe stata una figata durante la cerimonia inaugurale di Parigi, nella sfilata dei giovani stilisti, il segmento tunz-e-tunz-e-tunz che più mi ha avvinto. Avrebbe spaccato, sì. ” Ma di chi è quella maglia azzurra e nera fantasy?”, “Di un giovane stilista francese”, “Adoro!”.