
Per colpa di quegli scarsoni della Juve, i Gufi non si riunivano più dal 18 maggio 2023, 21 fottuti mesi, praticamente una vita fa. Cioè, il 18 maggio 2023 avevamo una finale di Champions da giocare tipo venti giorni dopo (sospiro). Era una tiepida serata di primavera inoltrata e la simpatica compagine sabauda (eliminata a dicembre nei gironi di Champions) affrontava la semifinale di ritorno dell’Europa League contro il Siviglia. Fu una notte meravigliosa: quella della decima gufata, cioè la gufata della stella. Poi, il triste declino dei gobbi ci avrebbe tolto nel 2024 il gusto di una sana convivialità antibianconera: un anno senza Europa (per loro), un anno senza gufate (per noi). Ci siamo visti altrove, fatto pranzi e cene, ma non abbiamo più potuto gufare. E anche questo può dare l’idea dell’intrinseca stronzaggine della Juve, un club abusivo che ti toglie l’occasione di stare insieme.
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In piena crisi di astinenza, Er Pomata ci chiamava così a raccolta: “Dopo Milan e Atalanta, amici, perchè non provare a dare una spallata?”. A me sembrava un obiettivo un po’ eccessivo, un pensiero fin troppo stupendo: vabbe’ che fanno cagare, pensavo, ma un sedicesimo di coppa dopo aver vinto all’andata… vabbe’, ma chi sono io per interrompere un sogno? Le convocazioni dell’ultimo momento coglievano molti impreparati: figlie malate, greggi da condurre, ordine da tenere… insomma, alle convocazioni del Pomata alla fine rispondiamo in tre – Er Condominio, Er Matita ed Er Blogghe – e ci costituiamo in formazione a quattro, il minimo sindacale per esprimere il nostro fluido ostinato e contrario.
Er Pomata ci riceve in casa vestito con una pelliccia tipo Lucio Dalla primi anni ’80, che lui usa come vestaglia da camera: “Non posso riscaldare tutta la casa, mi ci vorrebbe l’ingaggio di Vlahovic. Mangiamo qualcosa qui in cucina”, “Dove? – gli chiedo – lì vicino al falò?”, “Sì, poi andiamo sopra nel saloncino delle festicciole”, che è la dependance del mostruoso Salone delle Feste teatro delle ultime gufate. Ma il saloncino delle festicciole ha visto gli albori del nostro sodalizio, è stata la prima casa dei gufi e nei nostri poveri cervelli iniziano a infiltrarsi le prime tenere scaramanzie.
Io mi presento alla frugale cena con una bottiglia di bianco, Er Matita con una torta all’hashish confezionata dalla moglie (una torta chiaramente a tema olandese) ed Er Condominio, al solito, con un cazzo. “Non ho mai portato un cazzo e mi sembra giusto non mettere a repentaglio l’ordine delle cose”, dice scusandosi davanti a Er Pomata che lo bacia sulla fronte e gli dice “Bravo, così si fa”. Esauriti i convenevoli e i generi alimentari, andiamo al piano di sopra dove, schivate alcune stalattiti sulle scale, ci sediamo nel confortevole tepore del saloncino delle festicciole. Qui si consuma il rito del gufo. Er Pomata prende il suo, un gigantesco gufo in porcellana di Capodimonte, e io estraggo da uno scatolone il mio, in preziosa ceramica di Limoges, che Er Pomata mi ha regalato per il compleanno. Baciamo i gufi, poi facciamo baciare i gufi tra di loro, poi ci abbracciamo in silenzio.
Er Pomata aveva anche imposto un dress code: presentarsi in arancione (altro omaggio all’olandesità delle avversarie di Milan e Juve). Lui indossava un prezioso capetto in cachemire di colore ex-arancione sminchio, Er Matita una imbarazzante maglietta da centro sociale con un motto inneggiante alla rivolta della Lomellina (che prudentemente indossa rovesciata), io la felpa di Terramia della Maratona di New York del 2008 ed Er Condominio un cazzo. “Non ho mai portato un cazzo e mi sembra giusto…”, “… andare affanculo – ribatte uno stizzito Er Pomata -, ma porca troia, siamo qui in bilico sulla Storia e tu non trovi nell’armadio un cazzo di capo di abbigliamento in arancione che…”, “Aspetta”, lo ferma Er Condominio indicando il colletto della camicia, “guarda, c’è una sottilissima riga arancione che…”, “E’ vero”, conferma Er Matita che osserva il colletto con una lente d’ingrandimento appartenente ai reperti garibaldini di Er Pomata. Che, intanto, trova in casa una candela arancione e l’accende sistemandola accanto ai gufi. L’altarino è fatto e finito.
Finalmente accendiamo la tv, sono le 20.55. “No! E’ su Prime?”, dice sbiancando Er Pomata. “Sì, perché?”. “Eh, io ho Prime di mia sorella, che a sua volta l’ha clonata da un suo collega, che a sua volta l’ha rubata a un cugino ricco”. “E quindi? Inquadra ‘sto Qr Code e facciamola finita”. “Sì, ma il codice arriverà sul telefonino di qualcuno che non ho idea di chi sia”. “Proviamoci”. Dopo 15 telefonate, di cui una alla guardiola di un carcere, il codice arriva. Alle 21.02 riusciamo a collegarci con Eindhoven. Per poi pentircene amaramente, perchè il primo tempo è orripilante. Alla fine del primo tempo scendiamo mezzi storditi dalla bruttezza a mangiare la torta all’hashish di Er Matita.
La torta sortisce un discreto effetto. La partita, nel secondo tempo, ci sembra molto più vivace. Soprattutto, ci sembra molto più vivace il Psv e le prospettive ci appaiono improvvisamente rosee. Siamo tutti rasserenati, reagiamo con compostezza al gol del vantaggio olandese (un meraviglioso numero da circo di Ivan Perisic), al pareggio della Juve e al nuovo gol del Psv. Si vai ai supplementari. Al che io, che pochi minuti prima ho scoperto di avere un contrattempo domestico, comunico con serenità agli altri tre gufi che “ragazzi, mi dispiace ma debbo andare a casa”. Mi guardano tutti sconvolti, come se avessi detto “ragazzi, sono juventino, vi ho sempre mentito, viva Montero”. Er Pomata mi fa: “No cazzo, ma questa è una gigantesca deviazione dal percorso gufesco, non era mai successo, è la fine”. “Lo so, scusatemi, amici miei”. Sto per mettermi a piangere quando mi viene il colpo di genio che salverà la serata: “Ragazzi, prima che io vada facciamo la nostra classica foto. Come se”. “Dio mio, stiamo scherzando col fuoco”, dice Er Pomata toccandosi vigorosamente i coglioni. “Tranquillo, questa foto resterà tra noi in caso di fallimento. Invece, in caso di” “Basta, non dire più niente, facciamo la foto”. E facciamo la foto.
Nel metterci in posa Er Condominio, che non avendo niente di arancione aveva preso la candela, rovescia la cera bollente in parte sul prezioso tappeto persiano di Er Pomata (“sticazzi, è un tappeto che ne ha viste di ogni”) e in parte sul dorso della sua stessa mano: “Scusate, posso chiamare il 118? La cera mi ha perforato epidermide e derma e sta scavando fin verso l’osso e…”, “Non rompere il cazzo e mettiti in posa”, “Ah, ok”. Cheeeeeese.
Er Pomata mi accompagna alla macchina e mi fa: “Tranquillo, vinciamo. Non arriviamo neanche ai rigori, vinciamo prima. Sono giorni che me lo sento”. Ci abbracciamo con una plasticità che sembra il remake di Brokeback Mountain. Sistemo il gufo sul sedile davanti, gli metto le cinture e via. Prego che nessuna pattuglia mi fermi, non tanto per il vino e per la torta all’hashish, quanto per il gufo seduto davanti (“mi scusi, non è come sembra”). Arriverò a casa al 118esimo minuto, in tempo per vedere il trionfo. E’ l’undicesima, oltre ogni scaramanzia e oltre ogni variazione di rito. Albo d’oro: 2014 Benfica (Europa league), 2015 Barcellona, 2016 Bayern, 2017 Real Madrid, 2018 Real Madrid, 2019 Ajax, 2020 Lione, 2021 (in Dad) Porto, 2022 Villarreal, 2023 Siviglia (Europa league), 2024 non disputato, 2025 Psv Eindhoven. E’ uno sporco lavoro, ma lo facciamo volentieri.

(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #108, io e il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Cioè, si gioca ogni tre giorni: vi mancano gli argomenti? Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)