
Da quattro anni (dopo un vuoto assoluto di sette) siamo tornati a competere ai piani alti del calcio europeo, cioè in Champions League. E per la prima volta dopo quattro stagioni quest’anno giocheremo anche in primavera, negli ottavi di finale, un’emozione che ci mancava da 11 lunghi anni. Non era necessario vincere a Madrid, essendo già qualificati come secondi con una giornata di anticipo in un girone modesto, dove le prime incredibili due partite dello Sheriff avevano rimescolato le carte e ci avevano fatto credere di essere vittime di una maledizione. Poi, siamo stati bravi a toglierci dall’imbarazzo e abbiamo celebrato senza eccessi.
Vabbe’, potrebbe dire qualcuno, cazzo ve ne frega di vincere a Madrid, scusate? Beh, sarebbe servito a due cose: arrivare primi nel girone (e guadagnare la possibilità di un sorteggio morbido che invece, salvo essere culattoni tipo la Juve, non avremo); mettere la parola fine a una fase e aprirne un’altra. Non l’abbiamo fatto e sarà eccitantissimo provare a farlo negli ottavi, per carità. Ma rimaniamo a oggi e guardiamoci indietro.
In queste quattro stagioni di gironi eliminatori, come teste di serie del nostro girone (discreta sfiga) abbiamo trovato due volte il Barcellona e due volte il Real. Otto partite contro due tra i super top club europei con il seguente score: 0 vittorie, 1 pareggio e 7 sconfitte, con 5 gol fatti e 14 subiti.
Per due volte (i primi due anni) nel girone ci siamo trovati anche un secondo top club (discreta sfiga/bis), il Tottenham nel 18-19 e il Borussia Dortmund nel 19-20. Con entrambe, abbiamo vinto in casa e perso in trasferta. Se vogliamo aggiornare la classifica avulsa: 2 vittorie, 1 pareggio e 9 sconfitte in dodici partite, con 11 gol fatti e 19 subiti. Una sola volta su 12 partite non abbiamo preso gol: Inter-Borussia Dortmund 2-0, gol di Lautaro e Candreva, era il 23 ottobre 2019. Abbiamo perso tutte e sei le trasferte, in metà dei casi senza segnare.
Che sconfitte sono state? Mai disastrose. Tre volte 0-2, le altre tutte per un gol di scarto. Partite anche molto diverse tra di loro, ma che potremmo accomunare in un solo aggettivo: frustranti. Partite che abbiamo perso meritatamente, qualche volta. Ma che in qualche caso avremmo potuto vincere, e bene. Come dimenticare i primi tempi di Barcellona e Dortmund chiusi in vantaggio, o anche il primo tempo con il Real dello scorso settembre? Comunque, a parte quell’Inter-Barcellona 1-1 del novembre 2018 (pareggio di Icardi nel finale), con le spagnole le abbiamo perse tutte. E con le altre due, abbiamo fatto pari ma sono passate loro, quindi niente, male male.
Frustranti. Frustranti perchè ogni volta abbiamo commentato allo stesso modo: “Non siamo ancora a quel livello”. E quindi, fatti i dovuti conti, è lecito affermare che nonostante quattro anni di allenamento e di indubbia crescita, a quel livello non ci siamo ancora.
Inutile star qui a ripercorrere la storia societaria, sportiva, tecnica, tattica e psichiatrica dell’Inter di questi ultimi 11 anni, perchè la sappiamo tutti a memoria. In queste ultime quattro stagioni, parlando di dimensione europea e relative ambizioni, abbiamo attraversato stati diversi, dalla quasi serenità (“siamo tornati qui, ci vorrà del tempo ma accontentiamoci”) al profondo disappunto di cui sopra (“siamo tornati qui ma siamo sempre un gradino sotto”).
Siamo in serie A, ma forse giochiamo la A2, confusi in quel gruppone di club che le prime cinque/sei (la Super-Superlega virtuale) le vede ancora col binocolo. Quel che siamo ci basta ampiamente per puntare a vincere il nostro campionato, ma ci mantiene un po’ subalterni (nel senso di inferiori) all’Olimpo calcistico. Che poi chissà, la palla è rotonda, la ruota gira, l’uccello padulo non fa necessariamente delle preferenze eccetera eccetera, però non abbiamo ancora le carte in regola per dire con sicumera che sì, ce la giochiamo.
Cioè, a febbraio ce la giocheremo, ovvio, ma come? Con la stessa dinamica delle otto partite con Real e Barcellona di cui sopra? Cioè quasi rassegnati a non vincere? Quello che ci è mancato in queste quattro fasi di Champions è proprio l’ultimo scatto, quello decisivo. Per questo sarebbe stato bello vincere a Madrid: per certificare che sì, ci siamo anche noi, avete visto?, ci abbiamo messo un po’ ma ce la possiamo fare. Ci toccherà farlo in corsa, probabilmente a livello di difficoltà 10/10. Una cosa che ha un dannato fascino, ma che lascia (diciamo così) terribilmente inquieti.