
Cioè, voi magari ancora pensate che gufare la Juve sia un simpatico e innocuo rituale collettivo. Col cazzo. Le gufate, per esempio, hanno pesanti implicazioni psico-alimentari. Più vicino è il possibile obiettivo della Juve, e più prestigioso è il confronto sul campo, e più ai gufi si chiude lo stomaco. Per dire, la sera delle finali della Juve con il Barcellona e il Real ci siamo nutriti con un apposito sondino. Potete quindi capire, al contrario, come la vigilia di un ottavo di finale con il Villarreal – livello di appeal: film cecoslovacco con sottotitoli in tedesco – sia stata più che altro dedicata al catering.
Verso la reale magione der Pomata, che aveva preparato il classico buffet pre-partita (salame, vino, formaggio, pane, patatine) nel soggiorno della servitù, i quattro gufi di turno hanno quindi portato i loro doni: Er Monnezza si presenta con un sontuoso paniere lucano contenente salsiccia pezzente, pecorino e biscotti alle mandorle; Er Matita (che, con sprezzo del pericolo, si presenta per la la prima volta a un turno ancora molto preliminare) porta una squisita torta al cacao e cocco fatta in casa bullizzando la moglie: e io, Er Blogghe, impermeabile a ogni scaramanzia, un prosecco da brindisi. Er Condominio si palesa penosamente a mani vuote, ma per l’effetto sorpresa – arriva in clamoroso anticipo invece che a metà del primo tempo – nessuno se ne accorge.
Per non lasciare nulla di intentato, i gufi hanno assecondato la bizzarra richiesta del padrone di casa: dress code, indossare qualcosa di giallo. Io ed Er Pomata sfoggiamo un cachemirino da ragazzi attempati. Er Monnezza una nostra seconda o terza maglia d’epoca. Er Matita (“scusatemi, non avevo altro”) un’improbabile tela cerata modello preliminari di America’s Cup. Er Condominio una maglietta nera con scritte gialle: a suo dire, l’unico indumento con qualcosa di giallo trovato nel suo guardaroba.
Livello di concentrazione: pari o minore di zero. Er Pomata si lascia andare a una domanda – “Scusa, ma giocano alle 20,45 o alle 21?” – che in altri tempi sarebbe stata accolta con fischi e sassaiole. Ma non è serata da isterie, anzi. I cinque gufi delegati alla gufata di Juve-Villarreal prendono comodamente posto intorno alla tavola (altro effetto delle vigilie più difficili è che si mangia in piedi, passeggiando nervosamente e guardando l’orologio) e parlano del più e del meno – guerra in Ucraina, rinnovi contrattuali Inter, caro benzina, meteo, figa – fino alle 20,57 quando in fila indiana si dirigono verso il salone delle feste, dove l’immane televisore der Pomata sembra avere acquistato pollici in più durante il periodo Covid.
Covid, già. L’ultima gufata – Juve-Porto – l’avevamo fatta in dad, la penultima – Juve-Lione – in pieno agosto. Bene: siamo tornati nella datazione giusta e nel posto giusto. Sullo schermo scorre la formazione del Villarreal e io confesso ad alta voce: “Oh, a parte l’allenatore, non ne conosco uno”. Dall’altro capo della sala Er Monnezza mi dà ragione: “Nemmeno io, li hanno presi dalla strada”. Al che si alza e urla: “Juve merda!”. Er Pomata intanto gira per il salone con il gufo reale in ceramica e peltro, che baciamo in fronte come vuole il rito. Poi si siede con in mano lo scettro. Partiti!
Il primo tempo trascorre veloce tra gli spaventi che ci provoca Vlahovic e le soddisfazioni che ci regala il nostro nuovo eroe, Geronimo Rulli. “Ma se gli diamo Handanovic, Radu, Cordaz, Berni, Carini e Orlandoni più conguaglio, non lo possiamo prendere noi?” osserva Er Matita versione Ausilio proprio mentre il Villarreal ha l’unica occasione del primo tempo. Er Monnezza segue il tiraggiro di Lo Celso gettandosi a corpo morto sul prezioso bukhara der Pomata, esalando un rantolo e rimanendo a terra in apparente stato di coma tipo Cuadrado. “Argh, la forbicina!”.
C’è un attimo di silenzio. Mentre si contorce per il dolore, Er Monnezza ci informa tra ululati e onomatopee che la forbicina portafortuna che porta in tasca dalla prima gufata (2014, Juve-Benfica) gli ha trafitto una coscia. A Er Pomata si illuminano gli occhi: “Ottimo! Era già successo nella gufata del 2019, quella meravigliosa serata con l’Ajax”. “Sì, occhei – piagnucola Er Monnezza – ma mi si è riaperta l’arteria femorale e se tu potessi chiamare il 118 potrei sopravvivere al probabile dissanguamento e partecipare ad altre…”. “No dai, porta bene. Resisti, poi chiamo la veterinaria che sta qui vicino”. “Ma io…”. “Porta bene, non rompere i coglioni”.
Nell’intervallo, mentre Er Monnezza si ritira in bagno usando l’auricolare come laccio emostatico, finiamo la seconda bonarda “Cassandra” (nome scelto non a caso dar Pomata) e facciamo il punto della situazione. “Vabbe’, stiamo a vedere (sbadiglio)”. Ci riposizioniamo davanti al mega-schermo e assistiamo annoiati alla guerra di posizione del secondo tempo, dove due squadracce si schierano con un 6-3-1 e si organizzano mentalmente per i supplementari. A un certo punto, senza alcuna ragione, nel silenzo più assoluto, Er Condominio – forse per dominare un potente abbiocco – chiede:
“Ma Eugenio Fascetti è vivo o morto?”
Gelo. Er Pomata lo fulmina: “Ma che cazzo dici? Stai concentrato, mancano ancora 13 minuti più recupero, siamo nel pieno di una gufata e tu ci caghi il…”. Rigore. Forte brusio. Va sul dischetto Moreno, che in una vita precedente si esibiva con il pupazzo Rockefeller. Tiro. Gol.

Gaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.
Salti, urla, strepiti, insulti, rumori corporali. La scena si ripeterà altre due volte nei successivi 13 minuti, in un crescendo di meravigliosa incredulità. Al terzo gol, Er Pomata inseririsce una musicassetta acquistata in un autogrill nel 1975 in uno stereo portatile modello break dance anni ’90, alzando il volume a palla:
In the town where I was born
Lived a man who sailed to sea
And he told us of his life
In the land of submarines
“Ragazzi, facciamo il trenino! -urla Er Monnezza – Il trenino del Bari del ’94!”.
E fu così che cinque gufi, di cui quattro over 50, cantando “Yellow submarine” si mettono a fare il trenino sulle ginocchia nel salone delle feste.
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submaaaaaargh
“Cosa c’è?”
“Mi si è riaperta la falla nell’arteria femorale. Ti spiace se chiamo l’elisoccorso e mi faccio portare con sollecitudine a…”
“Ancora rompi il cazzo? Porta bene! Weee aaaall liiiive”
in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
We all live in a yellow submarine
Yellow submarine, yellow submarine
La serata termina con un ultimo assalto al buffet e abbondanti libagioni. Come al solito tocca a me aggiornare l’albo d’oro dei Gufi: 2014 Benfica (Europa league), 2015 Barcellona, 2016 Bayern, 2017 Real, 2018 Real, 2019 Ajax, 2020 Lione, 2021 (in Dad) Porto, 2022 Villarreal. Per il terzo anno consecutivo è bastata una gufata one shot. Non c’è più la Juve di una volta, oppure siamo noi che le meniamo una rogna da far paura? Appuntamento al 2023. Non è facendovi eliminare subito, gobbacci maledetti, che ci farete desistere dal perseguitarvi.
