
Naturalmente non lo penso davvero, perché al gol del 4-3 avrei fatto il carosello da solo correndo nudo per le strade di Pavia cantando Pazza Inter tunz tunz tunz. Ma forse il 3-3 ha un senso, perché costringe tutti – noi tifosotti, i media, il club, la squadra – a essere un po’ meno epici di quanto lo saremmo stati espugnando il Camp Nou con una grande partita e un secondo tempo pazzesco, forse nella top five dei secondi tempi della storia dell’Inter, un secondo tempo in cui avremmo segnato 4 gol al Barcellona a casa loro, un’impresa memorabile, una qualificazione con due turni di anticipo in un girone di ferro, uno sballo totale.
E invece no, è finita 3-3, serve ancora una vittoria per passare agli ottavi e serve ancora qualche altra conferma per avere la certezza di essere guariti da quel torpore che ci ha annebbiati per due mesi, una pena indicibile che adesso sembra lontana.
In realtà, abbiamo perso in casa con la Roma appena 12 giorni prima, in una partita che quasi con un mezzo sollievo – pensa te com’eravamo ridotti – avevamo definito meno peggio delle altre, quasi accontentandoci appunto di quel meno peggio. E ne sono passati solo 25 da Udinese-Inter, forse la partita-simbolo della nostra impotenza. Negli ultimi otto giorni, invece, abbiamo fatto 4 punti su 6 con il Barcellona e vinto a Sassuolo. Otto giorni su due mesi di stagione sono ancora pochi per fare statistica, ma sono un segnale. Un bel segnale.
Anche se non è finita 4-3 per noi, Barcellona-Inter è ovviamente molto più che un segnale. E’ la metamorfosi di una squadra che fino alla settimana scorsa avremmo tutti preso a calci in culo e che improvvisamente si è ritrovata. Forse messa alle strette da un paio di evidenze, tipo che non si poteva andare avanti in quel modo. Perchè in quel modo, nello specifico, avremmo servito sei punti al Barça su un piatto di argento e noi ci saremmo ancor più depressi. Invece li abbiamo fatti incazzare all’andata e li abbiamo spaventati a morte nel ritorno, a casa loro, togliendoci una di quelle soddisfazioni che ti fanno camminare a una spanna da terra per un bel po’.
L’Inter delle ultime tre partite era priva di quasi tutta la sua teorica spina dorsale (Handanovic, Brozovic, Lukaku) e questo rende ancora più preziosa la doppia sfida con il Barça, giocata senza qualche vertebra ma con testa, muscoli e coglioni al cubo. Barella e Lautaro sono stati strepitosi, tutti sono stati sopra il loro standard. Se siamo qui a morderci gli avambracci per aver buttato via una vittoria è anche questo un segnale di un cambio di passo e di atteggiamento che è arrivato un po’ tardino, ecco, ma al momento giusto, almeno per Champions.
Potremmo anche star qui a elencare tutte le cose belle di un partitone che ci rilancia in Italia, in Europa e anche nell’universo. A me piace sottolineare la voglia – proprio la cosa che ci è mancata per interminabili settimane – con cui abbiamo giocato. Ci abbiamo provato fino al 97′, poi l’arbitro ha fischiato la fine. Buon per il Barça, perchè noi ci avremmo provato ancora e ancora. Incredibile, pensando alle partite e agli sguardi persi del mese scorso.