Il mondo Juve continua a rapportarsi con il Var così, con lo stesso indignato stupore con cui cui certi automobilisti abituati a sfrecciare a 200 all’ora sulle provinciali hanno accolto l’introduzione dell’autovelox, e con la stessa stupefatta indignazione con cui certi commercianti abituati a fare i conti sulla carta da formaggio hanno accolto l’introduzione del registratore di cassa. Talmente spiazzati dall’essere sottoposti alle stesse regole imposte agli altri – eh, capisco – da continuare a parlarne in termini scandalizzati a ormai quasi 5 anni dalla sua introduzione. Talmente poco abituati a dover subire decisioni avverse da contestarle ogni volta come se ci fosse un sistema a determinarle (tranquilli, noi ce ne intendiamo: oggi non è così). Talmente poco avvezzi al dover pagare tutto e subito da affibbiare a chi riscuote la patente del ladro.
Curioso poi che i ladri, improvvisamente, siamo diventati noi, dopo centinaia di furti subiti e scritti nella storia del calcio, cioè dai, non ce lo meritiamo – sarebbe come dire tipo ai curdi “oh, va bene tutto, però che cazzo di rompicoglioni”. Curioso che si pensi che un sistema certamente perfettibile ma oggettivo e manifesto (le immagini che controlla il Var le vediamo anche noi dal divano) possa favorire l’una o l’altra squadra. Ma per gente non abituata a queste fastidiose perequazioni, come dire, è un meccanismo mentale troppo tortuoso. Si procede quindi per poche e basilari affermazioni, a livello di reazione pavloviana: decisione favorevole occhei, decisione sfavorevole ladri.
Trattandosi di una questione che riguarda il calcio e trattandosi di un tema sottoposto al giudizio di quella categoria subumana che sono i tifosi (io per primo), difficilmente se ne verrà a capo dal punto di vista culturale. C’è chi lo abolirebbe, c’è chi le regimenterebbe. Io, per esempio, colloco il Var tra le invenzioni più importanti dalla ruota a oggi, insieme a internet, la pizza margherita e il Gps. Un formidabile sistema che nove volte su dieci taglia la testa al toro, e considerando che prima non la si tagliava mai è un enorme passo in avanti.
Sono passati 41 anni dal gol annullato a Turone in Juve-Roma, sono passati 24 anni dal non rigore Ronaldo-Iuliano e se ne parla ancora. Due domande: 1) non è meglio risolvere tutto subito? 2) non vi dice niente che ci sia sempre stata la Juve di mezzo?
Adesso che la Juve, di fronte a questi monitor che calcolano il fuorigioco scansionando la peluria in eccesso, conta più o meno come le altre – orrore! – ecco che l’obiettivo è minarne la credibilità. Che è un problema reale, voglio dire, non solo riconducibile alla lesa maestà dei gobbi che hanno scoperto che “la legge è uguale per tutti” non è un bizarro aforisma. L’oggettività del Var vacilla nei meandri delle interpretazioni, una zona grigia che a volte accetti e a volte no – la accetti quando ti va bene, non la accetti quando ti inculano (questo vale per tutti, eh?).
Nei cinque anni di storia del Var è stato tutto un rimaneggiare, correggere, perfezionare. Le regole, le sensibilità, le consuetudini arbitrali si vanno via via adeguando allo strumento, appiattendosi o prendendone un po’ le distanze. In questi cinque anni è cambiato profondamente il comportamento nel microcosmo dell’area di rigore. Fatta la regola, si trova sempre un inganno. Tipo quando al momento di crossare, più che cercare di metterla sulla testa del tuo centravanti, miravi alle mani del difensore. Poi si corregge e bòn, avanti così, cercando di limitare il dolo e di esaltare il gioco.
Io vado pazzo per il Var ma non vado pazzo per i rigorini: se si trovasse il modo di valutare con precisione il danno subito dall’attaccante, sarei più tranquillo. Se si trovasse il modo di distinguere con precisione tra azioni vere e azioni forzate, lo sarei ancora di più. Il riferimento è al rigore su Lautaro, dove c’è tutto il meglio e il peggio del Var e dei giocatori. Ci sono due energumeni della Juve che arrivano da dietro a contrastare l’attaccante, ce n’è uno che gli prende in pieno il ginocchio destro, c’è l’attaccante che allarga la gamba sinistra per farsi toccare dall’altro. Mi piace tutto questo? No, non tanto. Mi rimetto al giudizio di tre arbitri professionisti che guardano lo stesso monitor che fanno vedere a me conoscendo le regole meglio di me.
Abbiamo scoperto un universo di sfioramenti e pestoni, strusciamenti e incroci che il calcio pre-Var negava ai nostri sguardi e alle nostre considerazioni. Con qualche eccesso – il calcio è pur sempre un gioco di contatto, vivaddio – siamo planati su un terreno diverso, dove si capisce bene cosa si può fare e cosa no. Funziona? Non sempre, non benissimo. Ma molto meglio di quando tutto era lasciato ai soli occhi dell’arbitro e a un susseguirsi di tensioni e polemiche, alcune eterne (per non dire della tensione da stadio, oggi molto ammorbidita perchè “l’hanno visto al Var”).
In una stagione, in questo eterno gioco di sfumature, nella singola percezione di uomo di parte è chiaro che il Var un po’ ti dà (evvai!) e un po’ ti prende (ma vaffanculo!). Per quanto ci riguarda, resto ancora basito dal rigore contro di noi non dato in Torino-Inter. Per il resto, tutto nella norma, un dare e avere sereno (una modalità che dovrebbero adottare tutti, visto che la regola adesso è questa). Che alla Juve piaccia a no, se hanno dato rigori a noi e se ne hanno dati contro la Juve vuol dire che c’erano, punto. C’est la vie. C’est la vie avec le Var, maudits bossus.