
Ci ho messo un po’ – giusto qualche decennio – ma quest’anno alfin mi sono arreso. Il giochetto del “più grande di tutti i tempi” ci piacerà anche un sacco ma non ha alcun senso, basta, diciamolo. E’ un simpatico espediente per parlare ore di un argomento che ti stuzzica, ma appunto resta un giochetto. Simpatico e inutile, come tutti i giochetti. E dopo essermici immerso più volte anche in questo 2022 – da Federer a Messi a Pelè, passando per qualche anniversario, qualche serie tv e qualche suggestione – finalmente ho capito che nello sport il più grande di tutti i tempi non esiste. E che il tempo va nessariamente diviso in epoche, e per ogni epoca si può trovare il più grande (o non trovarlo, perchè le generazioni non sono tutte uguali). E fermarsi lì.
Come si possono paragonare i tennisti che usavano le racchette di legno a quelli che usano le racchette in carbonio/titanio/plutonio/antimonio? Come si posso paragonare gli sciatori di 60 o 30 anni di fa a quelli di oggi (e gli sci, e le piste)? Come si possono paragonare Fangio, Lauda, Schumacher e Verstappen tra le bare volanti di un tempo e le macchine che oggi vanno quasi da sole? Come si possono paragonare, in generale e in qualsiasi sport, gli atleti di 100 o 50 anni fa a quelli di oggi per stuttura fisica, metodologie di allenamento, materali/tempo/soldi a disposizione?
Arrivato a Pelè, insoma, mi sono messo il cuore in pace. Pelè è il più grande di ogni epoca? Maradona è megli’e Pelè o viceversa? E Messi, vuoi mettere Messi?
La morte di Pelè chiude per sempre la storia di un calcio che non esiste più e di cui Pelè era volto, anima, tutto. Pelè è un mito del calcio, senza dubbio, ma di un calcio prevalentemente in bianco e nero, un calcio poco documentato (a parte Italia-Brasile di Mexico ’70, quante partite avete visto di Pelè?), un calcio più immaginato che vissuto. Pelè ha vinto tre mondiali e questo basterà per sempre a farne una leggenda. Fu vera gloria, certo, tra i millemila gol e le millemila veroniche, stella di tre Brasili pieni di talento e solidità (no saltimbanchi), personaggio positivo, semidio del pallone, front-man di un movimento, il sorriso a 320 denti, Pelè, Pelè! eccetera.
Ma il modello-Pelè oggi non sarebbe riproducibile. Oggi una leggenda del calcio non potrebbe non giocare nemmeno una partita di club in Europa. Oggi non potrebbe esistere un Pelè che se ne sta tutta la carriera nel Santos e poi da monumento vivente va a vivere un crepuscolo durato nei Cosmos, in un calcio che praticamente non esiste. Oggi non sarebbe concepibile un campione che non si vede, un campione con statistiche incerte, un campione che vedi apparire ogni 4 anni. E sì, ok, sono apparizioni abbacinanti. Ma oggi se non vedi partite per due giorni di fila vai in astinenza, figuriamoci ci fosse un Pelè che vedi un mese sì e 4 anni no. Oggi sarebbe inaccettabile non diffondere la bellezza di un Pelè. Oggi un Pelè non se ne starebbe mai rintanato in un altro emisfero senza diffondere la sua bellezza (e incassare il giusto). Ma oggi è oggi, e Pelè è – inequivocalbilmente – un campione di ieri.
Quindi: Pelè è stato il migliore della sua epoca (una quindicina di anni da primadonna assoluta dello sport più amato del mondo, per assurgere alla gloria eterna), Maradona della sua (una rock star con una cazzimma calcistica mai più raggiunta da nessun uomo), Messi della sua (giocatorone simbolo di uno sport sempre più ricco, sempre più frenetico, sempre meno affascinante).
Poi, siccome non puoi recintare nè la nostalgia nè le pulsioni calcistiche, ognuno decida chi è stato il più grande. Ma per sè, non per l’umanità intera. Certe classifiche non esistono, sono solo giochetti utili a riempire pagine e tabelle. Diffidate delle classifiche “ogni tempo”. Di Pelè restano la tecnica e la leggerezza, quella proprietà che hanno avuto in pochi di attraversare il campo su un cuscino d’aria prima di scegliere se segnare di tocco o di potenza o liberare il compagno al tiro, sempre comunicando una certa superiorità rispetto a un mondo di gente normale. Palè era Pelè, il re, che trasformava in oro ogni pallone, che veniva bene anche nelle foto. Resta il gol dell’1-0 di Italia-Brasile, un colpo di testa incastonato in una carriera di colpi di piede, eppure un colpo di testa maestoso, fluttuando nell’area e poi schiacciando con una potenza inumana, ed è un peccato che questa impresa fisica e tecnica non sia stato oggetto di studio come ogni singola mossa di CR7, scoregge comprese.
Ecco. Avrò più cose da ricordare di Pelè che di Messi, questo è sicuro, pur avendo visto una sola partita di Pelè e almeno cento di Messi. Maradona non so, è un’altra categoria di uomo e di campione, nel bene e nel male e anche nel malissimo: di lui ricorderò più cose di Pelè e Messi messi (ops) insieme.
