Sapessi com’è strano combattere il razzismo a Milano

Ma la scena di Lukaku che tira un rigore sotto la curva ospite e si becca del negro e della scimmia a ritmo di uh-uh-uh non l’avevamo già vista? Aspetta che guardo. Ah, sì.

Cagliari, 1 settembre 2019. Mancavano sei mesi alla pandemia ed eravamo tutti più felici. Poi noi interisti eravamo felicissimi perchè ci avevano appena comprato Lukaku. E Lukaku, alla seconda giornata di campionato, segnava un rigore decisivo. E la curva del Cagliari si era occupata di dargli il benvenuto alla prima trasferta in suolo italico.

Benchè questa roba facesse vomitare di suo, la cosa grave doveva ancora accadere. Due giorni dopo, il 3 settembre 2019, questo post fu post pubblicato sulla pagina Facebook “L’urlo della Nord” (me ne occupai qui, ma lo riporto integralmente perchè è bello rileggerlo insieme. Alla parola Cagliari – città – sostituite con Torino. Alla parola Cagliari – società sportiva – sostituite con Juventus):

Ciao Romelu

Ti scriviamo a nome della Curva Nord, si i ragazzi che ti han dato il benvenuto appena arrivato a Milano.

Ci spiace molto che tu abbia pensato che quanto accaduto a Cagliari sia stato razzismo.

Devi capire che l’Italia non è come molti altri paesi europei dove il razzismo è un VERO problema.

Capiamo che ciò è quello che possa esserti sembrato ma non è così.

In Italia usiamo certi “modi” solo per “aiutare la squadra” e cercare di rendere nervosi gli avversari non per razzismo ma per farli sbagliare.

Noi siamo una tifoseria multietnica ed abbiamo sempre accolto i giocatori provenienti da ogni dove sebbene anche noi abbiamo usato certi modi contro i giocatori avversari in passato e probabilmente lo faremo in futuro.

Non siamo razzisti allo stesso modo in cui non lo sono i tifosi del Cagliari.

Devi capire che in tutti gli stadi italiani la gente tifa per le proprie squadre ma allo stesso tempo la gente è abituata a tifare contro gli avversari non per razzismo ma per “aiutare le proprie squadre”.

Ti preghiamo di vivere questo atteggiamento dei tifosi italiani come una forma di rispetto per il fatto che temono i gol che potresti fargli non perché ti odiano o son razzisti.

Il razzismo è una cosa completamente differente e tutti i tifosi italiani lo sanno bene.

Quando dichiari che il razzismo è un problema che va combattuto in Italia, non fai altro che incentivare la repressione di tutti i tifosi inclusi i tuoi e contribuisci a sollevare un problema che qui non c’è o quantomeno non viene percepito come in altri stati.

Noi siamo molto sensibili ed inclusivi con tutti. Possiamo garantirti che tra noi ci son frequentatori di diverse razze e provenienze che condividono questo modo di provocare i giocatori avversari dell’Inter persino quando questi ultimi sono della loro stessa razza o provenienza geografica.

Ti preghiamo di aiutare a chiarire quello che realmente è il razzismo e che i tifosi italiani non sono razzisti.

La lotta al VERO razzismo deve cominciare nelle scuole non negli stadi, i tifosi son solo tifosi e agiscono in modo differente allo stadio e nella vita reale.

Stai certo che quello che dicono o fanno a un giocatore di colore avversario non è quello che direbbero o farebbero nella vita reale.

I tifosi italiani non saranno perfetti ma sebbene comprendiamo la frustrazione che ti possono creare certe espressioni, queste non sono utilizzate a fini discriminatori.

Ancora una volta …

BENVENUTO ROMELU

Essendo personalmente convinto che i problemi vadano risolti avvicinandosi quanto più possibile alla radice, è chiaro che ogni volta che si parla di razzismo negli stadi mi viene in mente questo post e vengo preso dallo sconforto. Questo post ci dice una cosa: che noi possiamo prendercela con un gruppetto di tifosi decebrati della Juve per quello che è avvenuto martedì sera nel finale della partita di Coppa Italia, ma dobbiamo anche sapere che la nostra curva – se c’è un minimo di coerenza di pensiero – darebbe ragione a loro e non a noi e a Lukaku. E allora niente, perchè parlarne?

Già, perchè? Beh, proviamo a parlarne in relazione agli arbitri. Lukaku ha ricevuto la seconda ammonizione per la sua esultanza dopo la trasformazione del rigore. A termini di regolamento, l’ammonizione ci sta: se un arbitro ritiene che l’esultanza sia provocatoria, deve ammonire. E io dico che un centravanti dell’Inter che si ferma sotto la curva della Juve a dire a tutti di stare muti, beh, un po’ provocatorio lo è. Ma un arbitro, anche (anzi, forse soprattutto) tramite i collaboratori, deve saper valutare il caso specifico. Se io a freddo trasformo un rigore e mando tutti affanculo, sono un provocatore. Ma se io trasformo un rigore tra gli ululati e dopo un quarto d’ora di scimmia di qua e negro di là, forse il provocato sono io. O no?

E proviamo a parlarne in relazione alla televisione. La Coppa Italia ci ha fatto ripiombare nel magico mondo di Mediaset, dove nessuno si è sognato per tutto il dopopartita di porsi il problema del perché dell’incazzatura di Lukaku, lasciando intendere (anzi no, dicendolo espressamente) che era nervoso per problemi personali e di squadra. Mentre scorrevano le immagini di Cuadrado che tira un pugno ad Handanovic (che nessuno faceva notare), dicevano di guardare bene perchè sembrava che Dumfries tirasse un calcio a qualcuno nella mischia. E’ un buon servizio alla verità? E’ normale tutto questo?

E proviamo a parlarne anche alla nostra comunicazione. Inzaghi che a domanda precisa parla d’altro no, non va bene. Inzaghi non va lasciato solo. A Inzaghi bisogna parlare prima che vada davanti ai microfoni. Inzaghi deve riordinare un secondo le idee e avere ben chiare le cose da dire. Bastava che usasse la parola vergogna, o condannasse l’accaduto. In generale, al di là della Juve, perché non è mica una cosa che avviene solo a Torino, per carità. Però tre parole dell’allenatore a partita appena finita avrebbero funzionato di più di un comunicato (giusto, doveroso) 12 ore dopo.

E poi, razzismo a parte (su cui non bisognerebbe nemmeno discutere, e invece ogni volta sembra di ripartire da zero), vorrei che l’Inter si occupasse di sistemare le cose con la Juve. La questione Lukaku e la questione Handanovic vanno affrontate forti di testimonianze audio e video. Non mi interessa quante giornate daranno a Cuadrado: mi interesserebbe vedere l’Inter che cerca di farsi rispettare. Tanto più se la controparte è la Juve, che con noi non deve abituarsi nè a giocare a volley nè a fare le risse tipo “Altrimenti ci arrabbiamo”. Ecco, sì: arrabbiamoci e basta. Con classe, eleganza, rispetto. Ma arrabbiamoci.

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La peggio Juventù

Il giorno che aboliranno la Juve sarà sempre troppo tardi. Nel mentre, potremmo iniziare a dare un senso alla nostra stagione abolendoli almeno dalla Coppa Italia 2022/23: un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’interistità. Voglio cogliere dal finale di Juve-Inter i primi segnali veramente positivi da Porto-Inter in poi: stavamo perdendo a Torino, con un gol di Cuadrado (il sesto gol che ci fa questo essere fastidioso) la terza partita stagionale su tre con i gobbi, una circostanza che poteva farci sprofondare nella depressione più assoluta. E non è successo. Perchè il giocatore che ci hanno fottuto sul mercato barando sui conti – il karma – ha fatto un fallo di mano ridicolo all’ultima azione della partita e toh!, in un attimo è cambiato tutto.

Così è finita in rissa, come l’altra volta, Cuadrado come Paredes, provocatori di bassa lega che in effetti sì, bisognerebbe menare se solo il regolamento lo consentisse. L’espulsione di Lukaku è tecnicamente giusta, segnare e dire alla curva avversaria di stare muti vale l’ammonizione. Meno tecnicamente giusto è dare della scimmia di merda e fare uh-uh-uh a un giocatore non caucasico: non sarebbe male se saltasse fuori anche questo, invece di farsi tante domande sul perchè Lukaku fosse così nervoso.

Così come andrebbe indagato cosa abbia fatto uscire di testa il nostro Handanovic, uno che nella scala della litigiosità è nello stesso girone di Padre Pio, Gandhi e Paperoga. Sarebbe stato bello vedere Samir lanciarsi a peso morto tipo John Cena sul guappo colombiano (il cui pugno destro guantato di nero sembra viaggiare verso la faccia del nostro capitano wrestler), ma il calcio ha delle regole che lo rendono un po’ noioso, a volte.

Anche noi, a proposito, un po’ lo siamo. Noiosi, dico. Il 61% di possesso palla a Torino contro la Juve è lodevole, ma la ragnatela di passaggi scontati non produce altro, appunto, che possesso. I guizzi arrivano ogni tot. Forse un giorno, quando la ruota girerà, i guizzi random basteranno e avanzeranno. Oggi no. E sono 500 minuti che non facciamo un gol su azione.

Segnare ci servirebbe assai, visto che la ruota non gira anche per la difesa, punita oltre i suoi demeriti per una cazzata che ogni tanto può scappare (oggi a Gosens) e che puntualmente si trasforma in un gol preso. Per il resto, al netto di quello che comporta un momento no, a Torino si è vista grinta, attenzione, consapevolezza. Il giorno che ne metteremo uno – e prima o poi capiterà – potremmo dare una svolta. Tardiva, ma vera.

Ma rimanendo alla Coppa Italia, dove con la gestione Inzaghi proseguiamo imbattuti, adesso abbiamo una missione precisa: eliminarli. Basta, hanno rotto i coglioni, non meritano altro. Il fair play non si applica con la Juve. In attesa del 41 bis, a Milano dobbiamo concludere l’opera iniziata al minuto 95 a Torino (appena in tempo, ma con grande piacere): cacciarli fuori, perché ce lo chiede il mondo dei giusti.

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Carnage

Dopo un sabato segnato da Inter-Fiorentina, in piena crisi di rigetto mi sono ritagliato una domenica senza calcio. Ma niente niente niente. Zero, neanche un’immagine, un highlight, una sintesi, un servizio, uno spezzone. Niente di niente.

“No dai, impossibile”.

Fornisco le prove. Dunque, sveglia presto per andare a una gara. Facendo colazione, guardo la partenza del Gp di Formula 1 – e poi più che altro la safety car. Poi esco, 40 minuti di macchina, una bella corsetta di 10 km, convenevoli, ritorno, pranzo, pennica. Poi vado a teatro. Torno, mi guardo Sinner, che finisce fin troppo presto (nel mentre faccio zapping con l’Olimpia). Poi un pezzo di replica di Miami-Dallas di Nba, poi una serie tv. Poi libro, poi dormo. Serie A: nemmeno un secondo. Nemmeno un risultato.

Ragazzi, dovreste farlo anche voi. E’ un esperimento interessante. Si può sopravvivere senza problemi.

Ecco, semmai il problema è stato il lunedì al risveglio. Perchè sono bastate due scrollate al telefonino per rendermi conto che, in mia assenza, avevano vinto tutte – Lazio, Milan, Roma, persino l’Atalanta – e che dunque iniziavo calcisticamente la settimana in un mare di merda che mai mi sarei immaginato. Ho staccato i contatti sabato sera, che in fondo eravamo virtualmente terzi, per risvegliarmi 36 ore dopo quarto a pari merito (quindi, un po’ quinto) e con la sesta attaccata al culo.

Praticamente un disastro.

Il secondo problema è che in questo mese non ci sarà nemmeno il tempo di lamentarsi. E’ già ora di Coppa Italia e di Juve. Poi di nuovo campionato nel venerdì della Via Crucis (tu guarda le coincidenze), poi il Benfica ci sorprenderà con la fetta di colomba ancora in mano. E via così fino al 30, aspettando di vedere cosa ci riserverà maggio.

Mentre mezza Italia sta cantando il De Profundis a Inzaghi, l’Inter bipolare switcha sulle coppe che, proprio da quando c’è Inzaghi, sta affrontando con un percorso quasi netto. Imbattuta in Italia (Coppa Italia 2022 vinta, due Supercoppe vinte, Coppa Italia 2023 semifinali) e moralmente immacolata in Champions (dove in due edizioni abbiamo perso “solo” con il Bayern quest’anno e con Real e Liverpool – cioè le finaliste – lo scorso anno, sempre e comunque con delle corazzate). Mica l’apocalisse delle 10 sconfitte in campionato, con 10 partite ancora da giocare. E quindi potremmo anche nutrire qualche discreta speranza.

Il terzo problema è: adesso, però, chi si fida più dell’Inter, di Inzaghi e di tutta la compagnia bella?

Il quarto problema è: io staccherei fino alla mattina del Primo maggio, al risveglio, dove potrei con calma recuperare tutti i risultati e soffrire una volta sola. Già, ma come si fa?

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Il metaverso di Simone

Dio mio, lo ha detto ancora. “Se avesse segnato due gol, adesso staremmo parlando di un Romelu eccezionale”. Dopo le parate laser di Handa, ecco il calcio eventuale e parallelo di Inzaghi: un metaverso in cui si sospendono i giudizi perchè le cose avrebbero potuto andare in un altro modo. Abbiamo perso, ma se avessimo segnato due gol avremmo vinto. Lukaku ha sbagliato tutto, ma se avesse fatto tutto giusto sarebbe l’Mvp del campionato. E via così. E quindi: siamo entrati in un tunnel di cui non si vede la fine, ma se ne fossimo rimasti fuori adesso staremmo bene.

Lukaku – che se non avesse i genitori dello Zaire adesso sarebbe più slavateo di Correa e che se fosse in forma adesso parleremmo di un super Lukaku e che se non pesasse cento e passa chili adesso sarebbe più magro – è più che mai l’uomo-simbolo di questa Inter che non segna un gol su azione da un mese – ma che se nell’ultimo mese avesse sempre segnato su azione adesso staremmo parlando di un’altra Inter. Lukaku, che stiamo attendendo da otto mesi. Lukaku, che non segna su azione in campionato dalla prima giornata. Lukaku, che se non gli volessi bene adesso gli vorrei male. Perchè in questo momento a me girano i coglioni, ma se vincessimo tutte le partite che giochiamo adesso mi riderebbe anche il culo. Il problema è che sono interista, perchè se fossi della Fiorentina adesso parlerei di tutt’altra serata.

Ragazzi, come ne usciamo? Certo, se avessimo segnato adesso non avremmo problemi. E qui, debbo dire, Inzaghi un po’ ha ragione. I gol che abbiamo sbagliato stasera, per quantità e qualità degli errori, non sono sopportabili da chicchessia. Siamo al limite del sabotaggio. Quella di Barella è stata sfiga, ma quella degli altri cosa è stata? Cosa impedisce a questa squadra, che di occasioni se ne procura a iosa, di non realizzarne nemmeno una? Perchè a nessuno viene l’istinto (di conservazione, in fondo) di catapultarsi in rete con il pallone invece di farsi venire le gambe molli al momento clou? Perché stiamo rinunciando a segnare?

La catastrofe delle cifre (10 sconfitte in 28 partite, è un miracolo essere ancora tra le primi cinque o sei) investe ormai da settimane – anzi, mesi – quella dei gol. Da inizio 2023, a ritorno dalla pausa mondiale, ne abbiamo segnati 20 in 18 partite, coppe e coppette comprese, che sono clamorosamente pochi rispetto al nostro andazzo. Nelle ultime nove, per 5 volte non abbiamo segnato.

E insomma, se non segni dove vuoi andare? Non è colpa di Zhang o di Marotta, nemmeno di Inzaghi se questa squadra sistematicamente non la mette più. Non si può nemmeno dire che giochi male, di certo non si può dire che non crei opportunità. Però non segna. Non segna più. Ha quasi paura di segnare.

Già mi vedo il giorno in cui questa cappa di pochezza e di scarsi coglioni si dissolverà e vinceremo una partita 8-0 ed entrerà tutto, tiri sbagliati, cross sbilenchi, tocchi involontari. Nel frattempo, stiamo rovinando questa stagione e le prossime – perchè, ve lo dico in confidenza, non qualificarsi in Champions sarebbe un disastro epocale. La prima delle nove partite di aprile se n’è andata così. Ho paura delle prossime otto. Perchè se segnassimo tre gol a partita adesso saremmo tutti qui a parlare di un’altra Inter, santa madonna.

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Nirvana Lisbona

Secondo le ultime rilevazioni dell’Oms portoghese, la qualità della vita a Lisbona è enormemente migliorata negli ultimi 5 giorni. La spesa in antidepressivi è scesa del 25%, il Pil è salito del 12%, le donazioni alla banca del seme sono aumentate dal 124% e, in questo clima di rinnovata letizia, gli esperti si attendono un incremento delle nascite del 18% tra nove mesi, a cavallo tra il dicembre 2023 e il gennaio 2024. Il team di sociologi dell’Oms Portugal mette tutto questo in relazione alla visione collettiva dei sorteggi di Champions (venerdì 17) e delle partite di calcio Udinese-Milan (sabato 18) e Inter-Juventus (domenica 19). Tre giorni di escalation di euforia al termine dei quali sono diminuti i reati, aumentate le opere di bene e schizzate verso l’alto le prenotazioni di voli charter verso Napoli per la prima meta di maggio.

In particolare, nella serata di domenica a Lisbona è diminuto del 57% l’uso di droghe leggere. Tutto questo perchè, a detta gli esperti, la partita Inter-Juve (trasmessa in Portogallo da Dazão) ha avuto sugli sportivi della capitale portoghese l’effetto di una gigantesca canna. Il che oggettivamente ha un suo perché: nell’ottica di un tifoso del Benfica, come e perché preoccuparsi di quella squadra con la maglia a strisce nerazzurre incredibilmente approdata ai quarti di finale di Champions (così come agli ottavi erano incredibilmente approdati gli altri nerazzurri del Club Brugge) (tanto che a Lisbona ormai danno per scontato che le squadre nerazzurre siano una gigantesca botta di culo) e sconfitta nel cosiddetto derby d’Italia da una squadra bianconera che sì, sembrava vagamente la Juventus, cui è bastato uno schema primitivo – un pullman parcheggiato in area, qualche discreto contropiede, un furto – per incassare comodi comodi tre punti?

Vabbe’, a Lisbona non è che hanno l’anello al naso. Sapranno che c’è un’Inter di campionato che ne perde una ogni tre, e che c’è un’Inter di coppa che sembra avere una diversa visione delle cose e una diversa applicazione mentale. Quindi, voglio dire, non è che il Benfica all’andata schiererà la Primavera per preparare al meglio la trasferta di campionato con il Chaves, questo no. Però, perchè macerarsi nella preoccupazione dopo aver visto una squadra che perde una partita dopo aver avuto il 70% del possesso palla (il 69% dedicato a passaggi laterali o all’indietro), dopo aver scoccato 18 tiri (16 dei quali non pericolosi, 11 dei quali molto distanti dal pali) ed effettuato 25 cross (23 dei quali inutili, loffi, scentrati, imprecisi, molli, scontati, alla cazzo,che li avrei respinti anch’io vestito da happy hour e con su gli occhiali)? Perchè non pensare che basti giocare un po’ alla Juve per avere ragione di questa Inter, una squadra che – al netto di prodezze individuali sempre possibili, perché per fortuna abbiamo fior di giocatori – se gioca così va solo a sbattere contro un muro, perchè in difesa una cazzata (o più d’una) la facciamo di default e davanti l’ultimo dribbling vincente lo ha fatto Perisic che gioca altrove da ormai 8 mesi?

Domenica sera cinque minuti di visione dell’azione Gianelli-Zaytsev non sono bastati ad annullare il gol che abbiamo preso, ma nulla annullerà la vista di una difesa fuori posizione alla prima azione un pochino veloce e di un terzino olandese che si posiziona diligentemente lontano dall’uomo al tiro e perfettamente allineato col proprio portiere per coprirlo. A Monza ci hanno rubato la partita (gol regolare incredibilmente annullato, sarebbe stato il 3-1, mancava poco, match chiuso) e due punti dei tre già intascati. La supercazzola visuale e intellettuale di Inter-Juve ci è costata forse un punto, dico forse, perchè la partita sarebbe al massimo finita 0-0, non avremmo mai segnato (giusto un’autorete, un tiro destinato al quarto anello che poteva incocciare un gomito di uno di quegli armadi semoventi che avevano in mezzo) e questo bisogna serenamente riconoscerlo.

Che poi non è mica una sorpresa. L’Inter ha segnato 3 gol nelle ultime 5 partite disputate, 11 nelle ultime 12 (che sono quelle seguite al 3-0 al Milan in Supercoppa). Sono due mesi che andiamo avanti così ed è un miracolo che segnando un solo gol abbiamo passato il turno in Champions. Non è impossibile, ok, ma non è detto che possiamo andare avanti imperterriti segnando una partita sì e l’altra no. D’accordo che il Benfica è maledetto nei secoli da Bela Guttman, ma non è giusto affidarsi solo a una circostanza esoterica.

Il Benfica è il Napoli del Portogallo. 22 vittorie su 25 in campionato, un girone di Champions vinto con Psg e Juve, è la versione ripulita e sciccosa del Porto. Anche se è molto meglio del Chelsea di quest’anno, anche se si mangerebbe questo Milan in un solo boccone, avere avuto in sorte il Benfica è meglio che avere avuto il Chelsea (che ha un profilo alto) o il Milan (no, non voglio pensare a due partite tra squadre sull’orlo della tragedia, non ce l’avrei fatta). Di certo non va sottovalutata. Anzi, dopo Inter-Juve possiamo sperare che loro stiano sottovalutando noi.

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Filotto

Per andare peggio poteva giusto piovere. Nell’ordine: 1) abbiamo perso con la Juve; 2) in casa; 3) con un gol probabilmente (eufemismo) da annullare; 4) facendo abbastanza cagare; 5) sistemando l’agghiacciante statistica di campionato con la nona sconfitta su 27 partite: una sconfitta ogni 3 partite, adesso la divisione è impietosamente esatta.

Partirei dal punto 4) perché questo match con la Juve è stato il suggello a un mese pessimo, con l’eccezione del pareggio a Porto. Nelle tre settimane intercorse da Bologna-Inter a Inter-Juve abbiamo giocato 5 partite: 1 vinta (Lecce), 1 pareggiata (Porto), 3 perse (Bologna, Spezia, Juve), segnando 3 gol (di cui uno su rigore) e subendone 4. Limitandoci al campionato, sono 3 sconfitte nelle ultime 4. E limitandoci alle ultime due (Spezia e Juve) ci siamo esibiti in due partite con il 70 per cento di possesso palla, 100 tiri e 200 cross senza ricavarne una cippa (un golletto su rigore, appunto, e zero punti).

La classifica è ansiogena. Nell’ultimo mese quattro squadre si sono fermate (noi e la Roma 3 sconfitte nelle ultime 4, il Milan 2 sconfitte nelle ultime 3, l’Atalanta 3 sconfitte nelle ultime 5) e tre sono andate a un’altra velocità (Napoli, Lazio e Juve 4 vittorie nelle ultime 5). La Lazio ci ha superati. La Juve, senza penalizzazione, sarebbe 6 punti avanti. Siamo terzi, virtualmente quarti. Le Coppe distraggono? Vale per noi e il Milan, non certo per il Napoli e la Juve. La Lazio, invece, ha mollato l’Europa e adesso può fare una cosa sola, e se la fa bene per noi sono cazzi.

Marzo finisce qui, adesso c’è la pausa che una volta tanto potrebbe servirci a tirare il fiato e riordinare le idee, che sono molto confuse. Aprile sarà spaventoso: 9 partite in 30 giorni, di cui due con il Benfica, due ancora con ‘sta Juve di merda e cinque di campionato con una piacevole sensazione da acqua alla gola (Fiorentina, Monza e Lazio in casa, Salernitana ed Empoli fuori). Sono tutte finali, servono undici leoni, tirate fuori i coglioni (seguono altri luoghi comuni a tema).

Ah già, Inter-Juve. Prima di affrontare il punto 3) soffermiamoci sul punto 4), perchè il 70% di possesso, i 18 tiri quasi tutti fuori e i 25 inutili e stereotipati cross non hanno prodotto niente che non sia frustrazione per aver perso anche la seconda partita stagionale con la Banda Bassotti. 18 tiri e 25 cross ingrassano le statistiche e basta: spremi tutto e vengono fuori un paio di occasioni vere, il resto è fuffa.

Certo, venendo al punto 3), se Chiffi avesse annullato il gol di Kostic adesso saremmo qui a parlare di un’altra partita

(dio mio, ormai parlo come Inzaghi)

e oggettivamente la cosa è difficile da mandare giù. Rabiot (l’erede di De Ligt nel volley su prato) tocca col braccio davanti a Chiffi, il Var ha a disposizione almeno tre diverse visuali dell’azione per accertarsene. Un po’ la tocca anche Vlahovic, ma meno. Se non bastano 5 minuti di replay per capire se questo tocco c’è stato o no, boh, cosa dobbiamo introdurre, il Var termonucleare? E poi perché l’arbitro (che l’azione l’ha vista benino dal vivo) non si spreca nemmeno a dare un’occhiata alle immagini?

In questo post partita, però, a farmi guardare il soffitto esprimendo un intimo sconcerto non sarà il braccio di Rabiot, ma le 11 teste e le 22 gambe dei nostri: poche idee, poco spunto. Che questi 12 giorni di marzo ci portino sollievo e giudizio, sennò aprile sarà un massacro.

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Céline Nyon

Domani alle ore 12 a Nyon (cittadina svizzera detta la piccola Parigi, nota per la squadra di calcio, l’Olimpique Nyon, e per la linea dell’alta velocità Torino-Nyon) si svolgeranno i sorteggi per i quarti di finale della Uefa Champions League. Vediamo quali sono le possibili avversarie della nostra squadra del cuore, l’Fc Internazionale Milano.

Bayern. A parte che quando prendi una squadra nel girone eliminatorio dovrebbero poi escludertela da ogni possibile incrocio nei successivi 5 anni (ma l’Uefa perde tempo in cazzate invece di affrontare questioni urgenti), a parte questo, dicevo, a Munchen sono terrorizzati dal sorteggio con l’Inter. “Non possono essere così scarsi e passivi come nel girone”, dicono. E temono che sia stato tutto un piano architettato da Zhang e Marotta per prepararsi il terreno e fotterli con l’effetto sorpresa. Sorteggio: ottimo.

Benfica. Squadra di una povertà imbarazzante – basti pensare che la stella assoluta è Joao Mario – e di un culo senza pari: dopo un girone di qualificazione con due squadre materasso (Haifa e Juve) si è beccato il Bruges agli ottavi, tipo fare un 6 al Superenalotto giocando 1 euro trovato per terra davanti al bar. Colpita nei secoli dei secoli della maledizione di Bela Guttman, non vincerà mai un cazzo di niente. Quindi ha solo tre alternative: uscire ai quarti con noi, uscire in semifinale con noi, perdere in finale con noi. Sorteggio: ottimo.

Chelsea. Decima in Premier League, cioè, è tipo il Sassuolo della Perfida Albione. Graziata dalla Dea Bendata con un girone eliminatorio con tre squadre materasso (Zagabria, Salisburgo e Milan) e con un ottavo appena insidioso (Dortmund), il Chelsea fa ca-ca-re da mesi e non si capisce perchè proprio ora, d’incanto, dovrebbe migliorare. Sorteggio: ottimo.

Manchester City. Così, a occhio, ti verrebbe da dire: ma manco per il cazzo. E invece la prospettiva di passaggio del turno, a un’analisi appena più approfondita, è piuttosto a portata di mano. E’ tutto molto semplice: alla terza volta che sarà scherzato da Acerbi (anticipato di testa, di piede, di nuca, naso, orecchio, tibia), Haaland perderà le staffe, protesterà, sarà ammonito, poi espulso e squalificato per il ritorno. E noi passeggeremo su cadaveri vestiti con la maglia azzurrina. Sorteggio: ottimo.

Milan. Fanno così cagare che, non avendo nulla da perdere (cioè, fare ulteriormente cagare), rischiano di diventare pericolosi. Del resto sono solo 20 anni che mi sveglio sudato di notte vedendo Kallon che tira e Abbiati che allunga il piede. Qui si rischia di somatizzare. E’ uno di quegli incroci che non ti augureresti mai. Cioè, sintetizzando: una figata. Sorteggio: ottimo.

Napoli. E’ la squadra con cui abbiamo il migliore score stagionale: 1 partita, 1 vittoria, 0 gol subiti. Che dire? Praticamente una mascotte. Sorteggio: ottimo.

Real Madrid. Detentrice del trofeo, ha appena piallato il Liverpool segnandone 5 ad Anfield. Con noi ha precedenti atroci. Sta sul cazzo a mezzo mondo. E’ allenata da Ancelotti. Insomma, diciamocelo: meglio togliersela dai coglioni subito, ‘sta squadraccia. Sorteggio: ottimo.

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Porto, bello

Cuore, coraggio, concentrazione, cervello, compattezza, calma, culo. Elencandone i pregi, e limitandomi alla sola lettera C, mi inchino davanti all’Inter di Champions. Perchè ormai è chiaro, esiste (per fortuna) un’Inter alternativa a quella che a fasi alterne ci fa incazzare di brutto in campionato. Un’Inter che in otto partite in Europa (un micidiale girone eliminatorio più un ottavo di finale tosto) è riuscita a non prendere gol cinque volte. E se ci aggiungiamo la finale di Supercoppa giocata extra moenia in Arabia, sono 6 partite internazionali su 9 con il clean sheet. Meglio non ripensare ai due gol su tre tiri presi dallo Spezia, e poi a Bologna, Monza, Udine eccetera. Due Inter così diverse – vedi alla lettera C – che non vale la pena andare oltre con i confronti.

Il bello e il brutto del calcio danzano sul filo dei millimetri. Se il Porto, nel suo arrembaggio al 254esimo minuto di recupero, avesse segnato e fossimo andati ai supplementari o ai rigori, adesso saremmo magari qui a recitare il De Profundis a Inzaghi o a stramaledire la Pazza Inter. Invece Dumfries era nella mattonella giusta per respingere un tiro destinato in gol, e Onana ha scelto bene il tempo per respingere sul palo un’incornata a colpo sicuro, e forse un brufolo sulla fronte di Taremi ha determinato la traiettoria finita sulla traversa invece che all’incrocio. Non bisogna vergognarsi di avere un po’ di culo, il calcio funziona così. Siamo ai quarti di Champions, il resto è noia.

E’ stata un’Inter che ha provato anche a vincerla, che non ha quasi mai rinunciato a giocare, che ha ridotto al minimo (rispetto allo standard 2022/23) le amnesie e le mollezze difensive. E’ stata un’Inter che ha saputo resistere, quando in stagione è stato un continuo calare di braghe. E’ stata un’Inter che ha voluto fortemente l’obiettivo, quando in stagione è stato un continuo nicchiare e devolvere punti a chiunque. Nelle coppe europee i turni si passano così, vedi alla lettera C. Non bisogna fare gli schizzinosi o i rompicazzo a prescindere: siamo ai quarti, punto, beviamoci una birretta in santa pace e celebriamo questa nottata sopra le righe.

Darmian, Calhanoglu, Mkhitaryan, Onana, Acerbi e via via tutti gli altri hanno onorato la maglia e la competizione. Erano 12 anni che non arrivavamo tanto in alto, quindi celebriamo. Fino a venerdì a mezzogiorno possiamo girare con il nostro sorrisino ebete. Poi vedremo se saremo destinati a un massacro o se ci si presenterà una nuova occasione. L’importante è presentarsi all’appuntamento con il giusto cipiglio. Il culo fa parte del gioco, il resto ce lo dobbiamo mettere noi. E se una volta tanto riusciamo a sembrare una squadra con i controcoglioni, beh, non esageriamo con le autocritiche. In fondo il Porto in due partite non ha segnato un gol: sarà mica colpa di Inzaghi pure questo?

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Sales

“Il calcio non fa sconti”, ha ripetuto allo sfinimento Inzaghi nella sua solita intervista post-partita campionata, quella in cui butta giù quattro concetti e poi li mette in riproduzione casuale. Intendeva dire che ti può capitare di perdere una partita in cui fai 28 tiri e 35 cross con il 70% di possesso palla, perchè se su 28 tiri ne metti dentro uno e gli altri su 3 tiri ne mettono dentro due, ecco, sì, in effetti vincono gli altri, in ossequio alla regola base di questo sport decadente. Eh, vero, niente sconti nè promozioni (chessò, un gol gratis ogni 10 tiri).

Gli sconti che non ci fa il calcio, purtroppo, sono ben altri. Questa assurda partita è l’ottava che perdiamo su 26 in campionato, una statistica senza sconti, già. Vuol dire a spanne che abbiamo perso due partite su sette disputate, una media – anche questa – senza sconti, perchè se ogni sette ne perdi due non vai molto lontano. Ne mancano 12, quante ne perderemo ancora? Conte ne aveva perse sette, ma in due campionati, 7 su 76, praticamente una ogni undici. Oggi siamo drammaticamente over quota. E mancano tre mesi alla fine.

Nelle ultime 5 partite, classificabili come facili (Udinese e Lecce in casa, Samp Bologna e Spezia fuori: calendario strafavorevole), invece di 13/15 punti – metti che a Bologna puoi anche pareggiare – ne hai fatti 7. Con la quartultima e l’ultima, invece di 6 ne hai fatto uno, segnando un gol su rigore. E ci mancherebbe pure chiedere lo sconto: tutta questa roba non la recuperi più e i punti dovrai andarteli a sudarteli altrove, con squadre più forti, con una gradazione del rischio enormemente più elevata.

Colpa della Champions? Sì, può darsi. A causa della Champions di punti ne ha buttati via parecchi anche l’Inter del triplete, figuriamoci se non può capitare a questa simpatica banda di cazzoni che è un ciccinino sotto quegli standard. Adesso ti tocca andare a Porto così, con il retrogusto di questa contro-impresa da aggiungere ai nostri Razzie Awards: hai perso facendo 28 tiri in porta contro una squadra che non vinceva in casa da sei mesi.

La beffa nella beffa? Lautaro ha tirato benino un rigore che Dragowski ha parato benissimo. Emile Nzola ha tirato maluccio un rigore che Handanovic ha intuito. La differenza sta tutta nel tuffo a sinistra praticamente identico dei due portieri: il loro è zompato come un gatto, il nostro si è accasciato per la forza di gravità. E in quella mano protesa verso l’altro e trascinata giù dai lombi pesanti c’è tutta la metafora di una squadra che rinuncia a prendere il volo.

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Assago Dreamin’

Alla disperata ricerca di un argomento meno depressivo di Bologna-Inter, e non trovandolo, mi ero quasi rassegnato a distrarmi pensando alla questione nuovo stadio, talmente poco appassionante e fumosa (almeno per me) che avrebbe potuto scatenare l’effetto opposto, costrigermi cioè a ripensare a Bologna-Inter, quantomeno per tenermi vigile.

Sulla questione stadio ho sempre mantenuto una posizione old style, coerente all’avanzare della mia età e al frullare dei miei coglioni: pronto a incatenarmi al Meazza per fermare le ruspe, contrario a mantenere uno stadio in coabitazione con il Milan (quando il mondo va da sempre in altre direzioni, persino a Torino), contrarissimo ad accettare l’idea di uno stadio superifghissimo ma con meno posti di quello attuale, perchè a me dei superstore e delle food area e del merchandising e del bird watching e del waterboarding non me ne frega un cazzo, io vado allo stadio a vedere la partita, si fa già un sacco di fatica a trovare i biglietti oggi, figuriamoci se tagliano 10-15-20mila posti, ma andate a farvi fottere voi e la vostra modernità, quando poi il calcio non lo vedranno nemmeno più dal divano ne riparliamo.

Poi, un giorno, accade una cosa. Si incontrano Inter, Milan e il sindaco di Milano, mezz’oretta a palazzo Marino tutti piuttosto nervosetti, al Meazza non ci vuole stare più nessuno (neanche se il Comune lo vendesse a una delle due a prezzo stracciato), l’idea di costruire lo stadio-cattedrale di fianco – un’idea frutto di un processo durato anni – diventa improvvisamente una cazzata concettuale, il Milan conferma che si sposterebbe in un’area a 15 minuti a piedi da San Siro, l’Inter dice che ha una possibile soluzione un bel po’ più lontano, in un’area grossomodo vicino al Forum, a cavallo tra i comuni di Assago e Rozzano.

Ora, per un interista extra Lombardia la cosa è piuttosto ininfluente, si tratterebbe di cambiare indirizzo al navigatore o di informare l’autista del pullman. Per un interista lombardo, qualcosina cambia. Per un interista a nord di Milano, o di Milano città metropolitana, cambia tutto. Per un interista di Pavia, cambia tuttissimo.

Cioè, poniamo che a un interista pavese anziano e nostalgico che da mesi e mesi dice a parenti e amici (quei pochi che gli restano) che si incatenerebbe a San Siro pur di fermare le ruspe, una specie di No Tav nerazzurro per il quale il Meazza è uno dei più bei luoghi al mondo – ma quali Machu Picchu, Grand Canyon, Taj Mahal, grandi muraglie, cascate, barriere coralline: stronzate – e non lo cambierebbe con niente al mondo anche con tutti i suoi difetti, ecco, poniamo che a questo relitto umano un giorno si presentasse un emissario dell’Inter alla porta e gli dicesse:

“Senti, influencer della terza età, abbiamo capito che tu non vorresti mai che San Siro bla bla bla, ma romperesti ancora così il cazzo se ti facessimo lo stadio ad Assago?”

Già. Tutto compreso – calcolando cioè anche il tempo che si perde a parcheggiare e a raggiungere a piedi l’antistadio – oggi per me andare a San Siro significa fare a seconda del percorso 42-45 km e calcolare un trasferimento di circa un’ora, un’ora e un quarto. Nel senso che dal momento in cui chiudo la porta di casa al momento in cui mi metto in fila al gate (qui inizia un’altra storia) trascorre questo lasso di tempo, che varia al variare del traffico sulla tangenziale e del culo a parcheggiare. Se invece lo stadio fosse ad Assago, questo lasso di tempo d’incanto si dimezzerebbe. Tipo che, in caso di partita alla sera, potrei cenare a Pavia, alzarmi e ruttare ad Assago.

E’ meraviglioso.

La questione è anche squisitamente morale. Mi scopro improvvisamente corruttibile. Vedo la luce, le luci (non a San Siro). Tutte le mie paturnie sul Meazza? Il mio nobile slancio perchè il nostro leggendario stadio non sia abbandonato nè tantomeno distrutto? Vabbe’, ma sono tranquillo. Se i tempi sono questi, spero che il nuovo stadio (se proprio necessario) lo facciano ad Assago, abbia le scale mobili e il deambulatore non venga sequestrato come arma impropria dagli steward.

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