Carnage

Dopo un sabato segnato da Inter-Fiorentina, in piena crisi di rigetto mi sono ritagliato una domenica senza calcio. Ma niente niente niente. Zero, neanche un’immagine, un highlight, una sintesi, un servizio, uno spezzone. Niente di niente.

“No dai, impossibile”.

Fornisco le prove. Dunque, sveglia presto per andare a una gara. Facendo colazione, guardo la partenza del Gp di Formula 1 – e poi più che altro la safety car. Poi esco, 40 minuti di macchina, una bella corsetta di 10 km, convenevoli, ritorno, pranzo, pennica. Poi vado a teatro. Torno, mi guardo Sinner, che finisce fin troppo presto (nel mentre faccio zapping con l’Olimpia). Poi un pezzo di replica di Miami-Dallas di Nba, poi una serie tv. Poi libro, poi dormo. Serie A: nemmeno un secondo. Nemmeno un risultato.

Ragazzi, dovreste farlo anche voi. E’ un esperimento interessante. Si può sopravvivere senza problemi.

Ecco, semmai il problema è stato il lunedì al risveglio. Perchè sono bastate due scrollate al telefonino per rendermi conto che, in mia assenza, avevano vinto tutte – Lazio, Milan, Roma, persino l’Atalanta – e che dunque iniziavo calcisticamente la settimana in un mare di merda che mai mi sarei immaginato. Ho staccato i contatti sabato sera, che in fondo eravamo virtualmente terzi, per risvegliarmi 36 ore dopo quarto a pari merito (quindi, un po’ quinto) e con la sesta attaccata al culo.

Praticamente un disastro.

Il secondo problema è che in questo mese non ci sarà nemmeno il tempo di lamentarsi. E’ già ora di Coppa Italia e di Juve. Poi di nuovo campionato nel venerdì della Via Crucis (tu guarda le coincidenze), poi il Benfica ci sorprenderà con la fetta di colomba ancora in mano. E via così fino al 30, aspettando di vedere cosa ci riserverà maggio.

Mentre mezza Italia sta cantando il De Profundis a Inzaghi, l’Inter bipolare switcha sulle coppe che, proprio da quando c’è Inzaghi, sta affrontando con un percorso quasi netto. Imbattuta in Italia (Coppa Italia 2022 vinta, due Supercoppe vinte, Coppa Italia 2023 semifinali) e moralmente immacolata in Champions (dove in due edizioni abbiamo perso “solo” con il Bayern quest’anno e con Real e Liverpool – cioè le finaliste – lo scorso anno, sempre e comunque con delle corazzate). Mica l’apocalisse delle 10 sconfitte in campionato, con 10 partite ancora da giocare. E quindi potremmo anche nutrire qualche discreta speranza.

Il terzo problema è: adesso, però, chi si fida più dell’Inter, di Inzaghi e di tutta la compagnia bella?

Il quarto problema è: io staccherei fino alla mattina del Primo maggio, al risveglio, dove potrei con calma recuperare tutti i risultati e soffrire una volta sola. Già, ma come si fa?

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Il metaverso di Simone

Dio mio, lo ha detto ancora. “Se avesse segnato due gol, adesso staremmo parlando di un Romelu eccezionale”. Dopo le parate laser di Handa, ecco il calcio eventuale e parallelo di Inzaghi: un metaverso in cui si sospendono i giudizi perchè le cose avrebbero potuto andare in un altro modo. Abbiamo perso, ma se avessimo segnato due gol avremmo vinto. Lukaku ha sbagliato tutto, ma se avesse fatto tutto giusto sarebbe l’Mvp del campionato. E via così. E quindi: siamo entrati in un tunnel di cui non si vede la fine, ma se ne fossimo rimasti fuori adesso staremmo bene.

Lukaku – che se non avesse i genitori dello Zaire adesso sarebbe più slavateo di Correa e che se fosse in forma adesso parleremmo di un super Lukaku e che se non pesasse cento e passa chili adesso sarebbe più magro – è più che mai l’uomo-simbolo di questa Inter che non segna un gol su azione da un mese – ma che se nell’ultimo mese avesse sempre segnato su azione adesso staremmo parlando di un’altra Inter. Lukaku, che stiamo attendendo da otto mesi. Lukaku, che non segna su azione in campionato dalla prima giornata. Lukaku, che se non gli volessi bene adesso gli vorrei male. Perchè in questo momento a me girano i coglioni, ma se vincessimo tutte le partite che giochiamo adesso mi riderebbe anche il culo. Il problema è che sono interista, perchè se fossi della Fiorentina adesso parlerei di tutt’altra serata.

Ragazzi, come ne usciamo? Certo, se avessimo segnato adesso non avremmo problemi. E qui, debbo dire, Inzaghi un po’ ha ragione. I gol che abbiamo sbagliato stasera, per quantità e qualità degli errori, non sono sopportabili da chicchessia. Siamo al limite del sabotaggio. Quella di Barella è stata sfiga, ma quella degli altri cosa è stata? Cosa impedisce a questa squadra, che di occasioni se ne procura a iosa, di non realizzarne nemmeno una? Perchè a nessuno viene l’istinto (di conservazione, in fondo) di catapultarsi in rete con il pallone invece di farsi venire le gambe molli al momento clou? Perché stiamo rinunciando a segnare?

La catastrofe delle cifre (10 sconfitte in 28 partite, è un miracolo essere ancora tra le primi cinque o sei) investe ormai da settimane – anzi, mesi – quella dei gol. Da inizio 2023, a ritorno dalla pausa mondiale, ne abbiamo segnati 20 in 18 partite, coppe e coppette comprese, che sono clamorosamente pochi rispetto al nostro andazzo. Nelle ultime nove, per 5 volte non abbiamo segnato.

E insomma, se non segni dove vuoi andare? Non è colpa di Zhang o di Marotta, nemmeno di Inzaghi se questa squadra sistematicamente non la mette più. Non si può nemmeno dire che giochi male, di certo non si può dire che non crei opportunità. Però non segna. Non segna più. Ha quasi paura di segnare.

Già mi vedo il giorno in cui questa cappa di pochezza e di scarsi coglioni si dissolverà e vinceremo una partita 8-0 ed entrerà tutto, tiri sbagliati, cross sbilenchi, tocchi involontari. Nel frattempo, stiamo rovinando questa stagione e le prossime – perchè, ve lo dico in confidenza, non qualificarsi in Champions sarebbe un disastro epocale. La prima delle nove partite di aprile se n’è andata così. Ho paura delle prossime otto. Perchè se segnassimo tre gol a partita adesso saremmo tutti qui a parlare di un’altra Inter, santa madonna.

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Nirvana Lisbona

Secondo le ultime rilevazioni dell’Oms portoghese, la qualità della vita a Lisbona è enormemente migliorata negli ultimi 5 giorni. La spesa in antidepressivi è scesa del 25%, il Pil è salito del 12%, le donazioni alla banca del seme sono aumentate dal 124% e, in questo clima di rinnovata letizia, gli esperti si attendono un incremento delle nascite del 18% tra nove mesi, a cavallo tra il dicembre 2023 e il gennaio 2024. Il team di sociologi dell’Oms Portugal mette tutto questo in relazione alla visione collettiva dei sorteggi di Champions (venerdì 17) e delle partite di calcio Udinese-Milan (sabato 18) e Inter-Juventus (domenica 19). Tre giorni di escalation di euforia al termine dei quali sono diminuti i reati, aumentate le opere di bene e schizzate verso l’alto le prenotazioni di voli charter verso Napoli per la prima meta di maggio.

In particolare, nella serata di domenica a Lisbona è diminuto del 57% l’uso di droghe leggere. Tutto questo perchè, a detta gli esperti, la partita Inter-Juve (trasmessa in Portogallo da Dazão) ha avuto sugli sportivi della capitale portoghese l’effetto di una gigantesca canna. Il che oggettivamente ha un suo perché: nell’ottica di un tifoso del Benfica, come e perché preoccuparsi di quella squadra con la maglia a strisce nerazzurre incredibilmente approdata ai quarti di finale di Champions (così come agli ottavi erano incredibilmente approdati gli altri nerazzurri del Club Brugge) (tanto che a Lisbona ormai danno per scontato che le squadre nerazzurre siano una gigantesca botta di culo) e sconfitta nel cosiddetto derby d’Italia da una squadra bianconera che sì, sembrava vagamente la Juventus, cui è bastato uno schema primitivo – un pullman parcheggiato in area, qualche discreto contropiede, un furto – per incassare comodi comodi tre punti?

Vabbe’, a Lisbona non è che hanno l’anello al naso. Sapranno che c’è un’Inter di campionato che ne perde una ogni tre, e che c’è un’Inter di coppa che sembra avere una diversa visione delle cose e una diversa applicazione mentale. Quindi, voglio dire, non è che il Benfica all’andata schiererà la Primavera per preparare al meglio la trasferta di campionato con il Chaves, questo no. Però, perchè macerarsi nella preoccupazione dopo aver visto una squadra che perde una partita dopo aver avuto il 70% del possesso palla (il 69% dedicato a passaggi laterali o all’indietro), dopo aver scoccato 18 tiri (16 dei quali non pericolosi, 11 dei quali molto distanti dal pali) ed effettuato 25 cross (23 dei quali inutili, loffi, scentrati, imprecisi, molli, scontati, alla cazzo,che li avrei respinti anch’io vestito da happy hour e con su gli occhiali)? Perchè non pensare che basti giocare un po’ alla Juve per avere ragione di questa Inter, una squadra che – al netto di prodezze individuali sempre possibili, perché per fortuna abbiamo fior di giocatori – se gioca così va solo a sbattere contro un muro, perchè in difesa una cazzata (o più d’una) la facciamo di default e davanti l’ultimo dribbling vincente lo ha fatto Perisic che gioca altrove da ormai 8 mesi?

Domenica sera cinque minuti di visione dell’azione Gianelli-Zaytsev non sono bastati ad annullare il gol che abbiamo preso, ma nulla annullerà la vista di una difesa fuori posizione alla prima azione un pochino veloce e di un terzino olandese che si posiziona diligentemente lontano dall’uomo al tiro e perfettamente allineato col proprio portiere per coprirlo. A Monza ci hanno rubato la partita (gol regolare incredibilmente annullato, sarebbe stato il 3-1, mancava poco, match chiuso) e due punti dei tre già intascati. La supercazzola visuale e intellettuale di Inter-Juve ci è costata forse un punto, dico forse, perchè la partita sarebbe al massimo finita 0-0, non avremmo mai segnato (giusto un’autorete, un tiro destinato al quarto anello che poteva incocciare un gomito di uno di quegli armadi semoventi che avevano in mezzo) e questo bisogna serenamente riconoscerlo.

Che poi non è mica una sorpresa. L’Inter ha segnato 3 gol nelle ultime 5 partite disputate, 11 nelle ultime 12 (che sono quelle seguite al 3-0 al Milan in Supercoppa). Sono due mesi che andiamo avanti così ed è un miracolo che segnando un solo gol abbiamo passato il turno in Champions. Non è impossibile, ok, ma non è detto che possiamo andare avanti imperterriti segnando una partita sì e l’altra no. D’accordo che il Benfica è maledetto nei secoli da Bela Guttman, ma non è giusto affidarsi solo a una circostanza esoterica.

Il Benfica è il Napoli del Portogallo. 22 vittorie su 25 in campionato, un girone di Champions vinto con Psg e Juve, è la versione ripulita e sciccosa del Porto. Anche se è molto meglio del Chelsea di quest’anno, anche se si mangerebbe questo Milan in un solo boccone, avere avuto in sorte il Benfica è meglio che avere avuto il Chelsea (che ha un profilo alto) o il Milan (no, non voglio pensare a due partite tra squadre sull’orlo della tragedia, non ce l’avrei fatta). Di certo non va sottovalutata. Anzi, dopo Inter-Juve possiamo sperare che loro stiano sottovalutando noi.

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Filotto

Per andare peggio poteva giusto piovere. Nell’ordine: 1) abbiamo perso con la Juve; 2) in casa; 3) con un gol probabilmente (eufemismo) da annullare; 4) facendo abbastanza cagare; 5) sistemando l’agghiacciante statistica di campionato con la nona sconfitta su 27 partite: una sconfitta ogni 3 partite, adesso la divisione è impietosamente esatta.

Partirei dal punto 4) perché questo match con la Juve è stato il suggello a un mese pessimo, con l’eccezione del pareggio a Porto. Nelle tre settimane intercorse da Bologna-Inter a Inter-Juve abbiamo giocato 5 partite: 1 vinta (Lecce), 1 pareggiata (Porto), 3 perse (Bologna, Spezia, Juve), segnando 3 gol (di cui uno su rigore) e subendone 4. Limitandoci al campionato, sono 3 sconfitte nelle ultime 4. E limitandoci alle ultime due (Spezia e Juve) ci siamo esibiti in due partite con il 70 per cento di possesso palla, 100 tiri e 200 cross senza ricavarne una cippa (un golletto su rigore, appunto, e zero punti).

La classifica è ansiogena. Nell’ultimo mese quattro squadre si sono fermate (noi e la Roma 3 sconfitte nelle ultime 4, il Milan 2 sconfitte nelle ultime 3, l’Atalanta 3 sconfitte nelle ultime 5) e tre sono andate a un’altra velocità (Napoli, Lazio e Juve 4 vittorie nelle ultime 5). La Lazio ci ha superati. La Juve, senza penalizzazione, sarebbe 6 punti avanti. Siamo terzi, virtualmente quarti. Le Coppe distraggono? Vale per noi e il Milan, non certo per il Napoli e la Juve. La Lazio, invece, ha mollato l’Europa e adesso può fare una cosa sola, e se la fa bene per noi sono cazzi.

Marzo finisce qui, adesso c’è la pausa che una volta tanto potrebbe servirci a tirare il fiato e riordinare le idee, che sono molto confuse. Aprile sarà spaventoso: 9 partite in 30 giorni, di cui due con il Benfica, due ancora con ‘sta Juve di merda e cinque di campionato con una piacevole sensazione da acqua alla gola (Fiorentina, Monza e Lazio in casa, Salernitana ed Empoli fuori). Sono tutte finali, servono undici leoni, tirate fuori i coglioni (seguono altri luoghi comuni a tema).

Ah già, Inter-Juve. Prima di affrontare il punto 3) soffermiamoci sul punto 4), perchè il 70% di possesso, i 18 tiri quasi tutti fuori e i 25 inutili e stereotipati cross non hanno prodotto niente che non sia frustrazione per aver perso anche la seconda partita stagionale con la Banda Bassotti. 18 tiri e 25 cross ingrassano le statistiche e basta: spremi tutto e vengono fuori un paio di occasioni vere, il resto è fuffa.

Certo, venendo al punto 3), se Chiffi avesse annullato il gol di Kostic adesso saremmo qui a parlare di un’altra partita

(dio mio, ormai parlo come Inzaghi)

e oggettivamente la cosa è difficile da mandare giù. Rabiot (l’erede di De Ligt nel volley su prato) tocca col braccio davanti a Chiffi, il Var ha a disposizione almeno tre diverse visuali dell’azione per accertarsene. Un po’ la tocca anche Vlahovic, ma meno. Se non bastano 5 minuti di replay per capire se questo tocco c’è stato o no, boh, cosa dobbiamo introdurre, il Var termonucleare? E poi perché l’arbitro (che l’azione l’ha vista benino dal vivo) non si spreca nemmeno a dare un’occhiata alle immagini?

In questo post partita, però, a farmi guardare il soffitto esprimendo un intimo sconcerto non sarà il braccio di Rabiot, ma le 11 teste e le 22 gambe dei nostri: poche idee, poco spunto. Che questi 12 giorni di marzo ci portino sollievo e giudizio, sennò aprile sarà un massacro.

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Céline Nyon

Domani alle ore 12 a Nyon (cittadina svizzera detta la piccola Parigi, nota per la squadra di calcio, l’Olimpique Nyon, e per la linea dell’alta velocità Torino-Nyon) si svolgeranno i sorteggi per i quarti di finale della Uefa Champions League. Vediamo quali sono le possibili avversarie della nostra squadra del cuore, l’Fc Internazionale Milano.

Bayern. A parte che quando prendi una squadra nel girone eliminatorio dovrebbero poi escludertela da ogni possibile incrocio nei successivi 5 anni (ma l’Uefa perde tempo in cazzate invece di affrontare questioni urgenti), a parte questo, dicevo, a Munchen sono terrorizzati dal sorteggio con l’Inter. “Non possono essere così scarsi e passivi come nel girone”, dicono. E temono che sia stato tutto un piano architettato da Zhang e Marotta per prepararsi il terreno e fotterli con l’effetto sorpresa. Sorteggio: ottimo.

Benfica. Squadra di una povertà imbarazzante – basti pensare che la stella assoluta è Joao Mario – e di un culo senza pari: dopo un girone di qualificazione con due squadre materasso (Haifa e Juve) si è beccato il Bruges agli ottavi, tipo fare un 6 al Superenalotto giocando 1 euro trovato per terra davanti al bar. Colpita nei secoli dei secoli della maledizione di Bela Guttman, non vincerà mai un cazzo di niente. Quindi ha solo tre alternative: uscire ai quarti con noi, uscire in semifinale con noi, perdere in finale con noi. Sorteggio: ottimo.

Chelsea. Decima in Premier League, cioè, è tipo il Sassuolo della Perfida Albione. Graziata dalla Dea Bendata con un girone eliminatorio con tre squadre materasso (Zagabria, Salisburgo e Milan) e con un ottavo appena insidioso (Dortmund), il Chelsea fa ca-ca-re da mesi e non si capisce perchè proprio ora, d’incanto, dovrebbe migliorare. Sorteggio: ottimo.

Manchester City. Così, a occhio, ti verrebbe da dire: ma manco per il cazzo. E invece la prospettiva di passaggio del turno, a un’analisi appena più approfondita, è piuttosto a portata di mano. E’ tutto molto semplice: alla terza volta che sarà scherzato da Acerbi (anticipato di testa, di piede, di nuca, naso, orecchio, tibia), Haaland perderà le staffe, protesterà, sarà ammonito, poi espulso e squalificato per il ritorno. E noi passeggeremo su cadaveri vestiti con la maglia azzurrina. Sorteggio: ottimo.

Milan. Fanno così cagare che, non avendo nulla da perdere (cioè, fare ulteriormente cagare), rischiano di diventare pericolosi. Del resto sono solo 20 anni che mi sveglio sudato di notte vedendo Kallon che tira e Abbiati che allunga il piede. Qui si rischia di somatizzare. E’ uno di quegli incroci che non ti augureresti mai. Cioè, sintetizzando: una figata. Sorteggio: ottimo.

Napoli. E’ la squadra con cui abbiamo il migliore score stagionale: 1 partita, 1 vittoria, 0 gol subiti. Che dire? Praticamente una mascotte. Sorteggio: ottimo.

Real Madrid. Detentrice del trofeo, ha appena piallato il Liverpool segnandone 5 ad Anfield. Con noi ha precedenti atroci. Sta sul cazzo a mezzo mondo. E’ allenata da Ancelotti. Insomma, diciamocelo: meglio togliersela dai coglioni subito, ‘sta squadraccia. Sorteggio: ottimo.

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Porto, bello

Cuore, coraggio, concentrazione, cervello, compattezza, calma, culo. Elencandone i pregi, e limitandomi alla sola lettera C, mi inchino davanti all’Inter di Champions. Perchè ormai è chiaro, esiste (per fortuna) un’Inter alternativa a quella che a fasi alterne ci fa incazzare di brutto in campionato. Un’Inter che in otto partite in Europa (un micidiale girone eliminatorio più un ottavo di finale tosto) è riuscita a non prendere gol cinque volte. E se ci aggiungiamo la finale di Supercoppa giocata extra moenia in Arabia, sono 6 partite internazionali su 9 con il clean sheet. Meglio non ripensare ai due gol su tre tiri presi dallo Spezia, e poi a Bologna, Monza, Udine eccetera. Due Inter così diverse – vedi alla lettera C – che non vale la pena andare oltre con i confronti.

Il bello e il brutto del calcio danzano sul filo dei millimetri. Se il Porto, nel suo arrembaggio al 254esimo minuto di recupero, avesse segnato e fossimo andati ai supplementari o ai rigori, adesso saremmo magari qui a recitare il De Profundis a Inzaghi o a stramaledire la Pazza Inter. Invece Dumfries era nella mattonella giusta per respingere un tiro destinato in gol, e Onana ha scelto bene il tempo per respingere sul palo un’incornata a colpo sicuro, e forse un brufolo sulla fronte di Taremi ha determinato la traiettoria finita sulla traversa invece che all’incrocio. Non bisogna vergognarsi di avere un po’ di culo, il calcio funziona così. Siamo ai quarti di Champions, il resto è noia.

E’ stata un’Inter che ha provato anche a vincerla, che non ha quasi mai rinunciato a giocare, che ha ridotto al minimo (rispetto allo standard 2022/23) le amnesie e le mollezze difensive. E’ stata un’Inter che ha saputo resistere, quando in stagione è stato un continuo calare di braghe. E’ stata un’Inter che ha voluto fortemente l’obiettivo, quando in stagione è stato un continuo nicchiare e devolvere punti a chiunque. Nelle coppe europee i turni si passano così, vedi alla lettera C. Non bisogna fare gli schizzinosi o i rompicazzo a prescindere: siamo ai quarti, punto, beviamoci una birretta in santa pace e celebriamo questa nottata sopra le righe.

Darmian, Calhanoglu, Mkhitaryan, Onana, Acerbi e via via tutti gli altri hanno onorato la maglia e la competizione. Erano 12 anni che non arrivavamo tanto in alto, quindi celebriamo. Fino a venerdì a mezzogiorno possiamo girare con il nostro sorrisino ebete. Poi vedremo se saremo destinati a un massacro o se ci si presenterà una nuova occasione. L’importante è presentarsi all’appuntamento con il giusto cipiglio. Il culo fa parte del gioco, il resto ce lo dobbiamo mettere noi. E se una volta tanto riusciamo a sembrare una squadra con i controcoglioni, beh, non esageriamo con le autocritiche. In fondo il Porto in due partite non ha segnato un gol: sarà mica colpa di Inzaghi pure questo?

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Sales

“Il calcio non fa sconti”, ha ripetuto allo sfinimento Inzaghi nella sua solita intervista post-partita campionata, quella in cui butta giù quattro concetti e poi li mette in riproduzione casuale. Intendeva dire che ti può capitare di perdere una partita in cui fai 28 tiri e 35 cross con il 70% di possesso palla, perchè se su 28 tiri ne metti dentro uno e gli altri su 3 tiri ne mettono dentro due, ecco, sì, in effetti vincono gli altri, in ossequio alla regola base di questo sport decadente. Eh, vero, niente sconti nè promozioni (chessò, un gol gratis ogni 10 tiri).

Gli sconti che non ci fa il calcio, purtroppo, sono ben altri. Questa assurda partita è l’ottava che perdiamo su 26 in campionato, una statistica senza sconti, già. Vuol dire a spanne che abbiamo perso due partite su sette disputate, una media – anche questa – senza sconti, perchè se ogni sette ne perdi due non vai molto lontano. Ne mancano 12, quante ne perderemo ancora? Conte ne aveva perse sette, ma in due campionati, 7 su 76, praticamente una ogni undici. Oggi siamo drammaticamente over quota. E mancano tre mesi alla fine.

Nelle ultime 5 partite, classificabili come facili (Udinese e Lecce in casa, Samp Bologna e Spezia fuori: calendario strafavorevole), invece di 13/15 punti – metti che a Bologna puoi anche pareggiare – ne hai fatti 7. Con la quartultima e l’ultima, invece di 6 ne hai fatto uno, segnando un gol su rigore. E ci mancherebbe pure chiedere lo sconto: tutta questa roba non la recuperi più e i punti dovrai andarteli a sudarteli altrove, con squadre più forti, con una gradazione del rischio enormemente più elevata.

Colpa della Champions? Sì, può darsi. A causa della Champions di punti ne ha buttati via parecchi anche l’Inter del triplete, figuriamoci se non può capitare a questa simpatica banda di cazzoni che è un ciccinino sotto quegli standard. Adesso ti tocca andare a Porto così, con il retrogusto di questa contro-impresa da aggiungere ai nostri Razzie Awards: hai perso facendo 28 tiri in porta contro una squadra che non vinceva in casa da sei mesi.

La beffa nella beffa? Lautaro ha tirato benino un rigore che Dragowski ha parato benissimo. Emile Nzola ha tirato maluccio un rigore che Handanovic ha intuito. La differenza sta tutta nel tuffo a sinistra praticamente identico dei due portieri: il loro è zompato come un gatto, il nostro si è accasciato per la forza di gravità. E in quella mano protesa verso l’altro e trascinata giù dai lombi pesanti c’è tutta la metafora di una squadra che rinuncia a prendere il volo.

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Assago Dreamin’

Alla disperata ricerca di un argomento meno depressivo di Bologna-Inter, e non trovandolo, mi ero quasi rassegnato a distrarmi pensando alla questione nuovo stadio, talmente poco appassionante e fumosa (almeno per me) che avrebbe potuto scatenare l’effetto opposto, costrigermi cioè a ripensare a Bologna-Inter, quantomeno per tenermi vigile.

Sulla questione stadio ho sempre mantenuto una posizione old style, coerente all’avanzare della mia età e al frullare dei miei coglioni: pronto a incatenarmi al Meazza per fermare le ruspe, contrario a mantenere uno stadio in coabitazione con il Milan (quando il mondo va da sempre in altre direzioni, persino a Torino), contrarissimo ad accettare l’idea di uno stadio superifghissimo ma con meno posti di quello attuale, perchè a me dei superstore e delle food area e del merchandising e del bird watching e del waterboarding non me ne frega un cazzo, io vado allo stadio a vedere la partita, si fa già un sacco di fatica a trovare i biglietti oggi, figuriamoci se tagliano 10-15-20mila posti, ma andate a farvi fottere voi e la vostra modernità, quando poi il calcio non lo vedranno nemmeno più dal divano ne riparliamo.

Poi, un giorno, accade una cosa. Si incontrano Inter, Milan e il sindaco di Milano, mezz’oretta a palazzo Marino tutti piuttosto nervosetti, al Meazza non ci vuole stare più nessuno (neanche se il Comune lo vendesse a una delle due a prezzo stracciato), l’idea di costruire lo stadio-cattedrale di fianco – un’idea frutto di un processo durato anni – diventa improvvisamente una cazzata concettuale, il Milan conferma che si sposterebbe in un’area a 15 minuti a piedi da San Siro, l’Inter dice che ha una possibile soluzione un bel po’ più lontano, in un’area grossomodo vicino al Forum, a cavallo tra i comuni di Assago e Rozzano.

Ora, per un interista extra Lombardia la cosa è piuttosto ininfluente, si tratterebbe di cambiare indirizzo al navigatore o di informare l’autista del pullman. Per un interista lombardo, qualcosina cambia. Per un interista a nord di Milano, o di Milano città metropolitana, cambia tutto. Per un interista di Pavia, cambia tuttissimo.

Cioè, poniamo che a un interista pavese anziano e nostalgico che da mesi e mesi dice a parenti e amici (quei pochi che gli restano) che si incatenerebbe a San Siro pur di fermare le ruspe, una specie di No Tav nerazzurro per il quale il Meazza è uno dei più bei luoghi al mondo – ma quali Machu Picchu, Grand Canyon, Taj Mahal, grandi muraglie, cascate, barriere coralline: stronzate – e non lo cambierebbe con niente al mondo anche con tutti i suoi difetti, ecco, poniamo che a questo relitto umano un giorno si presentasse un emissario dell’Inter alla porta e gli dicesse:

“Senti, influencer della terza età, abbiamo capito che tu non vorresti mai che San Siro bla bla bla, ma romperesti ancora così il cazzo se ti facessimo lo stadio ad Assago?”

Già. Tutto compreso – calcolando cioè anche il tempo che si perde a parcheggiare e a raggiungere a piedi l’antistadio – oggi per me andare a San Siro significa fare a seconda del percorso 42-45 km e calcolare un trasferimento di circa un’ora, un’ora e un quarto. Nel senso che dal momento in cui chiudo la porta di casa al momento in cui mi metto in fila al gate (qui inizia un’altra storia) trascorre questo lasso di tempo, che varia al variare del traffico sulla tangenziale e del culo a parcheggiare. Se invece lo stadio fosse ad Assago, questo lasso di tempo d’incanto si dimezzerebbe. Tipo che, in caso di partita alla sera, potrei cenare a Pavia, alzarmi e ruttare ad Assago.

E’ meraviglioso.

La questione è anche squisitamente morale. Mi scopro improvvisamente corruttibile. Vedo la luce, le luci (non a San Siro). Tutte le mie paturnie sul Meazza? Il mio nobile slancio perchè il nostro leggendario stadio non sia abbandonato nè tantomeno distrutto? Vabbe’, ma sono tranquillo. Se i tempi sono questi, spero che il nuovo stadio (se proprio necessario) lo facciano ad Assago, abbia le scale mobili e il deambulatore non venga sequestrato come arma impropria dagli steward.

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La prima cosa bella (moltiplicato per 2)

1.Addì 22 febbraio 2023, dopo soli 193 giorni dall’inizio della stagione, Lukaku è abbastanza tornato Lukaku. Nei 192 giorni precedenti lo avevamo visto raramente in campo, spesso in panchina con outfit da tempo libero, e come un’apparizione durante i Mondiali in cui, alla maniera del mago Oronzo, con la semplice imposizione del suo corpaccione aveva agevolato l’eliminazione del Belgio. Nei 192 giorni precedenti abbiamo letto di lui prevalentemente sui bollettini medici. Nelle app dei risultati in tempo reale è stata quasi sempre etichettato così: Romelu Lukaku, muscle injury, unknown (il ritorno in campo, s’intende). Nelle foto a bordo campo sembrava la mascotte in scala 2:1. Nelle scelte del mister non era quasi mai un’opzione, quelle poche volte che lo era (o poteva esserlo, tra rinvii e ricadute varie) era finito anche dietro Correa. No, dico: dietro Correa. Secondo in classifica nei pacchi dell’anno dietro Pogba. Una pena, considerando quello che è stato Lukaku per l’Inter e le aspettative che ovviamente si riponevano in lui.

Ora, a parlare della salute di Lukaku si fa presto a essere smentiti. Però, ponendo il caso che ci sia del vero e del consistente in quello che abbiamo visto, Lukaku ha finalmente fatto il suo debutto in stagione. Il colpo di testa sul palo, la ribattuta in acrobazia, il suo testone che spicca al centro del gruppone esultante: roba che avevamo dimenticato. Ma anche l’assist lucido per Lautaro, e l’abbraccio a Barella per chiudere coram populo un fastidioso incidente. Roba che non vorremmo più scordare. Dopo 192 giorni, la sera del 193esimo giorno, la prima cosa bella.

2. La prima cosa bella l’ha fatta anche Onana. Ha 24 presenze in stagione contro le 9 di Handanovic, è ormai il titolare ufficiale da quattro mesi e mezzo, in Champions le ha giocate tutte lui. In questo lasso di tempo abbiamo imparato a conoscerlo un pochino, ad apprezzarne le doti di elasticità e ad accettare quel suo essere un po’ grezzo e un po’ acerbo. Ma tutti noi, chi più chi meno, non vedevamo l’ora di disfarci di Handa (o, detta più elegantemente, di avviare la successione) e Onana finora è andato più che bene così. Niente male, disastri non ne ha fatti, ha tempo e mezzi per migliorare.

Quello che mancava a Onana era una parata che segnasse definitivamente la discontinuità. Ok, parate in 24 partite ne ha fatte, qualcuna notevole. Ma ci voleva una parata speciale. Una parata-parata. Un gesto atletico, tecnico e istintivo che segnasse la discontinuità, che ci facesse dire con certezza che no, quella palla lì Handanovic non l’avrebbe mai presa. E Onana ieri sera l’ha finalmente fatta, in quella doppia parata su Zaidou e Taremi, la seconda da terra. Non importa che il secondo tiro fosse in fuorigioco. Importa che quella palla lì l’abbia presa con un gesto che no, Handa non avrebbe fatto. Ci sono voluti 193 giorni, ma adesso siamo tutti un po’ più tranquilli. E magari anche lui.

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The Big Short

Per carità, poi sicuramente tutto si aggiusterà, le semifinali saranno mainstream e al traguardo della finalissima arriveranno le favorite. Però la Champions di quest’anno si annuncia potenzialmente anomala come raramente è stata in tempi recenti.

Limitiamoci ai fatti oggettivi:

1) Non ci sono, tra le habitué della fase finale, il Barcellona e l’Atletico Madrid. Non c’è la squadra che sorprendentemente sta conducendo la Premier, l’Arsenal. Non c’è la Juve (vabbe’ dai, una battuta concedetemela).

2) Due tra le sei favoritissime usciranno agli ottavi: una tra Psg e Bayern e una tra Liverpool e Real, le finaliste dell’ultima edizione.

3) (Almeno) quattro delle otto squadre che si giocheranno i quarti di finale, cioè la metà, saranno delle outsider: le quattro che passeranno tra Inter e Porto, Milan e Tottenham, Napoli ed Eintracht, Benfica e Bruges.

E fin qui siamo alle certezze. Restano due ottavi (Chelsea-Borussia Dortmund e City-Lipsia) che possiamo immaginare come andranno. Se passeranno Chelsea e City, tutto nella norma. Non dovesse andare così, ai quarti ci potrebbero anche essere tre favorite e cinque outsider, mica male (non oso pensare all’en plein delle outsider). Tutto, poi, sarebbe comunque affidato alle palline che rotoleranno nell’urna dei sorteggi del 17 marzo: e chissà, potrebbero disegnare il tabellone perfetto (quattro omogenee sfide favorita-outisider). O magari no, potrebbero disegnarne uno imperfetto, o uno pesantemente imperfetto. In fondo saranno otto palline che girano in un recipiente.

No, niente, manca una settimana a Porto-Inter e guardando il soffitto pensavo a questa doppia opportunità che va maneggiata con cura: un ottavo “giocabile” e un possibile scenario molto fluido nel turno successivo, dove potrebbe succedere niente ma anche tutto, dove si potrebbe rientrare nella normalità oppure deflagrare nella follia: chessò, avere tre italiane su otto, tre o quattro sorteggi “giocabili” su sette. Ecco, queste cose qui. Che sono meno impossibili (o più possibili) di quanto si possa immaginare.

Ho volutamente diviso le cose reali da quelle eventuali, ma alla fine pesano più o meno uguali. C’è una specie di 50/50 davanti a tutte le outsider, noi compresi: senza esagerare con le fantasie e con l’onanismo, diciamo oggettivamente che tutte hanno una discreta chance di divertirsi. Non c’è ovviamente nulla di scontato – chiedere alla Juve e ai suoi fortunatissimi accoppiamenti delle ultime tre Champions – ma nemmeno tutte cime da 8mila metri davanti. Ce n’è qualcuna meno impervia, ecco.

Chiaro che per nutrire un sogno c’è bisogno di una certa Inter, non quella flaccida di Genova, ma che ve lo dico a fare? Ho scritto questo post (in pace, senza toccarmi i coglioni) come promemoria. Anzi, come pre-memoria. Il 17 marzo, davanti alla tv, potrei essere lì a sospirare, a smoccolare, oppure a mangiare Orociok come Poldo Sbaffini. Comunque vada, vorrei arrivare a questo supplizio con serenità. Di avere fatto tutto il possibile, e amen. O di averlo fatto e poterci ancora provare.

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