Filotto

Per andare peggio poteva giusto piovere. Nell’ordine: 1) abbiamo perso con la Juve; 2) in casa; 3) con un gol probabilmente (eufemismo) da annullare; 4) facendo abbastanza cagare; 5) sistemando l’agghiacciante statistica di campionato con la nona sconfitta su 27 partite: una sconfitta ogni 3 partite, adesso la divisione è impietosamente esatta.

Partirei dal punto 4) perché questo match con la Juve è stato il suggello a un mese pessimo, con l’eccezione del pareggio a Porto. Nelle tre settimane intercorse da Bologna-Inter a Inter-Juve abbiamo giocato 5 partite: 1 vinta (Lecce), 1 pareggiata (Porto), 3 perse (Bologna, Spezia, Juve), segnando 3 gol (di cui uno su rigore) e subendone 4. Limitandoci al campionato, sono 3 sconfitte nelle ultime 4. E limitandoci alle ultime due (Spezia e Juve) ci siamo esibiti in due partite con il 70 per cento di possesso palla, 100 tiri e 200 cross senza ricavarne una cippa (un golletto su rigore, appunto, e zero punti).

La classifica è ansiogena. Nell’ultimo mese quattro squadre si sono fermate (noi e la Roma 3 sconfitte nelle ultime 4, il Milan 2 sconfitte nelle ultime 3, l’Atalanta 3 sconfitte nelle ultime 5) e tre sono andate a un’altra velocità (Napoli, Lazio e Juve 4 vittorie nelle ultime 5). La Lazio ci ha superati. La Juve, senza penalizzazione, sarebbe 6 punti avanti. Siamo terzi, virtualmente quarti. Le Coppe distraggono? Vale per noi e il Milan, non certo per il Napoli e la Juve. La Lazio, invece, ha mollato l’Europa e adesso può fare una cosa sola, e se la fa bene per noi sono cazzi.

Marzo finisce qui, adesso c’è la pausa che una volta tanto potrebbe servirci a tirare il fiato e riordinare le idee, che sono molto confuse. Aprile sarà spaventoso: 9 partite in 30 giorni, di cui due con il Benfica, due ancora con ‘sta Juve di merda e cinque di campionato con una piacevole sensazione da acqua alla gola (Fiorentina, Monza e Lazio in casa, Salernitana ed Empoli fuori). Sono tutte finali, servono undici leoni, tirate fuori i coglioni (seguono altri luoghi comuni a tema).

Ah già, Inter-Juve. Prima di affrontare il punto 3) soffermiamoci sul punto 4), perchè il 70% di possesso, i 18 tiri quasi tutti fuori e i 25 inutili e stereotipati cross non hanno prodotto niente che non sia frustrazione per aver perso anche la seconda partita stagionale con la Banda Bassotti. 18 tiri e 25 cross ingrassano le statistiche e basta: spremi tutto e vengono fuori un paio di occasioni vere, il resto è fuffa.

Certo, venendo al punto 3), se Chiffi avesse annullato il gol di Kostic adesso saremmo qui a parlare di un’altra partita

(dio mio, ormai parlo come Inzaghi)

e oggettivamente la cosa è difficile da mandare giù. Rabiot (l’erede di De Ligt nel volley su prato) tocca col braccio davanti a Chiffi, il Var ha a disposizione almeno tre diverse visuali dell’azione per accertarsene. Un po’ la tocca anche Vlahovic, ma meno. Se non bastano 5 minuti di replay per capire se questo tocco c’è stato o no, boh, cosa dobbiamo introdurre, il Var termonucleare? E poi perché l’arbitro (che l’azione l’ha vista benino dal vivo) non si spreca nemmeno a dare un’occhiata alle immagini?

In questo post partita, però, a farmi guardare il soffitto esprimendo un intimo sconcerto non sarà il braccio di Rabiot, ma le 11 teste e le 22 gambe dei nostri: poche idee, poco spunto. Che questi 12 giorni di marzo ci portino sollievo e giudizio, sennò aprile sarà un massacro.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , | 81 commenti

Céline Nyon

Domani alle ore 12 a Nyon (cittadina svizzera detta la piccola Parigi, nota per la squadra di calcio, l’Olimpique Nyon, e per la linea dell’alta velocità Torino-Nyon) si svolgeranno i sorteggi per i quarti di finale della Uefa Champions League. Vediamo quali sono le possibili avversarie della nostra squadra del cuore, l’Fc Internazionale Milano.

Bayern. A parte che quando prendi una squadra nel girone eliminatorio dovrebbero poi escludertela da ogni possibile incrocio nei successivi 5 anni (ma l’Uefa perde tempo in cazzate invece di affrontare questioni urgenti), a parte questo, dicevo, a Munchen sono terrorizzati dal sorteggio con l’Inter. “Non possono essere così scarsi e passivi come nel girone”, dicono. E temono che sia stato tutto un piano architettato da Zhang e Marotta per prepararsi il terreno e fotterli con l’effetto sorpresa. Sorteggio: ottimo.

Benfica. Squadra di una povertà imbarazzante – basti pensare che la stella assoluta è Joao Mario – e di un culo senza pari: dopo un girone di qualificazione con due squadre materasso (Haifa e Juve) si è beccato il Bruges agli ottavi, tipo fare un 6 al Superenalotto giocando 1 euro trovato per terra davanti al bar. Colpita nei secoli dei secoli della maledizione di Bela Guttman, non vincerà mai un cazzo di niente. Quindi ha solo tre alternative: uscire ai quarti con noi, uscire in semifinale con noi, perdere in finale con noi. Sorteggio: ottimo.

Chelsea. Decima in Premier League, cioè, è tipo il Sassuolo della Perfida Albione. Graziata dalla Dea Bendata con un girone eliminatorio con tre squadre materasso (Zagabria, Salisburgo e Milan) e con un ottavo appena insidioso (Dortmund), il Chelsea fa ca-ca-re da mesi e non si capisce perchè proprio ora, d’incanto, dovrebbe migliorare. Sorteggio: ottimo.

Manchester City. Così, a occhio, ti verrebbe da dire: ma manco per il cazzo. E invece la prospettiva di passaggio del turno, a un’analisi appena più approfondita, è piuttosto a portata di mano. E’ tutto molto semplice: alla terza volta che sarà scherzato da Acerbi (anticipato di testa, di piede, di nuca, naso, orecchio, tibia), Haaland perderà le staffe, protesterà, sarà ammonito, poi espulso e squalificato per il ritorno. E noi passeggeremo su cadaveri vestiti con la maglia azzurrina. Sorteggio: ottimo.

Milan. Fanno così cagare che, non avendo nulla da perdere (cioè, fare ulteriormente cagare), rischiano di diventare pericolosi. Del resto sono solo 20 anni che mi sveglio sudato di notte vedendo Kallon che tira e Abbiati che allunga il piede. Qui si rischia di somatizzare. E’ uno di quegli incroci che non ti augureresti mai. Cioè, sintetizzando: una figata. Sorteggio: ottimo.

Napoli. E’ la squadra con cui abbiamo il migliore score stagionale: 1 partita, 1 vittoria, 0 gol subiti. Che dire? Praticamente una mascotte. Sorteggio: ottimo.

Real Madrid. Detentrice del trofeo, ha appena piallato il Liverpool segnandone 5 ad Anfield. Con noi ha precedenti atroci. Sta sul cazzo a mezzo mondo. E’ allenata da Ancelotti. Insomma, diciamocelo: meglio togliersela dai coglioni subito, ‘sta squadraccia. Sorteggio: ottimo.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , , , | 188 commenti

Porto, bello

Cuore, coraggio, concentrazione, cervello, compattezza, calma, culo. Elencandone i pregi, e limitandomi alla sola lettera C, mi inchino davanti all’Inter di Champions. Perchè ormai è chiaro, esiste (per fortuna) un’Inter alternativa a quella che a fasi alterne ci fa incazzare di brutto in campionato. Un’Inter che in otto partite in Europa (un micidiale girone eliminatorio più un ottavo di finale tosto) è riuscita a non prendere gol cinque volte. E se ci aggiungiamo la finale di Supercoppa giocata extra moenia in Arabia, sono 6 partite internazionali su 9 con il clean sheet. Meglio non ripensare ai due gol su tre tiri presi dallo Spezia, e poi a Bologna, Monza, Udine eccetera. Due Inter così diverse – vedi alla lettera C – che non vale la pena andare oltre con i confronti.

Il bello e il brutto del calcio danzano sul filo dei millimetri. Se il Porto, nel suo arrembaggio al 254esimo minuto di recupero, avesse segnato e fossimo andati ai supplementari o ai rigori, adesso saremmo magari qui a recitare il De Profundis a Inzaghi o a stramaledire la Pazza Inter. Invece Dumfries era nella mattonella giusta per respingere un tiro destinato in gol, e Onana ha scelto bene il tempo per respingere sul palo un’incornata a colpo sicuro, e forse un brufolo sulla fronte di Taremi ha determinato la traiettoria finita sulla traversa invece che all’incrocio. Non bisogna vergognarsi di avere un po’ di culo, il calcio funziona così. Siamo ai quarti di Champions, il resto è noia.

E’ stata un’Inter che ha provato anche a vincerla, che non ha quasi mai rinunciato a giocare, che ha ridotto al minimo (rispetto allo standard 2022/23) le amnesie e le mollezze difensive. E’ stata un’Inter che ha saputo resistere, quando in stagione è stato un continuo calare di braghe. E’ stata un’Inter che ha voluto fortemente l’obiettivo, quando in stagione è stato un continuo nicchiare e devolvere punti a chiunque. Nelle coppe europee i turni si passano così, vedi alla lettera C. Non bisogna fare gli schizzinosi o i rompicazzo a prescindere: siamo ai quarti, punto, beviamoci una birretta in santa pace e celebriamo questa nottata sopra le righe.

Darmian, Calhanoglu, Mkhitaryan, Onana, Acerbi e via via tutti gli altri hanno onorato la maglia e la competizione. Erano 12 anni che non arrivavamo tanto in alto, quindi celebriamo. Fino a venerdì a mezzogiorno possiamo girare con il nostro sorrisino ebete. Poi vedremo se saremo destinati a un massacro o se ci si presenterà una nuova occasione. L’importante è presentarsi all’appuntamento con il giusto cipiglio. Il culo fa parte del gioco, il resto ce lo dobbiamo mettere noi. E se una volta tanto riusciamo a sembrare una squadra con i controcoglioni, beh, non esageriamo con le autocritiche. In fondo il Porto in due partite non ha segnato un gol: sarà mica colpa di Inzaghi pure questo?

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , , , | 87 commenti

Sales

“Il calcio non fa sconti”, ha ripetuto allo sfinimento Inzaghi nella sua solita intervista post-partita campionata, quella in cui butta giù quattro concetti e poi li mette in riproduzione casuale. Intendeva dire che ti può capitare di perdere una partita in cui fai 28 tiri e 35 cross con il 70% di possesso palla, perchè se su 28 tiri ne metti dentro uno e gli altri su 3 tiri ne mettono dentro due, ecco, sì, in effetti vincono gli altri, in ossequio alla regola base di questo sport decadente. Eh, vero, niente sconti nè promozioni (chessò, un gol gratis ogni 10 tiri).

Gli sconti che non ci fa il calcio, purtroppo, sono ben altri. Questa assurda partita è l’ottava che perdiamo su 26 in campionato, una statistica senza sconti, già. Vuol dire a spanne che abbiamo perso due partite su sette disputate, una media – anche questa – senza sconti, perchè se ogni sette ne perdi due non vai molto lontano. Ne mancano 12, quante ne perderemo ancora? Conte ne aveva perse sette, ma in due campionati, 7 su 76, praticamente una ogni undici. Oggi siamo drammaticamente over quota. E mancano tre mesi alla fine.

Nelle ultime 5 partite, classificabili come facili (Udinese e Lecce in casa, Samp Bologna e Spezia fuori: calendario strafavorevole), invece di 13/15 punti – metti che a Bologna puoi anche pareggiare – ne hai fatti 7. Con la quartultima e l’ultima, invece di 6 ne hai fatto uno, segnando un gol su rigore. E ci mancherebbe pure chiedere lo sconto: tutta questa roba non la recuperi più e i punti dovrai andarteli a sudarteli altrove, con squadre più forti, con una gradazione del rischio enormemente più elevata.

Colpa della Champions? Sì, può darsi. A causa della Champions di punti ne ha buttati via parecchi anche l’Inter del triplete, figuriamoci se non può capitare a questa simpatica banda di cazzoni che è un ciccinino sotto quegli standard. Adesso ti tocca andare a Porto così, con il retrogusto di questa contro-impresa da aggiungere ai nostri Razzie Awards: hai perso facendo 28 tiri in porta contro una squadra che non vinceva in casa da sei mesi.

La beffa nella beffa? Lautaro ha tirato benino un rigore che Dragowski ha parato benissimo. Emile Nzola ha tirato maluccio un rigore che Handanovic ha intuito. La differenza sta tutta nel tuffo a sinistra praticamente identico dei due portieri: il loro è zompato come un gatto, il nostro si è accasciato per la forza di gravità. E in quella mano protesa verso l’altro e trascinata giù dai lombi pesanti c’è tutta la metafora di una squadra che rinuncia a prendere il volo.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , | 168 commenti

Assago Dreamin’

Alla disperata ricerca di un argomento meno depressivo di Bologna-Inter, e non trovandolo, mi ero quasi rassegnato a distrarmi pensando alla questione nuovo stadio, talmente poco appassionante e fumosa (almeno per me) che avrebbe potuto scatenare l’effetto opposto, costrigermi cioè a ripensare a Bologna-Inter, quantomeno per tenermi vigile.

Sulla questione stadio ho sempre mantenuto una posizione old style, coerente all’avanzare della mia età e al frullare dei miei coglioni: pronto a incatenarmi al Meazza per fermare le ruspe, contrario a mantenere uno stadio in coabitazione con il Milan (quando il mondo va da sempre in altre direzioni, persino a Torino), contrarissimo ad accettare l’idea di uno stadio superifghissimo ma con meno posti di quello attuale, perchè a me dei superstore e delle food area e del merchandising e del bird watching e del waterboarding non me ne frega un cazzo, io vado allo stadio a vedere la partita, si fa già un sacco di fatica a trovare i biglietti oggi, figuriamoci se tagliano 10-15-20mila posti, ma andate a farvi fottere voi e la vostra modernità, quando poi il calcio non lo vedranno nemmeno più dal divano ne riparliamo.

Poi, un giorno, accade una cosa. Si incontrano Inter, Milan e il sindaco di Milano, mezz’oretta a palazzo Marino tutti piuttosto nervosetti, al Meazza non ci vuole stare più nessuno (neanche se il Comune lo vendesse a una delle due a prezzo stracciato), l’idea di costruire lo stadio-cattedrale di fianco – un’idea frutto di un processo durato anni – diventa improvvisamente una cazzata concettuale, il Milan conferma che si sposterebbe in un’area a 15 minuti a piedi da San Siro, l’Inter dice che ha una possibile soluzione un bel po’ più lontano, in un’area grossomodo vicino al Forum, a cavallo tra i comuni di Assago e Rozzano.

Ora, per un interista extra Lombardia la cosa è piuttosto ininfluente, si tratterebbe di cambiare indirizzo al navigatore o di informare l’autista del pullman. Per un interista lombardo, qualcosina cambia. Per un interista a nord di Milano, o di Milano città metropolitana, cambia tutto. Per un interista di Pavia, cambia tuttissimo.

Cioè, poniamo che a un interista pavese anziano e nostalgico che da mesi e mesi dice a parenti e amici (quei pochi che gli restano) che si incatenerebbe a San Siro pur di fermare le ruspe, una specie di No Tav nerazzurro per il quale il Meazza è uno dei più bei luoghi al mondo – ma quali Machu Picchu, Grand Canyon, Taj Mahal, grandi muraglie, cascate, barriere coralline: stronzate – e non lo cambierebbe con niente al mondo anche con tutti i suoi difetti, ecco, poniamo che a questo relitto umano un giorno si presentasse un emissario dell’Inter alla porta e gli dicesse:

“Senti, influencer della terza età, abbiamo capito che tu non vorresti mai che San Siro bla bla bla, ma romperesti ancora così il cazzo se ti facessimo lo stadio ad Assago?”

Già. Tutto compreso – calcolando cioè anche il tempo che si perde a parcheggiare e a raggiungere a piedi l’antistadio – oggi per me andare a San Siro significa fare a seconda del percorso 42-45 km e calcolare un trasferimento di circa un’ora, un’ora e un quarto. Nel senso che dal momento in cui chiudo la porta di casa al momento in cui mi metto in fila al gate (qui inizia un’altra storia) trascorre questo lasso di tempo, che varia al variare del traffico sulla tangenziale e del culo a parcheggiare. Se invece lo stadio fosse ad Assago, questo lasso di tempo d’incanto si dimezzerebbe. Tipo che, in caso di partita alla sera, potrei cenare a Pavia, alzarmi e ruttare ad Assago.

E’ meraviglioso.

La questione è anche squisitamente morale. Mi scopro improvvisamente corruttibile. Vedo la luce, le luci (non a San Siro). Tutte le mie paturnie sul Meazza? Il mio nobile slancio perchè il nostro leggendario stadio non sia abbandonato nè tantomeno distrutto? Vabbe’, ma sono tranquillo. Se i tempi sono questi, spero che il nuovo stadio (se proprio necessario) lo facciano ad Assago, abbia le scale mobili e il deambulatore non venga sequestrato come arma impropria dagli steward.

Pubblicato in Inter, questioni importanti | Contrassegnato , , , , , | 195 commenti

La prima cosa bella (moltiplicato per 2)

1.Addì 22 febbraio 2023, dopo soli 193 giorni dall’inizio della stagione, Lukaku è abbastanza tornato Lukaku. Nei 192 giorni precedenti lo avevamo visto raramente in campo, spesso in panchina con outfit da tempo libero, e come un’apparizione durante i Mondiali in cui, alla maniera del mago Oronzo, con la semplice imposizione del suo corpaccione aveva agevolato l’eliminazione del Belgio. Nei 192 giorni precedenti abbiamo letto di lui prevalentemente sui bollettini medici. Nelle app dei risultati in tempo reale è stata quasi sempre etichettato così: Romelu Lukaku, muscle injury, unknown (il ritorno in campo, s’intende). Nelle foto a bordo campo sembrava la mascotte in scala 2:1. Nelle scelte del mister non era quasi mai un’opzione, quelle poche volte che lo era (o poteva esserlo, tra rinvii e ricadute varie) era finito anche dietro Correa. No, dico: dietro Correa. Secondo in classifica nei pacchi dell’anno dietro Pogba. Una pena, considerando quello che è stato Lukaku per l’Inter e le aspettative che ovviamente si riponevano in lui.

Ora, a parlare della salute di Lukaku si fa presto a essere smentiti. Però, ponendo il caso che ci sia del vero e del consistente in quello che abbiamo visto, Lukaku ha finalmente fatto il suo debutto in stagione. Il colpo di testa sul palo, la ribattuta in acrobazia, il suo testone che spicca al centro del gruppone esultante: roba che avevamo dimenticato. Ma anche l’assist lucido per Lautaro, e l’abbraccio a Barella per chiudere coram populo un fastidioso incidente. Roba che non vorremmo più scordare. Dopo 192 giorni, la sera del 193esimo giorno, la prima cosa bella.

2. La prima cosa bella l’ha fatta anche Onana. Ha 24 presenze in stagione contro le 9 di Handanovic, è ormai il titolare ufficiale da quattro mesi e mezzo, in Champions le ha giocate tutte lui. In questo lasso di tempo abbiamo imparato a conoscerlo un pochino, ad apprezzarne le doti di elasticità e ad accettare quel suo essere un po’ grezzo e un po’ acerbo. Ma tutti noi, chi più chi meno, non vedevamo l’ora di disfarci di Handa (o, detta più elegantemente, di avviare la successione) e Onana finora è andato più che bene così. Niente male, disastri non ne ha fatti, ha tempo e mezzi per migliorare.

Quello che mancava a Onana era una parata che segnasse definitivamente la discontinuità. Ok, parate in 24 partite ne ha fatte, qualcuna notevole. Ma ci voleva una parata speciale. Una parata-parata. Un gesto atletico, tecnico e istintivo che segnasse la discontinuità, che ci facesse dire con certezza che no, quella palla lì Handanovic non l’avrebbe mai presa. E Onana ieri sera l’ha finalmente fatta, in quella doppia parata su Zaidou e Taremi, la seconda da terra. Non importa che il secondo tiro fosse in fuorigioco. Importa che quella palla lì l’abbia presa con un gesto che no, Handa non avrebbe fatto. Ci sono voluti 193 giorni, ma adesso siamo tutti un po’ più tranquilli. E magari anche lui.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , | 178 commenti

The Big Short

Per carità, poi sicuramente tutto si aggiusterà, le semifinali saranno mainstream e al traguardo della finalissima arriveranno le favorite. Però la Champions di quest’anno si annuncia potenzialmente anomala come raramente è stata in tempi recenti.

Limitiamoci ai fatti oggettivi:

1) Non ci sono, tra le habitué della fase finale, il Barcellona e l’Atletico Madrid. Non c’è la squadra che sorprendentemente sta conducendo la Premier, l’Arsenal. Non c’è la Juve (vabbe’ dai, una battuta concedetemela).

2) Due tra le sei favoritissime usciranno agli ottavi: una tra Psg e Bayern e una tra Liverpool e Real, le finaliste dell’ultima edizione.

3) (Almeno) quattro delle otto squadre che si giocheranno i quarti di finale, cioè la metà, saranno delle outsider: le quattro che passeranno tra Inter e Porto, Milan e Tottenham, Napoli ed Eintracht, Benfica e Bruges.

E fin qui siamo alle certezze. Restano due ottavi (Chelsea-Borussia Dortmund e City-Lipsia) che possiamo immaginare come andranno. Se passeranno Chelsea e City, tutto nella norma. Non dovesse andare così, ai quarti ci potrebbero anche essere tre favorite e cinque outsider, mica male (non oso pensare all’en plein delle outsider). Tutto, poi, sarebbe comunque affidato alle palline che rotoleranno nell’urna dei sorteggi del 17 marzo: e chissà, potrebbero disegnare il tabellone perfetto (quattro omogenee sfide favorita-outisider). O magari no, potrebbero disegnarne uno imperfetto, o uno pesantemente imperfetto. In fondo saranno otto palline che girano in un recipiente.

No, niente, manca una settimana a Porto-Inter e guardando il soffitto pensavo a questa doppia opportunità che va maneggiata con cura: un ottavo “giocabile” e un possibile scenario molto fluido nel turno successivo, dove potrebbe succedere niente ma anche tutto, dove si potrebbe rientrare nella normalità oppure deflagrare nella follia: chessò, avere tre italiane su otto, tre o quattro sorteggi “giocabili” su sette. Ecco, queste cose qui. Che sono meno impossibili (o più possibili) di quanto si possa immaginare.

Ho volutamente diviso le cose reali da quelle eventuali, ma alla fine pesano più o meno uguali. C’è una specie di 50/50 davanti a tutte le outsider, noi compresi: senza esagerare con le fantasie e con l’onanismo, diciamo oggettivamente che tutte hanno una discreta chance di divertirsi. Non c’è ovviamente nulla di scontato – chiedere alla Juve e ai suoi fortunatissimi accoppiamenti delle ultime tre Champions – ma nemmeno tutte cime da 8mila metri davanti. Ce n’è qualcuna meno impervia, ecco.

Chiaro che per nutrire un sogno c’è bisogno di una certa Inter, non quella flaccida di Genova, ma che ve lo dico a fare? Ho scritto questo post (in pace, senza toccarmi i coglioni) come promemoria. Anzi, come pre-memoria. Il 17 marzo, davanti alla tv, potrei essere lì a sospirare, a smoccolare, oppure a mangiare Orociok come Poldo Sbaffini. Comunque vada, vorrei arrivare a questo supplizio con serenità. Di avere fatto tutto il possibile, e amen. O di averlo fatto e poterci ancora provare.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , | 194 commenti

Il labiale ci fa male

Se anche avessimo vinto 8-0 con sestupletta di Lautaro, gol singolo di Bellanova e gol in rovesciata di Onana, stamattina su qualsiasi sito ci sarebbe stata la stessa cosa: il video di Lukaku che manda affanculo Barella.

(beh, forse ci sarebbe stato anche quello della rovesciata di Onana. Ma sotto)

Quindi i problemi da affrontare questa mattina sono due: lo 0-0 con la Samp e la guapparia tra Lukaku e Barella. Cominciamo dalla seconda.

Diciamo che Barella ha normalmente un atteggiamento piuttosto plateale nei confronti degli errori dei compagni. Siamo nel limite dell’umano, per carità. Magari ti aspetti un passaggio che ti liberi al tiro, o magari ti aspetti che il tuo compagno la metta nell’angolino invece che spararla al secondo anello. A chi non scapperebbe un bel vaffanculo? Il problema, parlando di body language, è che si può mandare a stendere il compagno interiorizzando un pochino di più e non cominciare a sbracciare come un tarantolato, mettere il broncio come un pulcino sostituito dall’allenatore davanti ai genitori in tribuna e sparare moccoli a raffica tipo Benigni in “Berlinguer ti voglio bene”. Non ti rendi simpatico, ecco. Lukaku, dal canto suo, sarà anche bravo buono bello e paziente ma deve fare i conti con la frustrazione di un gol che non arriva e di un corpaccione che non si mette al pari degli altri. Diciamo che il corto circuito ci sta. Diciamo che siamo un po’ nervosi a prescindere, perchè andiamo verso il clou della stagione.

Accolita di rancorosi
Settimini cuspidi e tignosi
Persi nella vita
Come dentro una corrida
Intrappolati
Tra melassa e baraonda

Accolita di rancorosi
Camerati ruvidi e grinzosi
Incazzosi dentro casa
Compagnoni fuori in strada
Ci intendiam solo tra noi!

Diciamo anche – e veniamo all’altra questione – che una squadra che fa trash-talking e vince è meglio di una squadra che fa trash-talking e pareggia 0-0 con la penultima in classifica. “Eh, però abbiamo fatto 25 tiri”. Sì, ma 25 tiri di merda, anzi 24, e l’unico bello te lo ha fatto lo stopper provandoci da 30 metri. “Eh, però è la terza partita di fila che non prendiamo gol”. E’ vero, ma in queste tre partite ne abbiamo segnati due. Minchia, ma non c’è una via di mezzo?

Parliamo di una squadra – la nostra – che veleggia al secondo posto in classifica a -15 dalla prima, la morte civile, una specie di limbo in cui è facile perdere il senso dello spazio e del tempo. Dietro, un gruppone di squadre che balla il minuetto, passi avanti e indietro, serie positive e lunghe pause, un gustoso giochetto a chi resta più indietro degli altri in attesa di imboccare la dirittura finale. Però, sant’iddio, se avessimo vinto a Genova adesso ce la godremmo un po’ di più. Adesso ci guarderemmo indietro con serenità.

Cioè, per dirla in poche parole: buttare via punti non serve a granché. Ci fa anche essere più nervosi. Poi ci si manda affanculo in campo (e avanti così: si chiama narrazione circolare).

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , | 72 commenti

A noi ci ha rovinati l’inizio (semi-cit.)

A noi ci ha rovinati l’inizio. Mi è scappata questa frase qui, con la stessa intonazione con cui Abatantuono/Ponchia diceva “A noi ci ha rovinati il cristianesimo” in Marrakech Express, mentre guardavo sospirando la classifica del campionato italiano giuoco calcio Figc. Ieri sera, dopo il derby, Inzaghi rievocava l’ottava giornata di campionato, 3 ottobre, noi che perdiamo in casa con la Roma e la classifica che ci inchioda alle nostre responsabilità: 12 punti in 8 partite, 4 vinte e 4 perse, nono posto.

Napoli e Atalanta 20, Udinese 19, Lazio e Milan 17, Roma 16, Juventus 13, Sassuolo e Inter 12, Torino 10.

Questi erano i primi dieci posti della classifica di quella sera. E com’è andato invece il campionato dalla nona alla ventunesima giornata, al netto della penalizzazione della Gobba e della partita in meno di Lazio e Juve che giocano stasera e domani?

Napoli 36, Inter 31, Juve 25*, Roma 24, Lazio* e Milan 21, Torino 20, Atalanta 18, Sassuolo 11, Udinese 10.

Escludiamo dunque la Juve, che ora ci interessa meno (comunque nel peggiore dei casi siamo a +3), e le piccole che erano destinate prima o poi a implodere. E il Napoli, ovviamente, che sta facendo una stagione fuori da ogni logica aspettativa (comprese le loro). Insomma, negli ultimi 4 mesi abbiamo fatto 7 punti più della Roma (e della Lazio, se stasera vince, sennò anche di più), 10 punti più del Milan, 13 punti più dell’Atalanta. Aggiungici la qualificazione agli ottavi di Champions eliminando il Barcellona, aggiungici la Supercoppa, aggiungici che bene o male sei pure in semifinale di Coppa Italia. Insomma, cosa vuoi mai dire all’Inter di questi ultimi quattro mesi, se non che firmeresti per fare altre 13 giornate di campionato così (10 vinte, 1 pari, 2 perse: una media-scudetto)?

Quindi, riprendendo la voce di Ponchia, a noi ci ha rovinati l’inizio. Un inizio del cazzo, diciamolo, fatto di scontri diretti persi sanguinosamente, di tanti gol presi in trasferta (trend conservato anche dopo), di partite devolute con troppa facilità. Ok, magari non proprio così disastrosamente persi, ma in certe partite sembravamo il Milan di oggi. Ecco, quell’Inter lì almeno non si è più vista. Un’Inter sistematicamente destinata a involversi in corso di partita, intendo. Errori e sfighe fanno parte del gioco e gli inciampi occasionali possono capitare. Mi spiego più serenamente un’Inter-Empoli o un Monza-Inter (partita rubata, don’t forget) che non quelle prime tre sconfitte di campionato a botte di tre gol alla volta (Lazio, Milan, Udinese) dando una drammatica sensazione di inferiorità e di mollezza.

Tutto questo cammino l’abbiamo fatto tra qualche alto e basso, ma sempre in progressione. E l’abbiamo fatto, va ricordato, senza Brozovic e Lukaku, praticamente gli uomini-scudetto del 2021. Vincere è la cosa che ti aiuta di più. E vincere tipo due derby in 18 giorni, dominandoli, dovrebbe darci un’altra bottarella all’autostima (condizionale d’obbligo, Empoli docet). Il primo campionato è durato 8 giornate e abbiamo fatto cagare. Nel secondo campionato (con il mondiale in mezzo) ci è stato davanti solo un Napoli mostruoso, che peraltro abbiamo battuto. Facciamo che nel terzo campionato, le 17 giornate che mancano, cerchiamo di mantenere la media di tutto: punti, consapevolezza, voglia. E andrà tutto bene.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , | 241 commenti

Non è successo niente (?)

Wow! Che figata di domenica! Il Milan ne prende 5 in casa dal Sassuolo (4 gol subiti a partita nelle ultime tre, squadrone!), la Juve viene scherzata al Latta Stadium dal Monza! Che domenica! E noi abbiamo vinto! Wow!

No, scusate la differita, è che avevo tenuto tutto in stand-by. Come si fa a esultare in santa pace e a cuor leggero quando magari tre ore dopo ti vendono Skrinny e poi magari anche Dummy e Brozzy e poi in piena tempesta procellosa l’Atalanta di Gaspy espugna San Siry e ti elimina dalla Coppa Eataly? Così mi sono tenuto tutto dentro per 48 lunghe ore, compreso un martedì passato a pigiare F5 sul sito della Gazza.

Come da quasi consueto copione, non è successo niente.

Certo, proprio niente niente niente direi di no. Andiamo avanti così, ok, ma con una squadra un po’ più virtuale, con uno che se ne stava già per andare e invece se ne andrà tra qualche mese, con un paio d’altri destinati altrove (oddio, Brozo ci avrà fatto il callo a questi scenari in corso d’opera) e con almeno altri quattro o cinque che, a furia di leggerlo sui giornali, dovranno alcuni resistere al canto di qualche sirena e altri dimostrare in fretta di essere da Inter, sennò raus!, ma magari no, perchè affrettare i giudizi? Qui si parrà la nobilitas del nostro mister, che dovrà tenere insieme una squadra la cui mente a volte vaga altrove. Abbiamo tipo tre obiettivi da inseguire (in ordine cronologico: rimanere tra le prime quattro, toglierci uno sfizio in Champions, le semifinali di Coppetta) e ci vuole un minimo di concentrazione, di voglia, di palle, di amor proprio, di amor di bandiera.

La vicenda Skriniar, come la vicenda plusvalenze, toglie altra poesia a uno sport già fin troppo prosaico. Abbiamo gioito per la punizione alla Juve, ma ci siamo anche resi conto di come un movimento elefantiaco come il calcio poggi su fondamenta di polistirolo, cifre gonfiate, soldi che non esistono, bilanci compilati a cazzo come se tutti fossero fessi. Ma il giorno che il gioco imploderà, imploderà per tutti, compresi gli innocenti (o meno colpevoli). E anche il caso Skriniar ci rappresenta un’altra sfaccettatura di questo carrozzone allo sbando, dove a un certo punto della filiera arrivi alla categoria “procuratori” e ti accorgi che sono loro a tenere per le palle chiunque, a monte e a valle. E noi qui, a guardarli spuntare ricche percentuali a nostre spese, cioè a guardare il pianista che suona mentre il transatlantico affonda.

Avremo un altro braccetto di destra della difesa a tre, figuriamoci, perso un braccetto se ne fa un altro. Nel nostro caso, al culmine di una vicenda gestita alla carlona dalla società, sarà più che altro un nuovo buco in un bilancio groviera. Dovremo sacrificare qualcosa, come di consueto. Di consueto per noi, vorrei sottolineare. Però preferisco mostrarmi povero ma bello piuttosto che trovarmi a dover spiegare come facevo lo splendido con le pezze al culo. L’anno scorso c’era gente che comprava un centravanti a 70 milioni al mercato di gennaio. Quest’anno vola un po’ più basso.

Pubblicato in Inter | Contrassegnato , , , , , , , , | 177 commenti