
Nella provvisorietà di un mercato ancora aperto (aperto stabilmente, come l’home banking di ‘sti arabi sempre pronti a fare mostruosi click verso chiunque) e dei bermuda indossati da nove decimi degli spettatori maschi (lo stadio d’estate non sembra una cosa seria, un tempo ormai lontano il 19 agosto si giocava al massimo la Coppa Italia con la Sambenedettese), iniziare con una vittoria e, più ancora, con una simpatica operazione-sorriso non è male per tornare al nostro normale mode, cioè occuparci della squadra per cui spasimiamo fin da quando eravamo bambini (tipo Lukaku con 17 squadre diverse) (era un bambino molto appassionato, come lo siamo stati noi, anche se meno ecumenici).
Il sorriso non dipende solo dal fatto di avere vinto (beh, oddio, fosse finita 0-1 come qualche mese fa ci sarebbero stati suicidi collettivi che le sette giapponesi manco si sognano), ma dal come. E cioè giocando una partita senza ansie, positiva, mai fuori controllo, alla ricerca di un gol che prima o poi sarebbe arrivato. Partite che capitano spesso, ma non sempre.
In attesa di vedere davvero all’opera i nuovi (intendo quelli subentrati), i vecchi non sono affatto dispiaciuti. Bellissimo che Lautaro abbia iniziato così, da condottiero. Ma anche, per esempio, che i due olandesi abbiano mostrato una voglia e una forma mentale che l’anno scorso andava un po’ a sbalzi (specialmente in un De Vrij che sembrava imbolsito), e in generale che tutti sia andati al di là dell’ostacolo che poteva essere quello di non far sentire la mancanza di nessuno (tipo Brozo), una robetta da ansia da prestazione che però, appunto, non s’è vista.
Per Sommer si attendono serate un po’ più significative (ieri avrei fatto clean sheet anch’io, credo) e forse anche per Thuram, cui di certo non mancano nè fisico nè qualità. Sulla sua propensione al gol, boh, non si sa, non è chiaro. Ma proprio questo è un tema molto centrale per la nuova Inter, perchè se Inzaghi dice che i problemi della rosa sono altri e che il reparto punte va bene così – e cioè, Lautaro a parte: con uno che non garantisce reti a palate, con uno di 34 anni (che ne compirà 35 prima che finisca il campionato) e con uno che si chiama Correa – allora vuol dire che l’obiettivo di fare dei gol non sarà tutto a carico loro. E questa potrebbe essere un’evoluzione interessante (un Sensi che si regga in piedi, per esempio, potrebbe essere l’arma in più).
A proposito di quello di 34 anni: beh, ottimo approccio. Io penso che abbiamo bisogno di gente così, che abbia voglia. Che ci piaccia a no, abbiamo già girato pagina. Ci sarà qualcuno che, occasionalmente, ci mancherà. Ma l’aria nuova è più importante. E di teste che ciondolano sul collo e di palloni che rimbalzano su stinchi enormi, diciamolo, eravamo anche un po’ stufi. Adesso non resta che resistere ancora 11 giorni. Qui al Nord ci sono 40 gradi e il 120% di umidità. Gli arabi vogliono Çalhanoğlu. 11 giorni passano in fretta*.
* non è vero, ma bisogna crederci.