
Al primo esame contemporaneamente fisico (quarta partita in 12 giorni) e psicopatologico (Sassuolo, solo 2 volte nelle ultime 9 – ora 10 – sconfitto a San Siro) l’Inter è franata piuttosto miseramente. E, al contempo, in maniera piuttosto spettacolare. Nel senso che in soli 90 minuti è riuscita a organizzare un passo indietro univoco e generale, su tutti i singoli comparti/uomini/schemi/criticità, da consentire a tutti noi di preoccuparci improvvisamente un casino. Al netto del fatto che quando arriva il Sassuolo ormai tutti cediamo a una sorta di rassegnazione che, forse, aleggia anche ad Appiano con congruo anticipo (non è un grandissimo atteggiamento, ecco).
Le statistiche ci aiutano molto a districarci in questo marasma. Il primo dato a inchiodarci è quello del possesso palla, di cui nel magico inizio di stagione ci eravamo bellamente fottuti – anzi, era tutto un “muahahahahah, tenetevela pure ‘sta palla” – e che ieri sera ci ha ben fotografati con un 63% speso soprattutto a fare quel ti-tic e ti-toc di cui ci eravamo dimenticati. Anche il dato dei cross è suggestivo: 23-9 per noi in una partita finita 1-2 per loro. Non c’è il dato dei non-tiri sui cross, ma sarebbe terribilmente elevato.
Proprio i non-tiri (oh, manco sfiorata la palla) su cross molto invitanti a cinque metri dalla porta alla fine hanno fatto la differenza: potevamo chiudere nel primo tempo e invece no, abbiamo perso meritatamente. E quei non-tiri per questione di centimetri sono la statistica-ombra più impietosa. Tutta la spensierata cattiveria che ci abbiamo sempre messo in zona gol almeno fino al derby si è già trasformata in un’altra cosa. E cioè in quella supponenza – tranqui, tifosotti, prima o poi la mettiamo, fidatevi, tzè – a cui nel recente passato ci siamo spesso abbandonati con risultati drammatici.
Ci sta che giocare 4 volte in 12 giorni (tra cui un derby e una trasferta duretta di Champions) comporti qualche ripercussione fisica. Ci sta meno che la gestione del turnover sia un pochino improvvisata (o forse siamo noi che non capiamo un cazzo, ovvio), con qualche giocatore già spremuto senza che ce ne fosse un reale bisogno, con qualcun altro centellinato e con qualcun altro ancora cui il termine turnover provoca eruzioni cutanee e sbalzi di umore. Ci sta anche che tra i più spremuti ci sia Lautaro, che non è uno che si risparmia. Ci sta meno che in attacco, parlando di turnover e di gestione delle forze, siamo già alla canna del gas.
E io che mi ero tanto speso a sottolineare come l’Inter di questo inizio di stagione comunicasse con naturalezza la sua voglia di giocare – di giocare bene -, mi trovo già in braghe di tela concettuali dopo un’Inter-Sassuolo in cui non siamo stati sufficientemente cattivi per allungare la gamba di un centimetro di più, in cui non siamo stati sufficientemente sereni per fare cinque passaggetti indietro di meno e uno avanti in più, e in cui è bastata la nostra bestiolina nera a farci perdere di brutto il controllo delle operazioni.
Peraltro, non è un mondo possibile quallo in cui le vinci tutte facendo contropiedi meravigliosi. Il mondo vero è un girone infernale in cui hai Milan, Juve e Sassuolo appesi con i denti al tuo scroto. Questo è meglio ricordarselo tutti, dai malmostosi fino a Inzaghi.
(per l’angolo Podcast, vi ricordo che se volete lamentarvi – di qualsiasi cosa, anche se sull’Inter siamo più preparati – attendo i vostri vocali al numero Whatsapp 351 351 2355. Se invece siete più propositivi, attendo i vostri vocali al numero Whatsapp 351 351 2355)