Mi piacerebbe fare un sondaggio tra i tifosi del Milan e chiedere cosa pensano di Pioli. Per essere più precisi: cosa pensano di Pioli e di quello che dice. Di come e cosa comunica. E’ una curiosità che mi vorrei togliere, come dire?, da persona informata sui fatti. Nel senso che anch’io la scorsa stagione – una stagione che culminerà con un’incredibile finale di Champions e due trofei vinti, ma passata attraverso 12 sconfitte su 38 partite di campionato – ho avuto problemi di compatibilità intellettuale con il mio allenatore, e credo che come me ce li abbiano avuti anche un tot di altri interisti. E se mi avessero fatto partecipare a un analogo sondaggio, in certi momenti avrei messo il pollice verso. Era il periodo delle supercazzole del postpartita che ti facevano dubitare fortemente di lui, se ci era o ci faceva. Il periodo di “se avessimo segnato noi adesso staremmo parlando di un’altra partita”, o di “se avesse segnato due gol, adesso tutti parleremmo di un grande Lukaku”. Dichiarazioni pronunciate, savasandìr, dopo partite perse senza magari un tiro in porta, o dopo partite inguardabili di Big Rom in cui la palla più che altro gli rimbalzava contro. Del resto, se tutti i nostri nonni avessere avuto le ruote sarebbero stati delle gran carriole.
Simone Inzaghi non è un grande oratore, questo è notorio, e va anche detto che parlare dopo una sconfitta è più difficile che buttare lì quattro frasette in croce dopo una vittoria, un bel sorrisone e via verso il pullman. Diciamo che il nostro mister ha tanti pregi, ma non certo quello dell’affabulazione. Un’arte in cui Pioli, per esempio, eccelle di più, con quelle sue interviste condotte con uno sguardo a metà tra papa Giovanni XXIII e George Clooney, con un fare suadente che lo prenderesti a pomodorate e con un ampio ricorso a una retorica laico-pretesca che vuole fare apparire il Milan come un metaverso in cui tutto converge verso il Bene, un ambiente così positivo che al confronto i boy scout sono le Bestie di Satana. Il che lo rende, oggettivamente, un personaggio parecchio irritante.
Detto tutto questo, che problema ha Pioli (anche da ex allenatore dell’Inter, anche da ex interista – così almeno raccontava)? Che problema ha, dopo aver preso 5 pere nel quinto derby perso in un anno solare (nove mesi scarsi tra il primo e l’ultimo, praticamente uno ogni 50 giorni), 12 gol subiti e uno fatto, a dire “beh, faccio i complimenti all’Inter, oggi sono stati più bravi di noi” non dico proprio tutte le volte (capisco che lo manderebbero affanculo in curva sud) ma almeno nell’ultima, dopo 5 pere e 5 partite in cui non ne hai azzeccata una manco per sbaglio?
La frasetta di cui sopra, detta magari a denti stretti e controvoglia, avrebbe due effetti pratici: intanto, ti renderebbe più umano – inteso: con i due piedi piantati sul pianeta Terra -; secondo, sarebbe la premessa ideale a successive dichiarazioni modello “gioco delle parti”, in cui avendo appunto ammesso che l’avversario è stato meglio di te (beh, figa, non mi sembra una grande forzatura: te ne ha fatti 5) (cinque), puoi proseguire sereno nel solco di questa attenuante-aggravante (riconoscere la superiorità del competitor è un’arma dialetticamente a doppio taglio) (ma ne hai appena presi 5, è già tanto che ti fanno parlare) dicendo il cavolo che vuoi, facendo tutti i distinguo che vuoi, prendendoti tutte le scuse che vuoi. Perché sei partito dicendo che gli altri hanno vinto perché sono stati meglio di te e questa è una disamina spietata ma sincera, e la sincerità si apprezza.
Dai milanisti vorrei sapere se sono contenti, per esempio, di averci tenuto lontani dalla loro area per i primi 7 minuti della semifinale d’andata di Champions (solo per miracolo finita solo 0-2 per noi, potevamo fargliene 4 dal 7′ in poi del solo primo tempo rimediando alla presunta bambola dei 7′ iniziali). O se sono contenti di avere dominato in lungo in largo ieri i primi 4 minuti, deconcentrandosi un ciccinino nei successivi 86′, certo, può capitare. Sono contenti, così come sottolinea il mister, di avere fatto il 60% del possesso palla, una statistica ingiustamente non premiata con dei gol-bonus, e di averne ingiustamente presi 5 nei rari momenti di non possesso? Sono contenti di sentire dire al loro allenatore che l’Inter ha vinto il derby perché é stata più furba? Vinci una partita 5-1 per furbizia? Cosa è successo, che Mkhitaryan prima di segnare ha indicato il primo rosso a Maignan e gli ha detto “ehi, hai visto che c’è Margot Robbie?” o che Frattesi ha rotto una fialetta puzzolente sulla trequarti e nello sconcerto generale si è infilato in spaccata?
Il percorso logico di Pioli, parlando di dinamiche sportive (tipo la pratica del fair play) (sì, lo so, sono un sognatore), è devastante. Perché non solo non sottolinea nemmeno così, en passant, i meriti di un avversario che ti ha appena sconfitto 5-1. Ma anche perché nemmeno si sofferma abbastanza sui demeriti della sua squadra che ha preso 5 pere, demeriti che sono anche suoi, o forse soprattutto i suoi. Massì, diciamo che nei primi 4 minuti eravamo in campo solo noi (nei successivi 86′, che scorrettezza!, che cafonaggine!, hanno giocato anche gli altri). Massì, diciamo che gli altri sono stati più furbi (più furbi, santiddio, te ne hanno fatti 5 e la butti in vacca così). D’altronde poi ammette che, a proposito di furbate, “ci hanno aspettato e un pochettino me lo aspettavo”: beh, Pioli, se te lo aspettavi e ti sei fatto mangiare vivo in ripartenza un tot di volte, allora qualche problema lo hai e, come diceva il Sommo, la risposta è dentro di te epperò è sbagliata.
Quando ti hanno chiesto se avreste dovuto chiedere scusa ai tifosi per la partita, hai detto no – “cosa credete, che ci abbia fatto piacere perdere 5-1?” – e un po’ ti do ragione. Diciamo che la domanda andrebbe un pochino perfezionata: io, per esempio, ti chiederei se non senti mai l’esigenza di scusarti con i tuoi tifosi per le cose che dichiari a fine partita, tipo quando giochi con l’Inter e – perseverare è diabolico – non ammetti la sconfitta cinque volte su cinque.