
Non so se anche per voi è la stessa cosa, ma non è che ci si annoia a vincere sempre. Tipo tredici volte di fila, per dire. Ogni volta c’è qualcosa di nuovo o di notevole di cui prendere nota, alzando di una tacca il livello delle cose che ci sono piaciute durante questa stagione per la quale non ci sono più aggettivi (non è vero, di aggettivi ce ne sono ancora, ma sono prematuri).
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A Bologna, per esempio, abbiamo segnato su azione manovrata conclusa con un gol in tuffo di testa di un difensore centrale, su cross di un altro difensore centrale. Cioè, un clamoroso spottone a quanto è forte l’Inter 2023/24 di Simone Inzaghi, una squadra che attacca con nove uomini e qualche volta dieci. E che se attacca il difensore centrale di sinistra (“terzo” non mi piace, “braccetto” non lo scriverò mai nemmeno sotto minaccia di waterboarding) può anche darsi che il suo cross lo inzucchi il difensore laterale di destra, riproducendo alla perfezione il gol di Thuram in Inter-Fiorentina.
Tutto questo nel primo tempo, in cui siamo stati belli come al solito. Nel secondo invece abbiamo sofferto di brutto contro la squadra che nelle due precedenti partite stagionali ci aveva creato molti problemi e che finora se n’era andata in giro a vantarsi di essere l’unica squadra a restare imbattuta con noi per ben due volte in Italia (oltre frontiera lo può dire anche la Real Sociedad, mentre prima o poi sistemeremo il Sassuolo). Sei partite in 24 giorni sono state un bel tour de force, che non è ancora finito: dopo Atletico e Napoli ne avremo giocate 8 in 32 giorni e domenica prossima, prima della pausa per le nazionali, potremo finalmente tirare le somme di questo mese intensissimo che avrà praticamente deciso quasi tutto per il campionato e – lo vedremo mercoledì – il futuro prossimo per la Champions.
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Ci sta tutto: ci sta la stanchezza, ci sta la tensione che si allenta quando hai in testa altro, e ci sta purtroppo anche vedere i giocatori infortunarsi a turno e con sempre maggiore frequenza, perché le fatiche si assommano e non c’è mai tregua. Del resto, ogni difficoltà quest’anno l’Inter la sta trasformando in risorsa. Anche gli infortuni: superati grazie alla disinvoltura a volte incredibile con cui i rincalzi hanno sostituto i titolari, in una modalità mai vista negli ultimi anni in cui abbiamo sempre maledetto la panchina corta. La nostra è una panchina nè lunga nè corta: è perfetta.
L’Inter dell’anno scorso, nella stesse condizioni (cioè alla vigilia di una partita fondamentale in Champions), a Bologna avrebbe perso di sicuro. L’Inter di quest’anno ha vinto contro una bella squadra, che l’ha messa alle corde nel secondo tempo. L’Inter ha vinto e non ha subito gol, per la milionesima volta quest’anno. L’Inter è un capolavoro anche quando non è bellissima. Sto finendo gli aggettivi, ma ne ho ancora due o tre e me li devo far bastare.
(per l’angolo Podcast, giunto all’episodio #50, vi ricordo che io e il mio socio aspirante pensionato, il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa dovete dire? Quello che vi pare. Siete tifosi della squadra migliore dell’universo: cosa volete di più? Comunque ci sono dibattiti aperti su temi fondamentali del tipo: quale orario preferite per le partite? E quale invece vi fa cagare?)
(il podcast , oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. Oppure, certo, potete non ascoltarlo. Vabbe’, non discuto le scelte di auolesionismo)