Dovessi tenere domani una lezione su “Efficacia di Facebook nelle relazioni del mondo contemporaneo”, cederei probabilmente all’enfasi nel raccontare che un giorno scrivo un post su una partita di Coppa Italia dell’Inter, facendo un ragionamento stralunato sulla gamma degli idoli – dagli idoli duraturi giù giù fino agli idoli di un giorno -, e 24 ore dopo, mentre sono al lavoro, sento “plin!”, apro Fb e vedo che a scrivermi è uno degli idoli in questione.
Beh, la vita non è bella? Franco Cerilli io l’avevo idealmente lasciato là, in mezzo al prato di San Siro, il capello biondo, la testa alta e il calzettone abbassato, e ritrovarlo 40 anni dopo che mi scrive su Facebook (gli ex idoli smanettano su Facebook, ecco, questo bisogna appuntarselo per la lezione) è una di quelle cose che ti fanno andare a casa contento. “Com’è andata?” “Da dio, mi ha scritto Cerilli”.
Cosa mi scrive Cerilli? Ragazzi, è tutta una meravigliosa melassa interista che se Zuckerberg ci avesse intercettato si sarebbe commosso fino alle lacrime e poi ci avrebbe incaricato di tenere – insieme – la lezione su “Efficacia di Facebook nelle relazioni del mondo contemporaneo” in diretta universale con tradizione simultanea, io da Pavia, Cerilli da Chioggia, Zuckerberg da sailcazzo e il mondo attonito ad ascoltare. Cerilli mi ringrazia delle belle parole e di essermi ricordato a distanza di 40 anni di quella partita e, in particolare, della sua partita. Io lo ringrazio di esistere e di aver disputato quella partita, proprio quella, cui ho assistito dai distinti dietro la porta (oggi primo anello blu) seduto tra i miei zii e non so chi altro, abbagliato come tutto lo stadio da quel ragazzotto fenomenale e semisconosciuto che nella sua prima partita da titolare nell’Inter faceva i numeri da palati fini. Il fatto che quella partita sia rimasta un’unica, isolata impresa ha sempre reso mitico, e mistico, quel momento, uno dei più particolari che ho mai vissuto allo stadio. Tu sai chi era Cerilli? No? Io sì.
Stagione 1975/75, una delle peggiori del dopoguerra per l’Inter. Arrivammo noni. 30 partite: 10 vinte, 10 pareggiate, 10 perse. 26 gol fatti e 26 subiti. Che cifre precise, nevvero? In compenso, era l’Inter a essere imprecisa. Un’Inter di passaggio, all’esatta metà tra due scudetti distanti nove anni: c’erano Facchetti e Mazzola della Grande Inter, c’erano Boninsegna, Bertini, Vieri (ormai riserva di Bordon) e Giubertoni dello scudetto del 1971, c’erano i giovanissimi Oriali e Bini alle prime prove da titolare verso lo scudetto nel 1980 (esordirono anche Canuti e Muraro, giusto qualche minuto), e poi c’erano un po’ di giocatori che ci siamo dimenticati. Cerilli fu l’unico acquisto di quell’anno in cui Fraizzoli non volle spendere. Il campionato, per dire, iniziò con una sconfitta per 2-0 a Varese, che poi arrivò ultimo. Nelle quattro partite con Milan e Juve abbiamo fatto un punto. Anche nelle quattro partite con Roma e Napoli abbiamo fatto un punto. Ma per due volte, all’andata e al ritorno, prendemmo a pallate la Lazio scudettata. A Roma, il 3 novembre 1974, vincemmo 2-1. A San Siro, il 2 marzo 1975, c’eravamo io e Cerilli e finì 3-1.
Inter: Bordon, Fedele, Scala; Bertini, Facchetti, Bini; Mariani, Mazzola, Boninsegna, Cerilli, Nicoli. All. Suarez
Lazio: Pulici, Ghedin (6′ Petrelli), Martini; Wilson, Oddi, Nanni; Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico. All. Maestrelli.
Arbitro: Ciacci.
Reti: 13′ e 63′ Fedele, 88′ Boninsegna (rig.), 90′ Chinaglia.
Nel nostro breve scambio di reciproci complimenti su Facebook, in un attimo di lucidità, chiedo a Cerilli se gli andasse di sentirci 5 minuti al telefono per una chiacchierata su quei fottuti vecchi tempi. Ma certo, mi fa Cerilli, segnati il numero. No, dico: Cerilli che mi dà il numero. Altro che Scarlett Johannson: il mio idolo Cerilli! Ci diamo appuntamento per lunedì alle 10,30. Alle 10, 30 minuti e un millesimo di secondo chiamo.
Franco, tu non mi vedi ma sono inginocchiato. Intanto prendo due appunti sul pavimento.
Vai sereno, parliamone.
Mi hai scritto su Fb: sono sorpreso che qualcuno 40 anni dopo si ricordi ancora di me e di quella partita. E io sono sorpreso che tu ti sorprenda.
Beh, ne è passato di tempo… Comunque è un bel ricordo. E sono contento di avere dei bei ricordi, vuol dire che qualcosa ho fatto, no?
Allora, 2 marzo 1975, partitone della madonna, San Siro che intona il coro Cerilli-Cerilli, credo che sia il sogno di qualsiasi uomo da Neanderthal a oggi.
Fu bellissimo, in effetti. Direi i giorni più belli della mia vita, tenendo conto che due giorni dopo, il martedì, il 4 marzo, nacque mia figlia.
Che filotto!
Giorni indimenticabili. Quella partita a San Siro, i complimenti, l’abbraccio dei compagni, i giornalisti che mi cercavano, mi figlia che nasce.
Avessi anche segnato quel gol durante Inter-Lazio, porco cane, sarebbe venuto giù lo stadio.
E io avrei davvero coronato nel modo migliore il momento più incredibile che mi sia mai capitato. Peccato, io ero tutto sinistro e la palla mi capitò sul destro. Vabbe’, mi posso accontentare.
Me lo ricordo, io ero dietro la porta.
Non si può avere tutto, fu fantastico lo stesso.
Franco, avevi illuminato San Siro, ti giocavi finalmente la tua chance (ti avevano preso in estate e lì eravamo già a marzo) ma poi le cose non sono andate altrettanto bene.
La domenica successiva c’era il derby e Suarez mi schierò di nuovo titolare. Il problema è che non mi mise nel mio ruolo, là in mezzo, tipo con la Lazio, ma sulla fascia. Dovevo tamponare le discese di Sabadini. Ma tu l’hai presente Sabadini? Un terzinone vecchio stampo, era il doppio di me, correva il doppio di me. Che ci facevo lì a difendere? Sai, poi con il tempo ho ripensato a questa cosa e ho trovato la risposta, forse.
Dimmela, ti prego.
Allora, quando giocavo alla Massese tutte le domeniche ero visionato dalle squadre di serie A. C’era l’osservatore della Fiorentina, c’era quello dell’Inter, e c’era anche quello del Genoa.
Chi era?
Suarez.
Maddai.
Anni dopo venni a sapere che Suarez mi aveva bocciato. Che poi, intendiamoci, fu la mia fortuna: il Genoa lasciò perdere e si fece sotto l’Inter, no? E infatti vado all’Inter, e chi ti trovo come allenatore?
Suarez.
Ecco.
Cioè, insomma, non ti vedeva molto.
Ecco.
E l’anno successivo con Chiappella?
Chiappella era molto legato ai senatori della squadra, la vecchia guardia giocò un’altra stagione da titolare. E poi quell’anno arrivò Marini, titolare anche lui. E arrivò Pavone, titolare anche lui. Insomma, non avevo molto spazio. E quindi l’anno dopo passai al Vicenza.
Dove avresti fatto un secondo posto in campionato, altra tappa fondamentale della carriera. Torniamo all’Inter: cosa ti porti ancora dietro di quei due anni?
Tutto. Fu un momento fondamentale per me, non solo come calciatore ma anche come uomo. Per dire: un giorno andiamo a Fano per un’amichevole. Nello spogliatoio Mazzola si siede accanto a me e mi dice: ragazzo, ricordati che hai addosso la maglia dell’Inter e che devi onorarla sempre, anche se giochi contro una squadra di serie C. Sai, sono cose che poi non ti dimentichi.
Ho conosciuto un tuo compagno di squadra di allora, Roselli, quando ha allenato qui a Pavia. Anche lui arrivava dalla C, anche lui due anni all’Inter e poi via dopo una manciata di presenze. Mi ha detto: peccato, forse ero troppo giovane.
Sì, forse potrei dirlo anch’io, ma di quei due anni non rinnego niente. Mi sono trovato a giocare accanto a miti del calcio, gente che appena qualche mese prima vedevo giusto sull’album della Panini. Una sera, non molto fa, sto guardando la tv con mia moglie e incappo in un programma su Mexico ’70. Resto un po’ lì e poi le dico: ma ti rendi conto che con Mazzola, Facchetti, Boninsegna e Bertini ci ho giocato anch’io?
Hai conservato qualche contatto?
Ogni tanto capita di sentirsi o di incrociarsi da qualche parte. L’ultimo è stato Bonimba, ci siamo telefonati dopo non so quanti anni e mi ha fatto un grandissimo piacere. Che giocatore, ragazzi: in campo era cattivo come una bestia, fuori un uomo di una dolcezza incredibile.
Oggi per chi fai il tifo?
Tutte le mie squadre le ho nel cuore. Inter, Vicenza, Padova, tutte.
Senti, ma quei calzettoni abbassati? L’Inter aveva appena ceduto Corso e tu sembravi il nuovo Corso, uguale uguale.
In realtà il mio era un omaggio a Sivori. Imitavo lui.
Dio mio Franco, non è che per caso sei stato (lampi, rumore di tuoni) juventino?
No no, non ero juventino, ero sivoriano. Tant’è che quando Sivori è andato al Napoli io sono rimasto sivoriano. Per me Omar è stato il più forte di tutti i tempi. L’ho visto per la prima volta allo stadio, ero con mio padre, avrò avuto 12 o 13 anni. Ne fui folgorato. No, dico, vai su Youtube e guarda Sivori. Sì, certo, Pelè, Maradona, Messi, potremmo stare qui a discuterne per settimane, ma il più forte per me era Sivori.
Adesso il calzettone abbassato non esiste più. A me dava sempre un brivido.
Eh, adesso è vietato. Ma allora si poteva. Dicevano che era una sfida: vieni, picchiami, non ho paura di te, non ho nemmeno i parastinchi. In realtà io volevo solo assomigliare a Sivori. Ma già da ragazzo, eh? Un giorno, giocavo a Sottomarina, il presidente mi fa: ehi bambino, tira su le calze, dove cavolo credi di essere? L’ho fatto, poi appena entrato in campo li ho tirati giù”.
Franco, e come butta lì a Chioggia? Che fai oggi?
Alleno. Fino a due anni allenavo nei dilettanti, ora mi occupo dei bambini tra i sei e gli otto anni. Mi piace, è bello stare in campo con i bambini.
Non solo perchè sei nonno.
No no, perchè mi piace insegnare come si gioca. Oggi il calcio è troppo fisico, tutti palestrati, la tecnica passa in secondo piano. Hai visto l’Inter col Toro? Si infortunano tutti perchè sono ipersollecitati, c’è un’esasperazione della fisicità che solo in parte comprendo. Il calcio è tecnica”.
Quanto hai ragione.
“Il calcio non è palestra. ‘scolta, il calcio è un’altra cosa”.
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Io sto Cerilli proprio non me lo ricordo.
Comunque primo!
Grande Cerilli!
Il calcio è tecnica.
Ecco perché oggi le grandi giocate sono sempre più rare e spesso le partite sono brutte.
Io non me lo ricordo ma non faccio testo, in quegli anni seguivo poco il calcio.
Avevo 18 anni e altri interessi 🙂
Bella li Set.
Che nostalgia.
Complimenti settore.
Fra ex campioni e inviti ad appiano direi che qualche soddisfazione L’inter te la sta dando in questi due anni.
E non sai come ti invidiamo noi tifosotti, che ormai dalla beneamata prendiamo quasi solo ceffoni…
Bei ricordi Settore.
ogni tifoso, di qualsiasi squadra, ha i suoi Cerilli, e forse è più bello legare i ricordi a questi giocatori che ai Ronaldi ed agli Zidani. I Cerilli (io potrei parlarti di Fernando Viola, che tu penso non sappia chi sia stato) sono probabilmente più vicini al nostro modo di vivere la vita quotidiana
Di idoli per un giorno (ma non solo) ce ne sono tanti.
I primi due che mi vengono in mente sono Minaudo (echevelodicoaffa’) e Mozzini, per il gol che ci diede uno scudo, segnato “col piede sbagliato”.
Sono episodi, mi riferisco al secondo, che restano impressi, almeno a me, in modo incredibile, molto più di altri ben più importanti.
Sperando che la memoria non sia fallace.
Chissà se ricorderemo (o i più giovani ricorderanno) che Schelotto e Obi ci hanno fatto rimontare e pareggiare due derby; certo, non è come vincerli ma, ………..di questi tempi!!!!!! 🙂
nel 75 avevo 3 anni
chevvelodicoafà
che poi
dopo aver visto inter – toro
anche io ho detto a mia figlia: “scolta, il calcio è un’altra cosa”
oh well, nel ’75 non collezionavo figurine, mi ricordo di Nello Russo, ma credo giochi ancora
Nello!
Gol all’esordio, poi puff
Cerilli è stato preso con il compito di sostituire Corso appena venduto al Genoa grazie ai suggerimenti di Mazzola, ma l’unica cosa che aveva in comune con il Mariolino erano i calzettoni abbassati, per il resto è meglio lasciar perdere, anche se è uno che è entrato nei ricordi di Settore.
all’Inter ne sono passati centinaia senza lasciare traccia ed è giusto che uno di questi travet abbia il suo momento di gloria, ma facendo un paragone attuale se uno ricorda Cerilli per quello che ha fatto in una specifica partita ad Alvarez gli deve fare un monumento…
TRA GLI IDOLI DI UNA VOLTA, MAGARI NON TROPPO FAMOSI IO RICORDO IL GRANDE MASSIMO CIOCCI…ERA UNA PROMESSA DI FINE ANNI 80, INIZIO 90…TANTO CHE LO PARAGONARONO AL BUITRE!
PECCATO NON SIANO MAI ESPLOSE LE SUE ENORMI POTENZIALITA’ (SE NON SOLO COL CESENA)
EPPOI, NON MANDATEMI A CAGARE, IL MIO IDOLO ERA ANCHE DARKO PANCEV…PRIMA PARTITA UFFICIALE IN ITALIA, COPPA ITALIA, REGGIANA-INTER 3-4 TRIPLETTA DI DARKO (UN GOL DI TESTA, UNO DI DESTRO E UNO DI SINISTRO), MI ESALTAVA…MA POI…HA “DATO MOLTO LAVORO” ALLA GIALAPPA’S! ;o)
Il calcio è tecnica.
Ho ancora negli occhi Donkor che affetta la palla e permette il contropiede del Torino dal quale verrà fuori il corner, etc.etc.
Era un colpo normalissimo, bastava buttarla avanti.
Il calcio è tecnica.
mi ricordo quelli che facevano le formazioni coi Primavera quando c’era Ranieri
beh, eccoveli qua, non ce n’è uno decente, a parte forse bonazzoli, e dico forse perché nonostante l’allenatore attuale lavori volentieri coi giovani, in pratica non gioca mai
Bonazzoli è trattato in questo momento dal Sassuolo, nell’eventualità che parta Zaza.
No, tanto per dire….
Ma io direi più in generale: com’è che qui in Italia non nascono più i Mazzola, i Rivera, i Riva, i Bonimba, i Facchetti, i Baresi, i Bergomi, gli Zenga, i Tardelli, gli Scirea, i Maldini e i Baggio di un tempo?
Sarà solo colpa degli stranieri o c’è qualcosa di più?!
In fondo, se ci si pensa, la nazionale italiana, anche in epoca stranieri, ha vinto due mondiali e fatto altrettante finali (’70/’94), e nel ’90 siamo arrivati a un passo!
Com’è?
Sarà mica che Ha ragione Cerilli, e cioè che il calcio è tecnica, e oggi la tecnica è messa in secondo piano da allenatori, moduli, tattiche, fisicità e quant’altro?!
In fondo basta vedere l’Inter di adesso: zero tecnica, giocatori mediocri in quantità, gente che fa a cazzotti con la palla.
Al di là di tanti discorsi che facciamo quotidianamente penso che la questione, alla fin fine, sia tutta qua.
Sono i giocatori con tanta tecnica che ti fanno vincere, assieme ad una organizzazione di squadra efficiente: e cioè l’Inter del ’10!
sono d’accordo in parte, perchè non è possibile che quelli senza tecnica siano venuti tutti all’Inter a giocare.
e che il raduno qui da noi sia cominciato dopo il 2011…
oltre al fatto che se si parla dell’Italia e di Italiani, l’Inter è meglio lasciarla fuori da certi ragionamenti che di giocatori Italiani in prima squadra ne vediamo al max un paio quando vogliamo esagerare con il nazionalismo.
Il mio era un discorso in generale sul calcio italiano, poi ho fatto l’esempio dell’Inter per ritornare all’oggi e a noi.
In ogni caso di italiani l’Inter ne ha avuti tantissimi in passato.
E comunque da noi, dopo lo squadrone del triplete, di brocchi ce ne sono tanti, inutile nascondercelo.
Forse sarà per il raffronto così ravvicinato con quella grande squadra lì.
Può essere.
Solo un saluto, a quelli che non sono migrati su face. Bello sapere che scrivete ancora.
bello sapere che ci segui ancora…
la tecnica è l’unica cosa che Kovacic ha in abbondanza, ma per il momento non è che gli si sia servita a molto per quel che ci riguarda.
Ranocchia è un altro che la tecnica non l’ha da invidiare a nessuno.
così dicasi di Hernanes.
un altro è Palacio che ti controlla i palloni che provengono dai lanci lunghi del portiere o dai difensori cento volte meglio di Icardi, nonostante questo sia più alto e più grosso di lui.
toh! che combinazione, sono anche quelli che quest’anno fanno più cagare.
Mah, Internazionalista, non credo sia una questione di “la tecnica è messa in secondo piano da allenatori, moduli, tattiche, fisicità e quant’altro”.
Perchè se così fosse sarebbe un problema generalizzato anche al resto del mondo.
Secondo me il problema è che il sistema calcio italiano è il più marcio di tutti e quindi a partire dai vivai, passando per le leghe minori la selezione e la crescita dei giocatori è lasciata al caso. Fra l’altro vediamo che oggi come oggi anche ” allenatori, moduli, tattiche, fisicità e quant’altro” in Italia non sono all’altezza del resto del mondo.
Siamo noi che siamo rimasti indietro.
In sostanza non credo che gli altri fattori da te citati siano a detrimento della tecnica, piuttosto è vero il contrario: oggi la tecnica non basta più (o basta di meno). Molti dei giocatori che hai nominato se venissero teletrasportati ai giorni d’oggi così com’erano probabilmente non sarebbero campioni (e magari per qualcuno non sarebbe possibile neppure un “aggiornamento”).
Franco Cerilli me lo ricordo benissimo! Ma ricordo anche la formazione citata da settore.
OT
Milan: Mexes squalificato 4 giornate.
Stangata “mini” per il difensore rossonero dopo la follia dell’Olimpico.
Se l’avesse fatto uno dei nostri, gli avrebbero dato come minimo l’ergastolo.
Causa allergia non guardo mai i gonzi se non quando sono costretto. Ho visto ora sul tubo ll’episodio di mexes a Roma. 3 gg a Jesus e 4 a lui. E poi versiamo fiumi di parole sul perché il calcio italiano è caduto in disgrazia. È lo specchio del ns governo e noi tifosi italiani sia ovviamente lo specchio di noi cittadini italiani. Ci propinano tutto e mandiamo giù tutto . Bah che schifo.
che mandiamo giù di tutto sono d’accordo, evidentemente ci siamo assuefatti a tutto, talmente tanto che nessuno di noi ha detto un cazzo sulla vittoria del Napoli ieri sera…
Un’altra storia per non dimenticare…
http://www.inter.it/it/news/67540
l’ho visto ieri sera sulla rai.
pero’ sembrava che avesse allenato solo il Bologna…
e allora diciamolo
tutti in piedi per Árpád Weisz, il più giovane vincitore di uno scudetto, il primo a girone unico
Campione d’Italia 1929-30
a proposito di Arpad Weisz, su youtube c’è questa cosa di Federico Buffa che fu trasmessa da sky un paio d’anni fa: https://www.youtube.com/watch?v=vAffZ680R1I dura circa 40 minuti ma se avete tempo guardatela, secondo me molto bella
Sarò ripetitiva, ma essere interisti è troppo troppo bello.
SEMPRE.
E tu sei un grande, inutile pody.
B&R
no, non sono d’accordo: Mazzola o Rivera sarebbero stati comunque forti anche oggi.
Se hai classe ce l’hai sempre.
Maradona nell”86 vinse il mondiale praticamente da solo.
Poi naturalmente la classe non basta da sola, ci vogliono altre caratteristiche come il coraggio, la voglia, l’intelligenza, la determinazione (tutte cose, ad esempio, che se le avesse uno come Balotelli staremmo qui a glorificare un grande campione).
E poi non ho detto solo della tecnica, ma anche della grande importanza dell’organizzazione di gioco di una squadra, senza la quale anche il fuoriclasse viene meno (Maradona a parte).
In questo senso vedere Messi con l’Argentina.
Ma quando Messi lo metti nel Barcellona allora la musica cambia!
Ovviamente mi riferisco agli anni d’oro del Barça.
Qualcuno dirà, ma allora com’è che l’Arancia Meccanica olandese non vinse niente?!
Ecco, qui ci troviamo difronte a un grande mistero glorioso (anche se si può provare a spiegarlo in qualche modo).
Così come, per contro, la Grecia vinse quell’europeo. Altro grande mistero.
E per fortuna dico io, altrimenti il calcio sarebbe derubricato a contabilità spicciola, a pura e fredda legge matematica.
E invece non è così.
corso
quelli che citi tu, e che hanno classe e tecnica ma che quest’anno rendono poco, è perché, a mio modo di vedere, sono inseriti in una squadra che non ha trovato ancora uno straccio di organizzazione di gioco.
(Questo infatti è, per me, il limite più grande della passata gestione tecnica.
Non i capelli, l’antipatia, la pioggia o altro).
In più sono inseriti dentro a una squadra che è piena di mezzi giocatori, di giocatori sovrastimati, e anche molte pippe.
Difficile, dunque, in questo contesto arrivare ad avere una buona organizzazione di gioco e far sì che i più tecnici rendano al meglio!
(infatti sarà difficile anche per uno come Mancini, e lo sappiamo ormai).
Insomma, se come perdi palla sulla trequarti avversaria poi prendi gol perché hai una difesa e un centrocampo colabrodo come fai a giocare tranquillo e tentare le giocate?
Come fai a tirare fuori tutto il tuo potenziale se devi sempre giocare col freno a mano tirato?
(su Ranocchia sarei d’accordo ma il problema è che il ragazzo è lento, questo è il suo guaio!)
Non sarà che, l’Arancia Meccanica olandese, è andata in finale, in Germania, contro i padroni di casa ed in Argentina idem come sopra?
Ho un ricordo errato, solo io, di come furono dirette quelle due finali?
Credo che la nostra nazionale sia una delle poche, tra quelle considerate grandi, che ha ospitato un campionato del mondo senza vincerlo.
Forse, già da qualche anno, si può tranquillamente parlare di calcio italiano anni luce indietro ad alcuni, se non molti, campionati esteri….che poi l’Inter degli ultimi anni sia ad alcune galassie di distanza lo si vede ogni volta che entrano in campo e non hanno la benchè minima idea di cosa farsene di quella strana cosa sferica che gli rotola attorno.
L’Arancia Meccanica perse (prima in Argentina, nel ’78) perché se gli argentini non avessero vinto quel mondiale i generali avrebbero messo su un aereo da cargo militare giocatori famiglie arbitri e Fifa, e tutti quanti insieme sarebbero stati buttati sul Mar de La Plata!
Come avveniva per migliaia di oppositori al regime in quegli anni.
Poi persero anche in Germania, un po’ perché la Germania è sempre la Germania (anche politicamente, e non dimentichiamoci che pure lì c’era una questione politica forte: il mondo diviso in due, e far vincere la Germania Ovest sarebbe stato un bel messaggio da mandare oltrecortina!), e anche per il fatto che quell’Olanda lì era talmente bella da piacersi troppo.
Dopo essere andati in vantaggio, infatti, si acquietarono presto, pensando di averla già vinta beandosi della loro bellezza, ma i tedeschi, sempre brutti invece, cominciarono però a tirare fuori gli attributi.
E l’Olanda perse.
Non è vero poi che l’Italia non abbia vinto il suo mondiale in casa: nel ’38 i mondiali furono giocati in Italia e l’Italia vinse.
E guarda caso anche lì c’era un regime!
Quindi non sempre non vincere in casa è un fatto positivo, in generale voglio dire, e soprattutto se stiamo a i casi che ho elencato sopra.
Volevo dire in realtà:
non sempre non vincere in casa è un fatto negativo, non in generale voglio dire, ma ovviamente solo se stiamo a i casi che ho elencato sopra.
Gennaio 1976 Roma_inter
Gol di Cerilli e pareggio di Prati su incauto retropassaggio di uno dei nostri. 1 a 1
C’ero.
abbiamo comprato tale Rhodolfo
Da Wikipedia:
Rhodolfo
Calciatore
Luiz Rhodolfo Dini Gaioto, meglio noto come Rhodolfo, è un calciatore brasiliano, difensore del Grêmio. Wikipedia
Data di nascita: 11 agosto 1986 (età 28), Bandeirantes, Paraná, Brasile
Altezza: 1,93 m
Peso: 84 kg
Inizio carriera: 2006
Squadra attuale: Grêmio Foot-Ball Porto Alegrense
Ciao Settore.
Cerilli per me, padovano, è stato un vero e proprio idolo.
Nel mio blog qualche anno fa ho fatto una classifica dei calciatori numero 10 che più mi hanno emozionato nella mia vita. Ho inserito Cerilli al 4° posto assoluto:
https://nonsonoipocondriaco.wordpress.com/2012/06/29/10-numeri-10-4-franco-cerilli/
davanti a gente come Savicevic, Baggio, Ronaldo, Messi e Zidane.
Cerilli era Cerilli.
Se lo senti, diglielo per favore.