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A me più di tutto, alla fine di Inter-Genoa, restano impresse le facce. Facce affaticate, preoccupate, tese, stravolte. Quando a Lautaro hanno dato la coppetta del migliore in campo, ha posato per il fotografo senza sorridere, come se gli avessero consegnato una multa per divieto di sosta. Dimarco sembrava lo zio di Dimarco. A Calha hanno fatto un primo piano che sembrava sfinito, ma era entrato da dieci minuti. Quando è finita la partita, Inzaghi pareva più vecchio di due anni. Abbiamo vinto, ma poteva anche non andare così: perché il Genoa corre ed è in forma, ha una classifica tranquilla e la mente sgombra. Cioè, era una mina vagante sul nostro già incerto cammino. Non è un caso che la si sia vinta con un gol sporco. Un gol accidentato, intonato alle facce.
Ora, perché quelle facce? Sarà stata la pressione di dover vincere dopo aver perso due delle ultime tre? O quella di giocare il giorno prima del Napoli, con il terrore di stendergli il tappeto rosso in caso di risultato negativo? O sarà che siamo stanchi davvero, nonostante si arrivasse da due settimane senza turni infrasettimanali, due settimane per noi cioè inconsuete, per non dire di tutto riposo? Ognuna delle ipotesi porta con sè le sue inquietudini, ma l’ultima parecchie di più. Perchè stiamo per entrare nel ciclo di partite più difficile che ci sia capitato finora, probabilmente decisivo per il campionato ma anche per le coppe (dentro o fuori, tertium non datur). Tra il 25 febbraio e il 16 marzo – sono venti giorni tondi tondi – giocheremo sei volte: Lazio (Coppa Italia), Napoli, Feyenoord, Monza, Feyenoord, Atalanta.
Il tipo di partite come Inter-Genoa diventerà sempre più la norma. Partite da giocare con i nervi, sperando che le gambe reggano. Partite sempre più difficili da classificare, perché a livello di tensione e di dispendio fisico inizieranno ad assomigliarsi un po’ tutte, con l’asticella che salirà sempre più in alto. Partite in cui aver pazienza mentre il tempo passa e il pubblico mormora, in cui tenere botta mentre le energie si disperdono, in cui restare lucidi dentro una bolgia. Forse non è un caso che le ultime tre partite a San Siro le abbiamo vinte (Monaco, Fiorentina, Genoa), attingendo dal tifo le energie in più. Ne abbiamo giocata una quarta a San Siro, il derby fuori casa, e anche quella è stata comunque una partita sopra le righe, rimediata all’ultimo respiro dopo tre pali a portiere battuto. Non è un caso che le ultime due fuori casa (Fiorentina e Juve) siano state un disastro: forse è un momento così, abbiamo bisogno di una comfort zone mentre le certezze vacillano.
Non è un discorso incoraggiante a sei giorni dal big match con il Napoli che giocheremo laggiù, a 800 km dal nostro nido. Forse è lì che il Demone deve lavorare, in quell’emisfero del cervello dove orgoglio, concentrazione e un po’ di sana garra devono tornare a fare corto circuito. Quando alla fine i conti tornano, certe facce fanno un po’ meno impressione. Anzi, sono facce da film. I film venuti bene, che poi ti ricordi e rimugini sulla trama e pensi che vabbe’, per 90 minuti sei saltato sulla sedia ma ne è valsa la pena.
Primo, come l’Inter
Buonanotte. Secondo come il Napoli
PS : Gnamgnam patetico
come tutto il resto della squadra.