Il gioco si fa duro e non ho niente da mettermi

In teoria, sembrava facile. Un’avversaria con gli uomini contati (ha fatto il primo cambio all’87’) e un obiettivo importante, fondamentale, a portata di mano: tre punti, Napoli raggiunto, primo posto, un campionato che finalmente può continuare senza asterischi. Sembrava facile. E invece è stato un disastro.

Non perdevamo con tre gol di scarto da quasi sei anni, maggio 2019, Napoli-Inter 4-1, penultima di campionato (l’ultima sarà quell’Inter-Empoli che ogni tanto ancora ci sogniamo di notte, noi in Champions e l’Empoli in B, crudele, spaventoso). Zielinski segnò l’1-0 per il Napoli. Noi eravamo questi: Handanovic; D’Ambrosio, Miranda, Skriniar, Asamoah; Gagliardini (13′ st Vecino), Brozovic; Politano (1′ st Icardi), Nainggolan, Perisic (35′ st Candreva); Lautaro Martinez.

Brrrrr, torniamo a oggi. Cos’è successo? Non è stato il braccino del tennista al momento del match point: quale match point?, a vincere ci abbiamo provato per i primi 5′, poi niente, zero, solo confusione. Andando allora a rovistare negli altri sport, mi ricorda di più quella crisi (molto di testa, non necessariamente di gambe) che ti prende verso la fine della maratona, quando ti viene la nausea a leggere i cartelli dei chilometri. Che magari ne hai fatti tipo 38 o 39, te ne restano 3 o 4, cosa vuoi mai che siano rispetto a quelli lasciati alle spalle?, ma non importa, il cervello è in pappa, hai solo voglia di fermarti. La nostra maratona – la rincorsa virtuale al Napoli e a un primo posto vero e non presunto, che dura da molte settimane – era ormai finita, bastava poco, ma ci siamo accasciati sulle transenne guardando lo striscione in lontananza, qualche centinaio di metri che a un tratto ti sembrano anni luce e ciao.

Il paragone con la maratona però non regge. Al 6 febbraio la nostra maratona – intesa come stagione intera – ha giusto passato la metà. Siamo tipo al 23esimo km, quel terreno fisico e concettuale in cui è meglio non pensare troppo a chi sei, dove sei, perchè sei lì, quanto manca. Si mette un passo dopo l’altro, si tiene in ritmo, si cerca di rimanere sul pezzo. Perché non è finita, è ancora lunga, il meglio (o peggio, non è facile distinguere) deve ancora venire.

Mettiamola come si vuole, ma capire l’Inter di questa sera a Firenze non è semplice. Sono sconfitte che capitano ogni sei anni (ah, l’essere abituati bene) e che quindi ci colgono impreparati. E’ un’Inter che stranamente non è esistita, che ha preso tre gol (!) senza segnarne uno (!), che ha rinunciato a essere se stessa, che è sembrata non capirci mai niente, non avere idee, non sapere come uscirne. I tre gol subiti sono un monumento alla mollezza e alla deconcentrazione. Come se questa partita, che ci hanno inserito in calendario quasi da un giorno con l’altro, non l’avessimo considerata. Di fatto, non l’abbiamo giocata.

Due asterischi, un punto. Un bilancio penoso, per le aspettative che avevamo. Adesso, almeno, non abbiamo più riserve mentali: la classifica è questa, il calendario è questo, ora è tutto sincrono, siamo tre punti sotto, testa bassa e pedalare. Ma il punto è questo: ce l’ha, questa squadra, la testa da abbassare e la gamba per pedalare? Siamo in grado di reggere questo ritmo infernale di partite con cui nei prossimi cinque mesi (ma febbraio e marzo saranno determinanti) dobbiamo inseguire quattro obiettivi diversi? Ogni quanto dovremo pagare dazio, tipo a Firenze? Ogni quanto scatterà la partita no? Ogni quanto il meccanismo si incepperà?

L’Inter non è mai apparsa umana come stasera, umana, debole, fallace, il contrario dell’Inter felicemente irreale che la gestione Inzaghi ci ha regalato un tot di volte. Caro Miky, non siamo sempre ingiocabili. Lo siamo a volte, quando funziona tutto, quando il collegamento gambe-cervello non ha interferenze e le tossine non si ammassano sul più bello. L’Inter è umana di fronte a una stagione – per intensità e pressioni – discretamente sovrumana. E’ un problema, certo. Ma siamo qui per questo, per stringerci a coorte quando le cose non vanno come dovrebbero. Forza Inter, ti vogliamo bene anche se sembri non esserti davvero accorta che – tra asterischi latenti e prematuri sogni di gloria – il gioco si è fatto duro, terribilmente duro.

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5 risposte a Il gioco si fa duro e non ho niente da mettermi

  1. neroazzurro-rosso scrive:

    “Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” (stra cit)…sperèm!

    AMALA.

  2. neroazzurro-rosso scrive:

    P.S. PRIMO…come l’Inter a Maggio? (sgrat sgrat!)

  3. ANTONIO SAVINELLI scrive:

    Da tifoso del Napoli che guarda questo blog ogni tanto dico che era fisiologico che l’Inter dopo la fatica fatta al derby lasciasse più di qualcosa stasera…credo che si deciderà tutto o quasi da qui al 2 marzo dove Conte avrà l’obiettivo di mettere tra sé e l’ Inter qualche punto di vantaggio per giocarsela cone due risultati su tre al Maradona e magari lì piazzare l’ allungo determinante…dico pure che il Napoli non è nemmeno lontano parente del caterpillar che due anni fa uccise il torneo già prima del Mondiale, ma ha la garanzia Conte che se mette il naso avanti nel girone di ritorno fa fatica a farsi riprendere..che dire vinca il migliore…

  4. Yamahaxbv scrive:

    Europe, and in Ancient Russia

  5. Gabbiano_jonathan scrive:

    Sapete una cosa? Stra-fan-culo al mondiale per club!!!!

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