“Ma che colpa abbiamo noi” è un film del 2003 diretto da Carlo Verdone. Trama: otto persone frequentano lo stesso gruppo psicoterapico tenuto da un’analista ormai anziana. Durante una seduta, la professionista muore per arresto cardiaco: gli otto se ne accorgono solo quando, interpellata, non risponde.
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Il gruppo decide allora di proseguire l’esperienza con un altro terapeuta. La ricerca risulta tuttavia infruttuosa perché quelli scelti si rivelano non adatti. I pazienti decidono allora di cimentarsi in una sorta di “autogestione” della terapia di gruppo, che verrà condotta a turno nelle case dei partecipanti.
Oppure a casa mia.
No, perché quando mi dicono che a Lautaro servirebbe lo psicologo, io dico che no, secondo me servirebbe agli altri. Ne convocherei sette o otto mandando la geolocalizzazione via Whatsapp. Suona il campanello, sento i passi sulle scale, entrano Dimarco, Thuram, Taremi, Barella, Mkhitaryan, Dumfries, Bisseck (“Ciao, occhio alla testa”), Carlos (“Ciao, occhio alla testa”) (“Dai, scherzo”), accomodatevi, sì, in cerchio, la sedia in mezzo è mia.
(brusio, colpetti di tosse, Barella mi guarda fisso)
Allora ragazzi, vi ho fatti venire qui a Pavia, al riparo da occhi indiscreti
(mentre pronuncio queste parole penso ai loro clamorosi macchinoni parcheggiati in fila indiana in divieto, in Ztl, sotto casa mia)
sì, va bene, ci siamo capiti. Vi ho fatti venire qui perchè dobbiamo affrontare il problema di Lautaro.
“Perché non hai fatto venire Lautaro invece di rompere i coglioni a noi, scusa?”, mi fa Dimarco.
“Non hai alzato la mano”, gli dice Bisseck.
“Ah, scusa”, risponde Dimarco.
Aspetta, mio giovane e stolto amico nonché beniamino. Il problema di Lautaro siete voi.
(forte brusio, Thuram mi guarda male)
Sì, siete voi. Piantatela con ‘sta cosa di provare in tutti i modi di farlo segnare. Non è l’ultimo dei pirla. Ha segnato 136 gol in 304 partite nell’Inter, ne ha segnati 32 in 70 partite nella nazionale argentina, è stato capocannoniere della Serie A e della Coppa America. Ha 27 anni e mezzo, non 7 e mezzo.
(silenzio)
Prende 9 fottuti milioni di euro l’anno. Non ha bisogno della vostra carità, non ha bisogno che lo mandiate in porta con il pallone.
(silenzio)
Prima o poi riprenderà a segnare a raffica, non è un problema. Sapete quanti gol ha fatto l’Inter nelle ultime cinque partite?
(silenzio)
Prontooooo? Non mi fate incazzare.
“Quindici”, dice Mkhitaryan.
Ok. Quindici, tre a partita. E zero subiti. E quindi? Lautaro è un problema?
(silenzio)
Lautaro ne ha segnato uno, gli altri 14 li hanno segnati gli altri, li avete segnati voi e i vostri compagni. Quale. Cazzo. E’. Il. Problema. Quale cazzo è il problema? Voi pensate a segnare, Lautaro ci pensa da solo, non ha bisogno di voi. Voi dovete tirare, voi dovete segnare. Cazzo! All’Atalanta gliene potevamo fare sei, invece di non-tirare per passarla a Lautaro. Basta! E pure tu, Taremi.
(Taremi guarda alternativamente me e Google Translator)
Mehdi, porca di quella troia! Non segni manco per sbaglio, che cazzo passi la palla a Lautaro? Tira, no? Tira!
(silenzio)
Vi rendete conto che l’Inter viaggia a tre gol a partita anche se Lautaro non segna? E che viaggerebbe a quattro o cinque gol a partita se voi, dico, voi!, tiraste in porta invece di passare la palla a Lautaro per farlo segnare? Ma che cazzo è, la Caritas?
(Taremi digita Caritas su Google Traslator, che traduce in “Caritas”)
“What’s Caritas?” chiede Taremi a Bisseck.
“Poi ti spiego, then I’ll explain, dann werde ich es erklären”.
Porca puttana, siamo uno squadrone pazzesco e ci comportiamo da giovani marmotte? Tirate fuori i coglioni!
(silenzio)
Denzel, alzati per favore.
(Dumfries si alza)
Questo, ecco, guardatelo bene, quest’uomo è l’esempio che dovete seguire. Voi dovete essere tutti Dumfries. Tirare dritto, guardare avanti, librarvi in volo, segnare. Non fare beneficienza. Segnare. SEGNARE! Se fate tutti come Dumfries, vinceremo il campionato con sette giornate di anticipo. Lautaro si sbloccherà quando smetterete di trattarlo come lo scemo del villaggio. Viva l’Inter, viva lo sport, Juve merda!
(applausi)
Ok, potete andare. Scusate se vi ho disturbato. Ma se non ve lo dice nessuno, ho ritenuto opportuno dirvelo io.
“Grazie. Quant’è?”, mi fa Barella.
Ma figurati, dovere mio. Andate ragazzi, e riposatevi.
(i ragazzi sfollano lentamente)
Bare, scusa, ci ho ripensato. Non è che avete un abbonamento al primo rosso che vi cresce?
“Farò il possibile, dottore”.
Sono laureato all’università della strada, Bare.
“Ah, come me”.
Ti voglio bene. Vincete tutto, per favore.
“Faremo il possibile, dottore”.
(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #95, con il mio socio Max attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Chi siamo noi per impedirvelo?
(vi ricordiamo che le votazioni per il Ballon de merde, il concorso dei concorsi – chi sono i calciatori che proprio non sopportate? – si concludono il 6 gennaio, giorno della Befana, della Lotteria Italia e sopratutto della finale di Supercoppa. Si vota con un vocale a parte, che custodiremo fino al momento dello spoglio cui dedicheremo una puntata speciale la settimana prossima)
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)