Straordinariamente democratica, l’Inter, nella sua (forse patologica) svagatezza: che dall’altra parte ci sia la Juve o il Venezia, trascorre le sue partite sostanzialmente dominandole, sbagliando caterve di gol e aprendo random le maglie della sua difesa all’arrivo dell’avversaria, concedendo a chiunque il lusso di qualche occasione a volte gigantesca – sta a poi all’avversaria di turno metterla o non metterla, e in fondo la Juve è la Juve (si fa fare 4 gol ma ne segna 4) e il Venezia è il Venezia (si fa fare un gol e ne segna zero).
L’abbiamo vinta e potremmo chiuderla qui, non c’era niente di più importante. E va bene. Ma questa Inter-Venezia può avere davvero un senso solo in due casi: 1) che tra qualche mese riguarderemo il film della stagione e ci diremo “ma ti ricordi i tre punti di Inter-Venezia? Minchia!”; 2) che adesso ci mettiamo calmi e facciamo finta che sia finita 1-1, che sarebbe stata una beffa atroce che forse, però, ci saremmo meritati.
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Insomma, per quanto tempo abbiamo ancora intenzione di scherzare con il destino? Una sola settimana dopo Inter-Juve, che potevamo vincere 8-2 e invece è finita 4-4, ci siamo messi a gigioneggiare con il Venezia e a momenti lo prendevamo in quel posto e di quel gol al 97′ ci saremmo ricordati nei secoli dei secoli. Ora che abbiamo il culo al caldo (e sano), ripensiamo a mente fredda all’ultimo minuto di Inter-Venezia e di come l’Inter si sia lasciata segnare un gol dalla penultima in classifica in versione all-in: basta fermare il video una frazione di secondo prima che Sverko arrivi tipo Chuck Norris sul pallone. Ok, probabilmente fa fallo su Bisseck, sicuramente il pallone gli finisce sulla mano, ok, tutto a posto. Ma fermiamo il video mezzo secondo prima: com’è che gli abbiamo fatto fare comoda comoda l’azione più scontata del mondo? Com’è che tutti stanno a guardare, ancora una volta? Com’è che Bisseck (un armadio a sei ante) si lascia sovrastare dall’avversario a un metro dalla riga?
E com’è che prima abbiamo sbagliato dieci gol di cui cinque o sei per pura sufficienza, come se l’unica modalità di segnare sia quella di entrare in porta con il pallone o farsi belli con un assist (ma anche quella di incartarsi da soli e non fare l’assist, dipende dai momenti)? Perché non ci concediamo il lusso – a volte facile – di chiudere le partite invece di perdere tempo allo specchio? Anche quando la missione è facile (e necessaria): fare tre punti perchè il Napoli ha perso qualche ora prima. Fare tre punti con il Venezia (con tutto il rispetto). Mettici pure la sfiga (due lembi di epidermide ci hanno negato al Var un gol e un rigore), d’accordo. Però poteva anche finire malissimo. I non-gol di Thuram sono il simbolo di questa partita ma anche di una tendenza perniciosa dell’Inter: una superficialità che prima o poi rischiamo di pagare cara.
Per me, questa Inter è insopportabile. Nel senso più stretto dell’aggettivo: non posso sopportare serate così. E godendoci il privilegio di averla vinta, questa partita, vorrei tanto che funzionasse come certe sconfitte: quando finalmente ti dai una svegliata e riparti con un altro atteggiamento. Il cinismo non è mica una brutta malattia, e che cazzo.
(nell’angolo Podcast, giunto nel frattempo all’episodio #84, con il mio socio ex aspirante pensionato (ora effettivamente in quiescenza), il mitico Max, attendiamo sempre i vostri vocali al numero dedicato Whatsapp 351 351 2355. Cosa ci dovete dire? Quello che volete. Se riuscite a stare nel tema – l’Inter, il calcio, la vita – va bene. Se non ci riuscite, va bene lo stesso. Vi ricordiamo che l’attualissimo tema “Pavia e gli 883 visti da vicino” resta attualissimo, appunto.
(il podcast, oltre che su Spreaker – il cui player trovate qui sul blog – lo potete ascoltare anche su Spotify, Audible, Apple Podcast, Google Podcast e tutte le principali piattaforme. Non lo trovate? Prendete appunti – non è difficile – : scrivete “Settore” o “interismo moderno” nell’apposito campo e per incanto vi apparirà. E’ la tecnologia, bellezza, e non possiamo farci niente)