Sono cose che succedono, prima si erano strattonati, lui lo ha provocato, c’è chi fa di peggio, non intendeva di dire quello, è trash talking no?, in Italia in fondo non c’è razzismo, vabbe’ stavano giocando a pallone, i problemi sono altri, ce la vogliono far pagare, eh sì certo la Marotta League, i calciatori sono dei minus habens, in Italia in fondo siamo tutti razzisti, ma non avevi detto che? sì ma intendevo che.
(è lei che lo è andato a cercare, è per il troppo amore, lei si vestiva da zoccola, l’uomo è cacciatore, ma che sarà mai?, se stava a casa non succedeva niente, tanto a voi basta aprire le gambe, chissà che scassacazzo era, lei voleva lasciarlo, lui non poteva accettarlo, vabbe’ così impara a scopare con un marocchino)
Ah, e comunque “negro” è la parola più etimologicamente corretta. Anche Edoardo Vianello in “Siamo i watussi” diceva chiaro e tondo che “Nel continente nero / Alle falde del Kilimangiaro / Ci sta un popolo di negri / Che ha inventato tanti balli” e quindi…
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E quindi stop. A un certo punto bisogna dire basta. Bisogna imporselo. Decidere che non c’è nulla da giustificare in un determinato comportamento o nell’uso di una parola invece di un’altra. Piantarla di andare alla ossessiva ricerca di attenuanti o di sfumature che possano ammorbidire la cosa. Perchè ammorbidirla? Ci eravamo ammorbiditi quando ululavano a Lukaku? Siamo antirazzisti a fasi alterne? Negro, nel 2024, non si dice. Insultare una persona di colore chiamandolo negro, nel 2024, è una cosa triste, il segno – uno dei tanti, per carità – del tempo che a volte passa invano. Facciamo la raccolta differenziata, abbiamo inventato i sacchetti biodegradabili, i circhi non fanno più i numeri con gli animali, i disabili hanno parcheggi dedicati, però ogni tanto diamo del negro a qualcun altro. Possiamo migliorare: ecco, facciamolo.
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Spiace parecchio che sia capitato ad Acerbi, uno che personalmente avevo eletto a simbolo dell’Inter dello scorso anno, uno serio, uno che sa cosa vuol dire la sofferenza. Potrebbe essere un’attenuante, ma non ce ne devono essere purtroppo. E’ una storia un po’ deprimente, gestita malissimo. Poteva finire domenica notte e invece è durata tanto, troppo, con un effetto domino disastroso. Se dopo tre giorni la difesa è “Veramente gli ho detto ti faccio nero”, beh, che dire? chiudiamo tutto e andiamo a casa. “Ti faccio nero” lo dicevano nei western di 50 anni fa. L’ultima persona ad avere detto “Ti faccio nero” forse è stato Bud Spencer in “Altrimenti ci arrabbiamo”. Io farei nero quello che ha consigliato Acerbi in questi interminabili tre giorni (ops, potrei passare per un violento. Non lo sono, ho i testimoni).
E’ una vicenda così sconclusionata che non può nemmeno essere usata da case history così com’è, per farne una lezione a scuola, per dire. Se ha sbagliato Acerbi ha sbagliato anche Juan Jesus, la vittima, con quel tira e molla di indignazione e perdono a stretto giro e per aver definito “cose da campo” un insulto razzista. Perchè è proprio questo il messaggio che non deve passare: che in una partita ci si può dare nel negro in un contesto di impunibilità in quanto “cose da campo”. Minchia, a questo stiamo ancora? Del resto, siamo un paese in cui puncicate, bombe carta, devi morire, forza Vesuvio e motorini lanciati dal secondo anello erano “cose da stadio” fino a non molto tempo fa. Pochi giorni fa Maignan in Udinese-Milan, al centesimo “negro di merda” urlatogli dietro la porta, si è dovuto incazzare. A questo stiamo ancora, sì.
E spiace un po’ che la società dei Fratelli del mondo, in tutto questo casino, abbia scelto il silenzio. Pensavo che fosse per accertare bene i fatti, ma se dopo tre giorni è stato partorito solo un “Ti faccio nero” le mie convinzioni vacillano. Spiace, perchè è come l’antirazzismo di cui sopra. Non si può essere Fratelli del mondo a fasi alterne. E’ tutto molto semplice: Acerbi (ci dobbiamo ancora aspettare che chiarisca?) va sanzionato, ci si deve scusare (Acerbi per primo, e la società con lui), ci si deve impegnare perchè queste cose non si ripetano e siano di insegnamento per le generazioni a venire. I ragazzi devono imparare che il razzismo è una montagna di merda, e che se fai il razzista stai fuori. Noi vogliamo la seconda stella, non fare figure del cazzo. E non mi riferisco solo ad Acerbi, il cui comportamento è totalmente da censurare ma che possiamo sforzarci di contestualizzare in quel prato verde in cui succedono cose turpi tra maschi rozzi. Mi riferisco alle 72 ore successive.