Per gli appassionati del genere “crisi Inter”, beh, ci siamo. Oddio, non è proprio come una di quelle belle crisacce del recente passato, ma bisogna accontentarsi. Intanto: questa Inter – managgia a lei – nemmeno perde. E quindi che crisi è? Eppure tanto bene non va, avendo pareggiato quattro delle ultime sei mentre, purtroppo, la Juve vinceva le ultime cinque di fila. Risultato: da +2 a -4 in un mese e mezzo, vacanze di Natale comprese, e anche se tutto questo non rappresenta in sè una catastrofe (non solo non abbiamo mai perso, ma in queste ultime sei abbiamo affrontato Roma, Fiorentina, Napoli e Atalanta), ormai non ci sono cazzi: è crisi, punto, rendiamocene conto.
Il pareggio nella partita di Lecce – in quanto, appunto, partita con una piccola – rappresenta il punto più basso del nostro campionato. In assoluto è straordinario che l’Inter canni quasi completamente una partita per la prima volta alla ventesima giornata, ma purtroppo il contemporaneo andamento di Juve e Lazio colora ormai di tinte drammatiche anche i mezzi passi falsi. Non si era mai vista l’Inter, finora, giocare così molle e distratta, creare così poco in attacco, procedere a una velocità mediamente così lontana dai 200 all’ora imposti da Conte come nostro standard di sopravvivenza. Crisi o non crisi, questo è oggettivo.
Perchè tutto questo? Boh. C’è una quota fisiologica di stanchezza, di parabola fisica al culmine dello scollinamento tra prima e seconda parte di stagione. C’è anche – e qui, insomma, ci abbiamo messo del nostro – il dover scontare il clima da commedia dell’assurdo di questo cazzo di mercato in cui vedi un tuo compagno posare con la sciarpa di un’altra squadra e poi tornare a casa, in cui mezza rosa è a sua modo messa in discussione (tra giocatori ormai dismessi, altri destinati alla panca eterna, altri innervositi dai nuovi scenari), in cui i fantasmagorici nuovi arrivi non si realizzano e intanto siamo al giorno 20, le partite passano e l’Inter questa resta.
Fossi meno pigro e meno moralista, sarei andato alla Snai sabato a giocarmi un 20 euro sull’Inter non vincente. Lo si coglieva dal broncio dimesso di Conte in conferenza stampa, così distante dai frizzi e lazzi della partita in Coppa con il Cagliari che ci aveva sorprendentemente restituito la fotografia di una squadra divertente e divertita. Ma era Coppetta, appunto. In campionato, con le responsabilità che crescono, le due avversarie in totale fiducia e il tempo che passa in attesa di un qualcosa che non succede, l’atmosfera si è fatta un po’ più cupa.
Ma è proprio questo che dobbiamo evitare. Al netto di una brillantezza fisica destinata agli alti e ai bassi, è allo spirito che ci ha trascinati in alto e lì ci ha mantenuti che no, non possiamo rinunciare. Per andare a 200 all’ora bisogna essere fisicamente in bolla e soprattutto bisogna crederci, sennò capita di vedere spettacoli modesti come quelli di Lecce. Noi non possiamo limitarci alla normalità, questo è chiaro. Se poi i nostri vertici societari si danno una mossa, tanto di guadagnato. Abbiamo bisogno di certezze. Fosse anche quella che non arriva più nessuno e restiamo quelli di prima. Qui invece è tutto un rimaner sospesi che rischia di far inceppare il più bel giocattolo nerazzurro degli ultimi nove anni.

